Paradossi
UNA POESIA DI FULVIO SGUERSO
PARADOSSI
|
UNA POESIA DI FULVIO SGUERSO PARADOSSI
|
Io non sono fascista ma non sopporto gli antifascisti. Io non ammiro il Duce ma detesto i partigiani e, fosse per me, metterei l’Anpi fuori legge: basta, finiamola una volta per tutte con le leggi Scelba, Mancino e Fiano! C’è o non c’è libertà di pensiero e di parola in questa Repubblica democratica fondata sul lavoro? Io sono un convinto democratico ma abolirei il Venticinque aprile e anche il Giorno della Memoria, feste che hanno un significato politico-etico-ideologico ben preciso, feste di pura propaganda comunista che piacciono tanto ai compagni, quindi divisive e per niente nazionali. Io non sono un sovranista ma credo in tutto quello che dice e che fa Matteo Salvini, la sua non è volgare demagogia come dicono mentendo i compagni ma sincero patriottismo (e poi ci vuole pur qualcuno che difenda i sacri confini della Patria e il territorio nazionale dalle nuove invasioni barbariche). Io non sono un revisionista ma ritengo che la storia del fascismo e della resistenza vada riscritta da cima a fondo, ma questa volta dalla parte dei vinti, troppo facile e comodo scrivere la storia dalla parte dei vincitori. Io sono per la libertà di parola e di espressione, ci mancherebbe, ma non lascerei facoltà di sproloquio nei salotti televisivi o su giornalacci come la Repubblica e l’Espresso a sedicenti filosofi che definiscono “staterelli” quelli dell’Unione Europea, in confronto agli Stati Uniti, alla Russia ,alla Cina e anche all’India, come fa l’onnipresente Massimo Cacciari. Io non ho niente contro i diritti umani ma volentieri manderei l’onorevole compagna Laura Boldrini a difenderli confinata in Africa per tutta la vita. Io non ho pregiudizi di sorta e sono aperto al dialogo persino con i compagni, purché pentiti, ma guai se qualcuno mi parla bene di Ernesto Rossi, di Altiero Spinelli e del loro demenziale Manifesto di Ventotene. Io sono un uomo candido e semplice e non credo di offendere nessuno se uso la parola “compagno” come un insulto. Va bene, io chiamo compagno, oltre al presidente emerito (si fa per dire) Giorgio Napolitano anche il suo successore, il cattolico Sergio Mattarella; non è forse vero che non perde occasione per fare professione di antifascismo dimostrando in tal modo di non essere un arbitro imparziale? Va bene, ho canzonato “Bella ciao”, definendola “la loro canzoncina”, e con questo? Non è mica l’inno nazionale! Ma i compagni non possono capire, accecati come sono dall’odio ideologico e, ora, dal rancore per aver perso rovinosamente anche le ultime elezioni politiche. Io, diversamente da loro, non odio nessuno, salvo i traditori della Patria vecchi e nuovi, internazionalisti o mondialisti o cosmopoliti senz’anima, indegni figli di una nazione che fu grande nel mondo e ora, grazie ai compagni, non più donna di provincie ma bordello. No, io non odio nessuno, nemmeno i compagni, sono loro che odiano me, e quelli come me solo perché abbiamo il coraggio di gettare loro in faccia la verità.
|