La Storia grida: Ingiustizia è fatta!

Pubblichiamo questo documento dell’aprile del 2012 sull’”armadio della vergogna” dal quotidiano online “Dentro Salerno”. L’articolo della Robustelli è molto bello e ben documentato.  Pubblichiamo anche i commenti tra i quali anche quelli di Fulvio Sguerso

La Storia grida: Ingiustizia è fatta!

Pubblichiamo questo documento dell’aprile del 2012 sull’”armadio della vergogna” dal quotidiano online “Dentro Salerno”. L’articolo della Robustelli è molto bello e ben documentato.  Pubblichiamo anche i commenti tra i quali anche quelli di Fulvio Sguerso

 

La Storia grida: Ingiustizia è fatta!

  

 

Maddalena Robustelli

“L’etica della responsabilità pubblica è un valore che ogni rappresentante istituzionale dovrebbe assumere come bussola del proprio agire politico sempre e comunque, in qualsiasi ambito vada ad operare per il bene e per l’interesse di suoi amministrati.  Non si può pensare di far ruotare la manopola e fissarla a 90° o a 180°, perché il giro deve essere completato per arrivare alla cifra di 360°. Non mi pare che il primo ministro della Germania, in qualità di massimo esponente politico di tale Paese, abbia svolto questa semplice operazione. Angela Merkel si è fermata a metà perché, mentre ha imposto ad alcuni Stati membri della Comunità Europea regole ben puntuali per tentare di uscire dalla crisi finanziari che li attanaglia, invece in tema di tutela dei diritti civili ha fatto rimanere la manopola vicina a 0°.  

Difatti la Germania nel 2008 propose immediatamente ricorso contro una sentenza della nostra Corte di Cassazione che riconosceva lo Stato tedesco responsabile delle stragi naziste di Civitella e di altri paesi toscani, ove furono ammazzati barbaramente 250 civili, tra cui molte donne bambini, ad  opera della Divisione Herman Goering  a titolo di rappresaglia per  tre suoi  soldati uccisi  in un conflitto con i partigiani.Il 3 febbraio scorso la Corte europea ha deciso in senso favorevole alla Germania, creando un grave precedente perché, a detta di Amnesty International gli interessi degli Stati vengono anteposti alla difesa dei diritti dell’uomo”. 

I giudici comunitari hanno, quindi, non solo escluso la risarcibilità dei danni alle vittime delle stragi e l’impossibilità di estradare in Italia i responsabili di tali crimini, che continuano a vivere tranquillamente nel loro Paese, ma hanno sancito il principio dell’immunità di uno Stato in casi di crimini contro l’umanità. Una sentenza ingiusta, frutto di compromessi internazionali, statuisce una sola, grande verità: d’ora in poi ogni vittima di abusi di guerra sarà priva di tutela giuridica contro gli Stati responsabili di tale nefandezze.  Il ministro tedesco degli esteri, Westerwelle, difende l’immunità del suo Paese contro le cause promosse da singole persone, commettendo un grave errore, che si va ad aggiungere a quello del 2004, perpetrato dal ministro degli interni dell’epoca Schily, che concesse l’elemosina al Comune di Sant’Anna di Stazzema. Come definire altrimenti l’erogazione della somma di 20.000 euro a titolo di risarcimento per i 560 civili trucidati 60 anni prima dalle Ss e dai repubblichini di Salò, ossia un obolo di quasi 36 euro a vittima. Impressiona un popolo che non abbia memoria collettiva, nel bene o nel male. Impressiona la corsa esagitata degli Stati per sfuggire alle loro responsabilità, in nome della difesa della immunità transnazionali contro le richieste di risarcimento delle vittime per stragi compiute in nome e per conto degli Stati stessi.

Impressionano le migliaia di morti civili, in gran parte anziani, donne e bambini, immolati sull’altare del rispetto del diritto internazionale.  “Carlo, un trovatello di 3 anni, all’alba del 18 marzo 1944 a Monchio si svegliò di soprassalto all’irruzione dei nazisti nella propria povera casetta, uscì scalzo e seminudo, piangeva disperatamente; i nazifascisti stavano andando via, lo sentirono, uno retrocesse, lo afferrò per un piedino e lo scaraventò  in alto; gli altri eroici combattenti lo crivellarono come un colombo al tiro al segno.  Quella casa tutt’ora sventrata e senza tetto; nessuno ha osato ricostruirla. All’interno è sorto un ciliegio che sovrasta i muri cadenti e, a primavera, i suoi bianchi fiori ricordano permanentemente il piccolo innocente Carlo. (F. Giustolisi, L’armadio della vergogna, pag.233). Peccato che i leader tedeschi non abbiano sentito l’esigenza di sentire, anche solo metaforicamente, il profumo di quei fiori bianchi e abbiano dimostrato di aver dimenticato. Poiché, come diceva M. Luzi, “noi siamo ciò che ricordiamo”, quel ricorso presentato contro la sentenza dei giudici italiani dimostrerà, questa volta sì perennemente, che i rappresentanti istituzionali tedeschi sono capaci solo di sfuggire alle proprie responsabilità. Quelle storiche, certo, ma non per questo meno rilevanti, anzi così gravemente onerose da schiacciare sotto il loro peso un intero Paese per sempre, nei secoli dei secoli.”

 

COMMENTI

 

Joseph:

Concordo solo in parte. Forse lei, autrice, dimentica il diritto di rappresaglia quando un’azione di guerra deriva da civili. Tutto è relativo, tranne la stupidità di una guerra. Ci scandalizziamo per le fosse ardeatine, ma ci pensi: è solo per averne contati “per sbaglio” cinque in più che la condanna è legittima. Queste mi risultano le “regole” dell’ultima guerra o lei ha ricordi più “freschi” dei miei? Ha mai pensato di indignarsi con gli attentatori di via Rasella? Un risultato insignificante seguito ad una azione che tutto aveva tranne il coraggio” e che costò centinaia di vittime?

 

Fulvio Sguerso:

 ‘L’Armadio della vergogna’ appena uscito presso Ed. Nutrimenti (2004), è il racconto di un’ingiustizia, di una memoria tagliata. Nella coda della guerra, dall’agosto 1943 al maggio 1945, nazisti e fascisti di Salò ammazzarono migliaia di uomini, donne e bambini persino in fasce o ancora nel grembo delle madri. Le dissero rappresaglie, erano eccidi. Finito l’incubo, i carabinieri indagarono e spedirono alla Procura generale militare fascicoli con lunghissimi elenchi di vittime e più brevi di carnefici. Era la storia e la geografia dell’orrore, era materiale per la giustizia da fare. Sennonché partì un ordine di Stato: nascondere quelle carte. Così nella sede della Procura militare, in un palazzo del Cinquecento in via Acquasparta a Roma, i fascicoli furono ammassati in un armadio con le ante chiuse a chiave e rivolte verso il muro… Solo dopo mezzo secolo, nel maggio 1994, indagando su tutt’altro caso, il magistrato Intelisano scoprì per fatalità l’armadio ormai tarlato…Giustolisi  scoprì che ogni  tanto le ante eran state aperte per smistare carte innocue su reati minori e ormai prescritti o commessi da aguzzini nel frattempo morti. Le altre – sul massacro della Fosse Ardeatine, sulle stragi in Campania, sugli altri crimini da sud a nord – erano rimaste sepolte. Il libro racconta tutto quanto, ponendosi e sciogliendo molti perché. Parte da sedici righe su Evelina, morta a Sant’Anna di Stazzema, in Toscana, il 12 agosto 1944. Era seduta su una sedia: ‘l’avevano sventrata. Il feto di quel piccolo mai nato, ancora legato alla madre dal cordone ombelicale, era in terra. Come tocco finale gli avevano sparato in testa. Il marito di Evelina era stato trucidato con i suoi fratelli qualche metro più in là. Evelina e gli altri 559 massacrati a Stazzema sono tra quelli cui fu negata memoria e verità…. L’ordine dell’occultamento partì all’epilogo dei governi di unità nazionale nati dalla lotta partigiana.

Chi lo diede? Troppo semplice attribuire tutte le responsabilità ai tre procuratori generali militari dal 1945 al 1974…L’ordine fu politico. Dalla ricostruzione di Giustolisi emergono i nomi del ministri Martino e Taviani (che pure fu partigiano), e, a margine, quello di Andreotti…Il silenzio fu deciso forse perché era cominciata la guerra fredda, ‘vecchi alleati diventarono nuovi nemici, vecchi nemici diventarono nuovi alleati’. O forse per proteggere, in un patto di scambio non dichiarato, criminali di guerra italiani fuggiaschi. Meglio l’oblio.

Ora che l’armadio della vergogna è stato riaperto, qualche processo contro invecchiati boia è partito, però il flusso di verità è al rallentatore…Pietro Gargano

 

Lupo solitario;

violenza a violenza……orrore a orrore

E’ vero i morti non sono tutti uguali, ma tutti debbono essere rispettati. C’è chi doveva morire e invece chi è stato assassinato.

Sono passati quasi settanta anni ed ancora si continua a girare il “coltello” nella piaga.

La piaga è stata la guerra civile europea.

Voglio riportare in anteprima un episodio che ho citato in un “libello”, tratto dal diario di guerra del mio defunto papà, che prima o poi (se troverò qualcuno che voglia pubblicarlo) pubblicherò.

–  Era il 1944 prigionieri nel campo 305, alla periferia del Cairo.

– Paracadutista Cinghiali Carlo, ……Cinghiali Carlo. Lo cercarono, lui incredulo prese la lettera fra le mani, era da oltre due anni che non aveva notizie della sua famiglia.

Aveva scritto più volte ma mai era arrivata una risposta.

Guardò l a busta e vide che era indirizzata proprio a lui, ma la grafia non la conosceva. La lettera veniva dall’Italia. C’era il timbro della sua città. Ancona.

Tutti noi, suoi camerati di prigionia, incominciammo a gioire con lui. Si portò in disparte e aprì la lettera: Un urlo straziato echeggiò nel campo. Noi tutti raggelammo e nessuno ebbe il coraggio di chiedere, di avvicinarsi.

Correva come un pazzo, verso i reticolati: Se si fosse avvicinato troppo quei “bastardi” lo avrebbero ucciso.

In quattro lo bloccammo, non fu facile.

Sapevo che i suoi genitori erano dei contadini, mi aveva parlato di una bella masseria in campagna dove allevavano diversi capi di mucche da latte, galline, conigli, maiali.

Una cugina in quella lettera gli scriveva che i genitori e il suo fratellino erano stati uccisi dai partigiani.

La sua masseria era capitata nella “terra di nessuno” al lato orientale della linea “Gotica”.

Spesso c’erano in zona degli scontri fra le forze “d’invasione” e i tedeschi. I bombardamenti erano giornalieri. Poco lontano dalla masseria c’era un “rifugio” per i contadini del posto.

Una lunga trincea profonda e stretta, dove tutti si riparavano. Dopo le detonazioni delle bombe e il rombo dei motori degli aerei “alleati” che si allontanavano, tutti tornavano alle loro occupazioni.

Un pomeriggio, quando i familiari di Carlo tornarono alla masseria, dopo l’ennesimo bombardamento trovarono sulla porta tre energumeni armati di mitra, con un carretto trainato dal un mulo, stavano rubando tutto quello che potevano prendere: pane, salami, vino, carne secca, galline avevano riempito il carretto.

Appena si accorsero di essere stati scoperti, senza proferire parola spararono e li massacrarono. Alla gente incredula, sgomenta ed impaurita che avevano assistito al fatto dissero: ..”sono fascisti “. Lasciarono a terra esanimi, nel sangue, due anziani genitori e suo fratello di soli tredici anni, un bambino. Andarono via con il loro bottino.

Si, ricordo ancora quel grido disperato, era strano, neanche l’orrore della guerra combattuta ci aveva abituato a tanta malvagità.

Al peggio non c’è mai fine.”

dott. Sguerso chi sono i buoni?????? in bocca al lupo

 

Lupo solitario:

???????ho “postato” senza rileggere……..queste cose mi fanno “incaxxare. in bocca al lupo”

 

Joseph:

@lupo.

Come sarebbe stato “giusto” revocare l’amnistia di Togliatti e lasciare processare quei “vincitori”  che da partigiani  furono dei grassatori e degli  assassini oltre che vili.  Ciò che racconta è raccapricciante e si aggiunge a tante altre storie  che rendono buona parte dei partigiani dei volgari opportunisti assassini.

 

Maddalena Robustelli:

Constato amaramente come la ragion d’essere di questo articolo, cioè la verità sottesa alla sentenza del Tribunale dell’Aja, in base  alla  quale gli  Stati non sono responsabili per i crimini commessi per proprio conto, sia stata  utilizzata da Lupo  solitario e da Joseph per continuare  a contrapporre  il sangue  dei vinti (fascisti)  al sangue  dei  vincitori (partigiani).

Sono dell’opinione che i morti siano tali da una parte e  dall’altra come pure ritengo che, perché ci sia riconciliazione nel nostro Paese su questo assioma, occorra guardare alla Storia.

“Nel tentativo di distribuire equamente responsabilità e torti, si giunge ad una conclusione temeraria: una guerra civile divise il Paese in due parti, ognuna con le sue ragioni. In questo concerto, in cui  giustamente si ricordano episodi noti da decenni, come le stragi delle foibe friulane, o le vendette consumate contro i fascisti  all’indomani del 1945, si è finiti per dimenticare le vittime più innocenti ed indifese. Quindici, forse ventimila civili, in gran numero bambini, donne ed anziani, uccisi senza pietà dai nazisti e dai fascisti che aderivano alla Repubblica di Salò. Le migliaia, forse decine di migliaia, di nostri militari trucidati proditoriamente dagli scherani di Hitler dopo che avevano alzato bandiera bianca. I settecentomila soldati, sempre nostri soldati, gettati nei campi d prigionia nazisti  di cui un’infima minoranza aderì a Salò (molti lo fecero esclusivamente per fame) e cinquantamila non tornarono più.” (Giustolisi, L’armadio della vergogna).

 

La Storia, quella che dice del passato ed insegna per il futuro, è una sola, come pure la Verità ad essa correlata: “quei bambini, quelle donne, quei vecchi uccisi dai nazifascisti e dai repubblichini, quei militari trucidati e quelli imprigionati dai nazisti e dai repubblichini meritano rispetto, ricordo, riconoscenza perché il loro sacrificio ha generato la Costituzione, la Repubblica, la nostra democrazia” (Giustolisi, idem). Italo Calvino sosteneva che il più onesto, il più idealista, il più dolce dei repubblichini si battesse per una causa sbagliata, la dittatura, mentre il partigiano più ignaro, più  ladro, più spietato per una causa giusta, la democrazia. Questa premessa, certamente, non sta a significare che i partigiani assassini dei familiari di Carlo Cinghiali non debbano essere condannati, ma ciò attiene alle responsabilità individuali, che, come tali, si accertano caso per caso per poter giungere a singole e precipue condanne, come conseguentemente richiede Lupo solitario e Joseph. Chi risarcirà, invece, la sete di giustizia collettiva per le vittime delle stragi di massa operate dai nazifascisti in nome della difesa di un regime dittatoriale?

L’articolo voleva evidenziare che a distanza di quasi settant’anni neppure un tribunale europeo riesca ad onorare questo impegno che, prima di essere giuridico, è morale. Il mio scritto, sicuramente, non pretendeva di risolvere il problema tutto italiano per il quale la pace nei nostri cuori è ben lungi dall’essere ritrovata. Ma, si sa, questa è tutta un’altra storia.

 

Lupo solitario:

  @ maddalena robustelli

Signora….lei sa cosa è una guerra? Lei sa cosa è una guerra civile?

Lei sa cosa è il terrorismo?

Lei sa cosa è una rapina a mano armata?

Da quanto ha risposto, ancora una volta dimostra che legge la storia in maniera strabica: unilaterale.

Tuttavia a me il suo modo di essere non mi meraviglia anzi lo trovo, tragicamente, logico e coerente (l’ho ribadito da tanto tempo anche su queste “pagine”) e per questo motivo ripeto ciò che ho asserito nel mio precedente intervento: i familiari di “Cinghiali” furono ASSASSINATI, gli altri sono stati vittima di una cosa terribile: La GUERRA.

Dopo settanta anni si continua a difendere un regime che ha devastato intere nazioni, conculcato Tradizioni e Valori, Schiavizzando popoli, adottando come arma “letale” la menzogna, la droga, il relativismo.

Si continua a difendere un regime, quello democratico, che lo stesso Winston Churchill definì pessimo.

Dell’ antifascismo si è fatto il motivo esistenziale di migliaia di individui senza arte ne parte e trovano in questo “mito” l’unico motivo di riscatto per rinfocolare l’odio di “classe”, l’odiare il “diverso”: dividere per poter meglio sottomettere.”

“Uno scrittore napoletano, Enzo Erra, in un suo scritto “certificò” il modo di essere di questa democrazia antifascista: l’antifascismo viene rinfocolato nel “sistema” per poter tenere divise le masse proletarie e poterle meglio sfruttare”.

Come sa chi mi legge da tanto tempo su queste pagine il sottoscritto non si definisce “fascista”, ma certamente e in maniera convinta sono uomo di DESTRA (solo per chiarezza, voglio ricordare che nel quadro politico  attuale non esiste nessun movimento che si possa legittimamente definire di DESTRA o che si sia ispirato ai suoi VALORI).

La Storia, quella con la maiuscola, non può essere scritta solo dai vincitori.

In caso contrario non vi dovete meravigliare se Israele gli USA, l’Italia, l’Inghilterra la Francia  ecc…., per diffondere la loro, la vostra, democrazia  non esitano a fare 1.650.000 morti  in Iraq, come in Palestina ed in Afganistan;  fra questi  milioni  di morti, sa quante donne incinte, quanti bambini, quante persone anziane  sono  state trucidate?

Come lei ha affermato, il peggiore dei “marines” (per capirci bene, quelli  che  pisciano in faccia  ai cadaveri dei combattenti afgani) è migliore di  un  bambino palestinese che affronta e combatte i carri armati ”democratici”, con i sassi e mani nude, e si contrappone alla democrazia imposta alla sua Patria sulla punta delle baionette.

Ripeto a me stesso, la guerra civile è la peggiore piaga che un popolo possa subire e continuerà ancora per cento e più cento anni se non ci sarà VERITA’: al peggio non c’è mai fine. In bocca al lupo.

 

 Joseph:

Gentile autrice, tanti commenti non in sintonia con le sue idee non ci sarebbero stati se la sua ideologia non fosse trasparsa con evidenza.  Lei parla di riconciliazione? Tra chi, mi scusi? E che c’entrano poi le foibe? Lei non ha espresso nulla di “critico” sul diritto di rappresaglia di chi, in uniforme, si vede sparare addosso da civili. O forse il diritto di rappresaglia è da condannare solo nell’esercito tedesco? Quanto al fatto che non esistano morti di serie A e morti di serie B, concordo.

 

Alfredo:

Sono uno di quelli che, essendo nato nel 1933, ricorda, a sue spese, avvenimenti di guerra frastornati di odio, di vendetta ed anche soprusi effettuati dai vari “occupanti di turno”. Se si parla dei soldati tedeschi potrei dire, secondo sempre ai miei ricordi, erano severi, distaccati e, se si vuole, per certi soldati che mi ci trovavo in contatto, erano freddi e disprezzanti. Ricordo un‘episodio che oggi, che ho ottant’anni, non l’ho ancora dimenticato: correva l’anno del 1943, avevo solo dieci anni ed ero talmente affamato che avrei mangiato anche l’erba gramigna dei cavalli; un giorno m’imbattei, a faccia a faccia, con due soldati tedeschi di ronda che, fermatisi nei miei pressi, si tagliavano con un coltello pieghevole fette di pane scuro da una grossa pagnotta.

Io, per la fame che mi rodeva lo stomaco; li guardavo affamato come tagliuzzavano quel grosso pane. Mi guardarono con un certo faro minaccioso, e poi gettarono il pane a terra calpestandolo con un grande disprezzo. Questo atto crudele, finché vivo, non lo dimenticherò mai.

Neanche alcuni vincitori di detta seconda guerra (chiamati alleati) furono troppo onesti e rispettosi verso il nostro popolo, (e parlo di quello della città di Salerno).

Ricordo, infatti, che alcuni soldati alleati, avendo riempito bene il gozzo di bevante alcoliche, volevano a tutti i costi disonorare le donne che vivevano nei miei paraggi.

Chiamammo, per proteggerle, il comandante dei carabinieri che non distavo molto da casa nostra, ma questi ci rispose che non aveva potere per allontanarli, ma si ebbe la fortuna che passò da quelle parti una camionetta della M.P. che, accorgendosi del caso, presero i due ubriachi e li scaraventarono come un fuscello sul camion militare e se li portarono via. Detto questo, non bisogna mai dimenticare che anche gli alleati commisero molti soprusi a danno della nostra gente.

Per quanto riguarda i nostri partigiani, ho anch’io delle convinzioni, sia di bene che di male, ma credo che l’Italia sia ancora ricca di personaggi autorevoli e indipendenti per stabilire la storia, talvolta inquinata da prese di posizioni politiche. Cordialità, Alfredo.

 

Fulvio Sguerso:

“Chi sono i buoni?”, mi chiede retoricamente il signor Primo Carbone (alias Lupo Solitario); non credo che si aspetti da me una vera risposta, anche perchè qui non si tratta di buoni e di cattivi, ma, come ha bene spiegato Maddaleno Robustelli, di giustizia e di verità storica; che non può essere quella di un singolo, di una famiglia, di una classe o di una parte sola, sia essa quella dei vincitori o quella dei vinti. In questo caso si tratta dei crimini di guerra perpetrati dai nazifascisti tra il 1943 e il 1945, e qui c’è poco da opinare: per la strage di Monchio, Costrignano e Susamo, del 18 marzo’44, 136 morti, la corte militare di Verona il 6 luglio scorso ha pronunciato una sentenza di condanna penale per quattro militari tedeschi, due delle quali definitive. Il caso della strage di Civitella, Cornia e San Pancrazio è arrivato alla Cassazione penale, che, nel 2008, ha condannato la Germania, in quanto “responsabile civile” al pagamento dei danni ai parenti delle vittime. Per la strage di Marzabotto, la corte militare di La Spezia proferì dieci condanne di militari tedeschi ormai ottantenni e cinque assoluzioni. La sentenza di primo grado per la strage di Stazzema fu pronunciata nel 2004, e tre anni dopo vennero confermati gli ergastoli all’ufficiale Gerhard Sommer e ai sottoufficiali Gerg Rauche e Karl Groper. inoltre, la responsabilità della Germania riguardo ai crimini di guerra commessi in Italia è stata sancita in due processi d’appello, per le stragi di Vinca e di Bardine San Terenzo, in provincia di Massa Carrara; idem per la strage di Padulle di Fucecchio e per i 180 civili trucidati a Vallucciole (Arezzo)…Lei sa che potrei continuare, vero? Dunque vede che ci troviamo di fronte a crimini contro l’umanità che non possono certo cadere in prescrizione o nell’oblio…Quanto ai “partigiani” che si macchiarono di delitti come quelli ricordati, bisognerebbe certo andare a fondo, e sapere a quale formazione appartenevano e sotto quale comando operavano, anche perché c’era chi si spacciava per partigiano senza esserlo, per razziare. ” ‘Vedi’ dice Kim ‘a quest’ora i distaccamenti cominciano a salire verso le postazioni, in silenzio. Domani ci sarenno dei morti, dei feriti.

Loro lo sanno. Cosa li spinge a questa vita? Vedi, ci sono i contadini, gli abitanti di queste montagne, per loro è già più facile. I tedeschi bruciano i paesi, portano via le mucche. E’ la prima guerra umana la loro. la difesa della patria, i contadini hanno una patria. Così li vedi con noialtri, vecchi e giovani, con i loro fucilacci e le cacciatore di fustagno, paesi interi che prendono le armi; noi difendiamo la loro patria..” (da “il sentiero dei nidi di ragno” di Italo Calvino). Più che consigliarle questa lettura (almeno) non saprei cos’altro aggiungere. A volte la lettura del libro giusto al momento giusto può farci capire tante cose. Un saluto da Fulvio Sguerso.

 

Nic:

La generalizzazione con la quale si associano fatti ed eventi storici diversi, tentando di accomunarli nella lettura – o, meglio sarebbe dire, revisione – in alcuni commenti lascia attoniti. Per dirla con M.Luzi, citato dall’autrice, se “noi  siamo ciò che ricordiamo”, non ricordare  significa  non essere e il voler ricordare  in modo errato non aiuta a “ripulire” la cattiva coscienza di chi vorrebbe cancellare o giustificare il ricordo – o incubo – di quelle decine e decine di stragi che, in giro per l’Italia, furono commesse da un esercito in ritirata agli ordini di regimi allo sbando. Cancellare o giustificare la memoria non significa cancellare le responsabilità di azioni barbare che facevano parte di una strategia militare che utilizzava la repressione e gli eccidi come strumento  militare sistematico  di  deterrenza e pressione sui civili. Si moltiplicava per dieci l’effetto unitario delle azioni militari partigiane. E gli eccidi hanno tutti avuto un unico comune denominatore… Donne, vecchi e bambini la cui unica colpa era quella di trovarsi sulla strada dei Tedeschi o Repubblichini. Non pare ci siano ricostruzioni storiche che parlano di anziani all’assalto di carri armati in ritirata, madri di famiglia con le baionette tra i denti, bambini che sparavano contro i militari tedeschi e contro i quali, questi, erano legittimati a difendersi. Mentre sono abbastanza chiare le crudeltà e le dinamiche che accomunano Sant’Anna di S. a Marzabotto o Arcevia ecc. ecc: la ritorsione violenta contro civili inermi, terrorizzati, e soprattutto indifesi.

Nessuna logica può giustificare ciò. Il pezzo di Maddalena Robustelli non sembra sia volto a contrapporre o differenziare vinti e vincitori, pare sottolineare la mancanza di un gesto simbolico di riconoscimento di responsabilità storiche di fronte ad un eccidio che la Corte Europea non ha ritenuto di dover sentenziare. Un riconoscimento non a vinti o vincitori, ma al ricordo di vittime inermi ed innocenti di una violenza barbara ed incivile. L’affresco descrittivo, crudele, dell’omicidio di Carlo – 3 anni – dovrebbe farci fermare a riflettere ed a condannare. Senza se e senza ma. Senza distinguo e giustificazioni. Per dirla con Eduardo Galeano“…  la paura di sapere ci  condanna all’ignoranza; la  paura di  fare, ci riduce all’impotenza. La dittatura militare, la paura di ascoltare, la paura di dire, ci convertì in

sordomuti. Adesso la democrazia, che ha paura di ricordare, ci fa ammalare di amnesia: però non c’è bisogno di essere Sigmund Freud per sapere che non c’è tappeto sotto al quale si possa nascondere la spazzatura della memoria.

 

Corinna:

Ho seguito questa interessante sequenza di commenti. Sono propensa a rispettare le sentenze emesse, compresa quella oggetto di critica dell’articolo. Vorrei però chiedere a tutti gli intervenuti una riflessione: a Norimberga è stato messo in discussione il diritto di rappresaglia? Se le mie reminiscenze storiche non sono smentite, no.  Parlare di guerra e peggio di guerra civile in “astratto” lascia spazio a una considerazione: tutti furono “i cattivi” e il dolore non lo si misura contando i morti al fine di avere due pesi  più o meno in equilibrio. Bello il passo citato dal Dr. Sguerso al quale si possono opporre molti passi de “Il sangue dei vinti”  di  G. Pansa. L’attentato di via Rasella, rivisto oggi, si riduce a un modestissimo danno su una colonna di soldati (non su un carro armato o su un aereo da caccia) cui seguì la rappresaglia. Peccato quei cinque in più … eccola la ratio per condannare Kappler. Un banale errore di conto. Cinica? dipende dal quesito posto: esiste un diritto di rappresaglia in guerra?

 

Fulvio Sguerso:

Condivido completamente il commento di Nic (ma perché non firmarsi per esteso?), al quale non ci sarebbe altro da aggiungere se non fosse intervenuta la misteriosa Corinna (poetessa o cratere meteorico di venere?), che pone una questione di diritto formale o di formalità giuridica a proposito della punibilità o meno dei crimini di guerra commessi dai nazisti; e porta il caso della rappresaglia seguita all’attentato di via Rasella: se non ci fossero state cinque vittime in più, Kappler sarebbe stato assolto, in quanto il diritto alla rappresaglia (10 ostaggi per ogni vittima di un attentato terroristico) era addirittura previsto dalla Convenzione di Ginevra del 1929! Inoltre è vero che a Norimberga non è stato messo in discussione il diritto di rappresaglia (anche gli Alleati, in qualche caso lo hanno esercitato). Dunque che cosa dedurne? Andavano graziati i criminali nazisti? Bisognava processare anche i crimini commessi dagli Alleati? E in quale tribunale? Ha prevalso il diritto dei vincitori su quello dei vinti?

Chi giudicherà mai gli USA per le due bombe atomiche sganciate sul Giappone a guerra quasi finita? E i morti civili sotto le bombe incendiarie degli angloamericani su Monaco, Amburgo, Norimberga, Dresda, Lipsia e Berlino? Non ci sono qui due pesi e due misure?

Beh, calcolo per calcalo, proviamo un poco a immaginare che cosa sarebbe accaduto se avesse vinto Hitler! Che fine avrebbero fatto i diritti umani? Non ci sarebbe forse stato un solo Reich, un solo Fuhrer, un solo Diritto, quello della superiore razza ariana?

Che libri avrebbe potuto ancora scrivere Giampaolo Pansa? A lei ora, sottile causidica Corinna, rispondere…

 

Corinna:

“Dunque, Dr. Sguerso, lei mi conferma che a Norimberga nessuno considerò “crimini” le azioni di rappresaglia, non solo, lei mi riinsegna ciò che avevo studiato anni fa. La convenzione di Ginevra regolamentava la rappresaglia. Sui bombardamenti di Dresda, sulle atomiche in Giappone credo che si esca dal tema oggetto dell’articolo. Come fuori tema le “sue chiose sul mio nome.

A chi legge le sue conclusioni.

 

    FULVIO SGUERSO  

 

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