Ombre a stelle e strisce sul contrasto Renzi-Conte

Ombre a stelle e strisce
sul contrasto fra Renzi e Conte

E alla Lega di Salvini passa il testimone dell’esperimento giallo verde

Ombre a stelle e strisce
sul contrasto fra Renzi e Conte

E alla Lega di Salvini passa il testimone dell’esperimento giallo verde

 Dopo la seconda guerra mondiale l’imperialismo americano si è sostituito all’eurocentrismo politico e al colonialismo. Non è un mistero che questo si è esercitato anche e soprattutto attraverso l’attività delle agenzie di spionaggio americane e la sistematica infiltrazione nella politica, nell’informazione, nei governi, fino al limite della creazione di Stati fantoccio come il regime di Syngman Rhee, quello di Chiang Kai -Shek o dei Paesi latino americani (esemplare il caso di Fulgencio Batista).  In Occidente si è guardato con un certo distacco a questa invadenza, con l’illusione di non esserne toccati. I fatti hanno dimostrato che non è così e che le amministrazioni americane, senza distinzione fra democratici e repubblicani, non si sono fermate nemmeno di fronte agli amici inglesi, alla potenza economica tedesca o alla boria sciovinista francese.  Trovando però, bisogna dirlo, chi li ha rintuzzati e rimessi a posto. 


L’Italia, che è un gigante culturale e una potenza economica di prim’ordine ma una nullità politica, non l’ha mai fatto (non per niente Sigonella rimane una scandalosa anomalia); in Europa si è adattata a fare da ruota di scorta alla Germania e nel mondo a presentarsi come il cinquantunesimo degli States. Questo però non ha impedito agli spioni americani di vegliare sulla politica italiana e di stabilire qui da noi centri di osservazione e controllo che non hanno limitato la loro attività all’epoca della guerra fredda, quando bisognava controbilanciare il ruolo che i comunisti nostrani si erano assegnato di quinta colonna sovietica senza curarsi nemmeno di nasconderlo, ma l’hanno tranquillamente continuata grazie alla perdurante docilità (l’espressione è del NYT) dei nostri governanti, accentuatasi con l’ultimo governo. 


E a questo punto sorge spontanea una domanda. Ma da dove veramente è spuntato questo Conte? E a questa domanda ne segue un’altra: la combriccola di sprovveduti che sono piovuti in parlamento sotto l’egida di Grillo è solo un’armata Brancaleone o  c’e anche qualche sornione messo dentro  da una manina a stelle e strisce?  E non è che agiscano in Italia, mascherate da libere università, agenzie di formazione di personale al servizio dello zio Sam? Perché non vorrei, e parlo anche per me, che fissando l’attenzione sugli eurocrati di Bruxelles e sulla invasività del potere bancario e finanziario si dimenticasse che il potere globale non è un monolite ma il teatro di una guerra per bande in cui si muovono da un campo all’altro le agenzie di spionaggio americane. 

I Presidenti Conte e Trump

Nella sua requisitoria agostana contro Salvini  Conte aveva ammiccato maliziosamente – o mafiosamente – al russiagate farlocco  messo su un po’ artigianalmente per incastrare il Capitano; ma ora un russiagate  più credibile e documentato rischia di finirgli in testa come un boomerang, con una forza alimentata dal suo scoperto e tenace attaccamento ai servizi – convinto forse di poterli mettere al “suo” servizio – e dalla rivelazione delle improvvisate e segrete vacanze romane di ministri e funzionari americani. L’uomo che sussurrava alla Merkel nello scontro con Renzi rischia molto e, detto con tutta franchezza, se il bullo di Rignano, eterodiretto o no, riuscisse a spedirlo da dove è venuto gliene saremmo eternamente grati.

Da troppo tempo in Italia accadono cose strane che hanno sempre l’effetto di rimettere in carreggiata il fedele e docile alleato quando sbandicchia: da Ustica alla stazione di Bologna passando attraverso episodi minori o sottaciuti. Di quello che è successo a Trieste tutto si può dire salvo che ce la stiano contando giusta. Ci si dica almeno chi dove e a quale scopo ha addestrato l’assassino e si abbia la compiacenza di riconoscere che l’autodenuncia non era un espediente per entrare negli uffici della Questura. Almeno questo chiediamo  – ma io sarei anche curioso di sapere come mai Guzzanti sia a tal punto convinto che il domenicano sia un povero schizofrenico da imputare la strage ai nostri servizi sociosanitari che non se ne sono presi cura-; lo chiediamo sapendo che più passa il tempo più si allontana  la possibilità di conoscere almeno una parte della verità. Questo non riporterà in vita i nostri ragazzi né farà diventare meno docile il nostro governo ma servirà a salvare la faccia ai nostri inquirenti. 

Renzi e Fusaro

Lo scontro fra i due microscopici Titani è  in realtà una lite in famiglia, e una lite in famiglia resta anche quella fra i loro rispettivi burattinai. Ha infatti pienamente ragione Diego Fusaro quando riconosce che il contrasto fra democratici e repubblicani in America riguarda solo questioni interne e tutto sommato di dettaglio: frutto amaro della seconda guerra mondiale l’imperialismo americano resiste ad ogni cambiamento di amministrazione, cambia lo stile e la statura politica dei presidenti ma quello rimane e pesa come una cappa di piombo su tutto il pianeta. Complementare col suo strapotere politico  militare e industriale è il controllo esercitato sull’economia mondiale dalla finanza globale che si situa su un piano diverso rispetto a quello della dialettica politica ma che, comunque, con quella deve venire a patti. 


A questo proposito è doveroso riconoscere la distanza che corre fra l’approccio apparentemente teorico di Fusaro e quello apparentemente operativo di Rizzo e dei neocomunisti. Il primo mantiene saldamente i piedi sul terreno della prassi politica, è in grado di interpretarne correttamente gli sviluppi e di immaginarne scenari realistici; il secondo rimane sospeso nell’iperuranio dell’ideologia, si aggira fra i massimi sistemi, è incapace di entrare nel merito delle scelte politiche e di rinunciare ai suoi schemi concettuali e alle utopie giovanili. Così anche se entrambi sono formalmente posizionati contro la sinistra delle élite, dell’Europa, del capitale finanziario, Fusaro, a differenza di Rizzo, riconosce che dopo il fallimento pentastellato  il populismo – cioè la Lega di Salvini –  rappresenta ormai quello che la sinistra avrebbe dovuto essere e non è mai stata e per un futuro non lontano ipotizza un bipolarismo con protagonisti Renzi (o una sua copia)  espressione della nuova borghesia, dello status quo, dei privilegiati e dei ceti parassitari e Salvini, rappresentante dei ceti popolari e produttivi e sostenitore  di un complessivo riassetto sociale. In tutto questo l’Europa è il pomo della discordia, da difendere tale e quale per Renzi e i conservatori, fra i quali ovviamente vanno inclusi Forza Italia e Berlusconi, da ridefinire radicalmente trasformandola in un’alleanza, organica quanto si vuole, fra Stati sovrani per i populisti e la Lega; per i primi  deve continuare ad essere emanazione della finanza globale e delle nomenclature sovranazionali, per i secondi dovrà diventare lo strumento per abbattere l’una e le altre in nome del primato del lavoro, delle identità nazionali e della dignità della persona. Solo così, liberata dalla morsa di Bruxelles, l’Italia potrà anche chiudere per davvero la pagina dell’okkupazione americana e contribuire fattivamente al fronte antimperialista spostando verso sud e verso est il suo baricentro.  

Pier Franco Lisorini  docente di filosofia in pensione

 

 

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