Note

DAGLI UNIVERSALI ASTRATTI
ALL’UNIVERSALE UMANO
Note sul problema degli universali e sul libro dell’utopista Dario Renzi

DAGLI UNIVERSALI ASTRATTI
ALL’UNIVERSALE UMANO
Note sul problema degli universali e sul libro del mio amico utopista Dario Renzi

Dario Renzi

Sostiene Epicuro che non è mai troppo presto né troppo tardi per cominciare a filosofare (anche se, ovviamente, prima si comincia meglio è), dal momento che il pensiero non è un’esclusiva dei vecchi o dei giovani, dei liberi o degli schiavi, degli uomini o delle donne, dei ricchi o dei poveri: il pensiero non è una proprietà o un attributo di alcuni piuttosto che di altri esseri umani, non è nemmeno una cosa, un oggetto particolare: il pensiero non può limitarsi a pensare questa o quella singola cosa, e proprio perché le trascende tutte diciamo che è universale. Ma che cos’è un universale?

E’ questa la domanda fondamentale che Socrate poneva ai suoi diversi interlocutori ateniesi, e che da allora, fino ai nostri tristi e oscuri tempi – in cui assistiamo e partecipiamo, più o meno volontariamente, al lungo e insanguinato tramonto occidentale – non ha smesso di interpellare le coscienze di quegli animali definiti “parlanti” e “politici” da quel “maestro di color che sanno” secondo il quale non può esserci scienza vera che non sia dell’universale.

Per Aristotele, infatti, gli universali derivano il loro valore conoscitivo dal fondamento ontologico delle forme dell’attività intellettuale o categorie, e questo fondamento è il primo motore dell’universo, o atto puro, che non può essere a sua volta mosso da altro, né derivare da altra causa che non sia causa sui, altrimenti si cadrebbe nel gioco di specchi senza via d’uscita di una regressio ad infinitum inconcepibile e assurda, né può essere altro che pensiero in atto o “pensiero di pensiero”, quindi solo forma senza materia, forma in atto del divino intelletto grazie alla quale i singoli enti possono passare dalla potenza all’atto, raggiungendo così la loro specifica perfezione, o entelechia. Ma il rapporto tra i concetti prodotti dall’attività dell’intelletto umano e le forme in atto già da sempre presenti nel pensiero di Dio rimane un problema aperto e un motivo di sottili controversie e dispute bizantine nella scolastica medievale: per i “realisti” come Anselmo e Guglielmo di Champeaux gli universali esistono effettivamente nella mente di Dio mentre per i “nominalisti” come Roscellino e Guglielmo di Occam si tratta di puri segni senz’altra realtà che non sia quella di un flatus vocis. Da questi ultimi deriveranno gli empiristi, dal realismo platonizzante dei primi, invece, i razionalisti. Kant cercherà di risolvere il problema unificando nel giudizio sintetico a priori la funzione logica e il fondamento ontologico degli universali concependoli come forme a priori dell’esperienza, le sue categorie intellettuali nondimeno hanno validità soltanto per il mondo fenomenico. Sarà con l’idealismo hegeliano che si compirà la rivoluzione copernicana iniziata da Kant: in Hegel logica e ontologia sono tutt’uno con il concetto, non più pensato come forma astratta dell’intelletto ma come il concreto divenire dialettico dello spirito assoluto che si svolge nel tempo, cioè nella storia. Di qui la famosa formula hegeliana: il razionale è reale e il reale è razionale; e di qui anche l’”universale concreto” di Croce, che vuol essere storico e non astratto come gli pseudoconcetti matematici. Questo universale concreto dell’idealismo risulta tuttavia non meno astratto degli oggetti trascendentali di Kant, non concependo altra realtà fuori dal pensiero. Dunque non ha più senso parlare di universali o di universalità nella storia umana e nella vita concreta dell’umanità, dopo il tramonto delle ideologie totalitarie? Non è di questo parere Dario Renzi, che da tempo elabora la sua critica radicale verso la “razionalizzazione dell’oppressione” e il “delirio di onnipotenza razionalista” che “sforna una spiegazione all’apparenza concisa e semplice, meglio diremmo semplicista e di comodo, che si vuole unica e definitiva della specie umana, del suo vissuto e del suo destino. Teorizzando la superiorità raziocinante di coloro che comprendono e regolano le umane cose, li incoraggia verso un delirio di onnipotenza nei confronti della natura prima, delle specie animali, dei propri simili. Tramite un’impostazione integralmente ed originariamente normativa ed unicista prepara i codici dei futuri sistemi di dominio, costruisce un ponte tra l’assolutismo dispotico e l’assolutismo democratico sul piano politico- sociale non meno che su quello accademico.” (Fondamenti di un umanesimo socialista, Prospettive Edizioni, 2010). La tesi di fondo di Renzi è che, malgrado i sistemi di dominio passati e presenti con i loro apparati ideologici, politici, mediatici e militari, permane negli esseri umani una universale, originaria e insopprimibile tensione al bene. E difatti che cosa rende umano un uomo se non la sua coscienza di ciò che è bene e di ciò che è male? Esistono quindi degli universali umani, cioè proprietà che appartengono a ogni essere umano in quanto tale: “Ciò che riconosciamo in un essere umano, e quindi anche in noi stessi, in ciascun io, non come congiunturale, momentaneo, modale, formale, appariscente, ma come tipico, essenziale, deve esserlo tendenzialmente in una qualche misura per tutti gli altri. “ Importante quel “tendenzialmente”: non tutte le possibilità e le potenzialità universali umane si sono certo fin qui realizzate, ma questo non esclude la loro realizzazione futura. Viceversa, se alcune comunità hanno potuto vivere in passato senza guerra e senza Stato, questo significa che è possibile vivere senza eserciti e senza classi politiche. Quindi né la guerra né lo Stato fanno parte degli universali umani. Una possibilità universale umana è invece quella di amare i propri simili: con la tensione al bene anche la tensione all’amore si ritrova nel profondo di ciascuno di noi. Scrive ancora Renzi: “Noi pensiamo di avere dei riscontri importanti (l’arte, la poesia, la mitologia ne sono colme), che così come le donne e gli uomini – le donne più e meglio degli uomini, malgrado l’oppressione – hanno una tensione ad amare, oggi così mortificata, coatta, perversa e pervertita dai poteri e dalle ideologie oppressive ma comunque straordinaria, a maggior ragione l’avranno domani……”. Non per niente solo l’amore può vincere e vivere al di là della morte. Universale?

 Fulvio Sguerso                                16 settembre 2010

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