Festa Padana
FESTA PADANA – FESTA SALAMA anzi “festa padana – magna salama” |
FESTA PADANA FESTA SALAMA anzi “festa padana-magna salama” |
La sconnessione padanica sta raggiungendo, con i suoi conati secessionistici, anche la civilissima Ferrara e tale signor Mauro Manfredini, ex-comunista, ha pronunciato queste storiche frasi: “ A quelli della sinistra gliel’ho detto: cari compagni non ci costringerete a mangiare il cous cous, noi continueremo a mangiare la salama ferrarese ! Andé in Maroc a magner il cous cous!” (“La Stampa”12-9-2010,sub Primo Piano, pag. 5) Costui, tanto per capirci fino in fondo, non è un ubriacone da “Bar del quarto gotto”, pentitissimo di avere finto d’essere comunista e biascicante cavolate, è il capogruppo della Lega in Regione Emilia-Romagna, apripista di Umberto Bossi nel rito dell’ampolla e altre celebrazioni evidenzianti, tra un pernacchio e un dito medio alzato, lo stile berleghista nella sua variante trogloditica. |
La variante mistico-sensual-populistica è invece sempre nelle mani, checché ne dicano i bossmaronboys , del gran “Lui” . Egli viaggia, si trastulla all’odore di donna ed emette motti e detti scomposti, scomponenti e ridaroli ma, laddove le circostanze lo invoglino, emana affermazioni cospicue, di colui che sa donde provengano i doni della Provvidenza. Pare così che abbia suggerito un Paternostro attualizzato come di seguito: “… “Dacci oggi il nostro Putin quotidiano…” che ha gettato nel panico le gerarchie vaticane. Qualcuno se l’è presa col cardinal Bertone che, per difenderlo, ha dovuto penosamente sostenere che hanno tradotto male il suo pensiero: Egli voleva dire che tutto viene dal Signore e, quindi, anche Putin… Tornando a Ferrara, vogliamo suggerire all’ottimo Manfredini, a prescindere da una crociera in Marocco che certamente i suoi capi prima o poi gli offriranno ( è in Nord Africa come la Libia) di assaggiare il cous cous. Liberamente, per carità, perché, per adesso, l’unico pericolo è che ci si costringa a magnare la “Salama” che , peraltro, ci piace moltissimo; e però è un piatto difficile, da stomaci forti come il nostro, con i suoi svariati ingredienti di porco racchiusi nella vescica dello stesso maiale, di assai lenta e travagliata cottura e poi, come tutti gli insaccati, causa brufoli. Essa “Salama” è quindi meno salutare del piatto arabo con le sue verdure e il suo semolino, da noi liguri ricercatissimo se con il pesce anziché col “mouton”. Volendo se ne può mangiare in quantità, senza andare in Marocco, nella vicina Provenza: è un piatto praticamente occitano. Poi, cosa volete, anche se ci abbiamo il Bruzzone e la nordizzata Rosalia, la cucina ligure ha un penchant africomediorientaleggiante (a cominciare dal basilico) che non la avvicina alla Padania della Salama, del Risòtt e della Milanese. “Cômme”, ci ha detto il vetero-compagno Pistarino, “e a bagna cauda dôve ti a metti? Ghe voeû e anciôe saèe e se ghe mangian verdüe cômme inte ô cous cous e nôiatri a ne mangemmô de lôngô tüttô l’invernô”. “Cosa c’entra, questo è un piatto da piemontesi”. “E i nô sôn berleghisti anche lôiatri?” “No, per niente, Pista, lì si sono sbagliati!” ( Gulp! Singhiozzo di entrambi). Ma, al colmo della confusione, c’è stata, recentemente, proprio in Liguria e proprio in una loro roccaforte, Arasce, nell’ambito di un vetero pseudo-cultural concorsetto della desnuda più belloccia del reame, l’elezione di “Miss Muretto”: una fisicamente pregevole fanciulla, col colorito sanissimo dell’abbronzatura che “Lui”, incompreso, ha tanto apprezzato nel Presidente degli Stati Uniti d’America. Per fortuna, ci ha detto un verdastro destromane, c’è anche Miss Padania dal pallido biancor nordistico. Siamo tristi perché non vedremo, alla nostra ormai tarda età, quando la si farà finita con la mostra cavallina della sottospecie donna-miss: allora l’evoluzione umana avrà realizzato un’avanzata al cui confronto l’allunaggio è nulla. Chissà che la criminale persecuzione della donna in tanti paesi del mondo non abbia a cessare unitamente all’ipocrita esposizione della femmina umana nelle culture, si fa per dire, occidentalizzate; chissà che non si tratti delle due facce della stessa medaglia ? Noi non sappiamo come andrà a finire la presente caotica situazione della cosiddetta maggioranza di governo, né a qual prezzo (parliamo di soldi, nessuna metafora) saranno contrattate le sorti dell’attuale legislatura repubblicana, sappiamo però che contro il berleghismo, artefice e foriero di mala gestione della cosa pubblica, di corruzione, di crisi in tutti i settori chiave della nostra vita civile, dalla scuola, alla giustizia, all’economia, al lavoro, alla sanità, alla sicurezza, alla tutela dei diritti umani e alla salvaguardia del territorio, occorre lottare, senza sosta, con tutti gli strumenti legali della democrazia e in tutte le sedi. La politica estera è stata ridotta ad una palestra affaristica e di brutte figure quando non, come per la sparatoria dalla motovedetta data ai libici contro i pescatori di Mazara del Vallo, di combutta con atti criminali para-militari. Ma di che cosa vi preoccupate, ha detto Maroni, la “mente” del berleghismo, credevano di sparare a …migranti! Alla faccia dei diritti umani: Homo homini lupus ! E poi, non lo sa, la “mente”, che anche gli italiani sono stati e spesso ancora sono un popolo di “migranti” ? Ma, dimenticavamo, egli non è italiano è … “padano”. Il rigurgito austriacante di nostalgia per gli “staterelli”, nei quali era stracciata l’Italia pre-risorgimentale, deve essere respinto. La seconda strofa dell’inno di Mameli, quella che nessuno canta mai nelle manifestazioni pubbliche, descrive la situazione in cui il berleghismo vorrebbe riportarci: “Noi siamo da secoli calpesti e derisi perché non siam popolo, perché siam divisi!” Si desti dunque veramente l’Italia contro l’odio e la divisione seminati a piene mani dal becero berleghismo al potere, in nome del Risorgimento, dell’Unità nazionale, della Resistenza e dei Diritti dell’Uomo, “senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali” (art 3 della Costituzione della Repubblica). L’abbiamo visto scritto sotto la statua di Garibaldi : “Chinna, Geppin, che i sôn tôrna chi!”
Bellamigo 16 settembre 2010 |