METTI UNA SERA A IMPERIA CON LELLA PAITA

  METTI UNA SERA A IMPERIA CON LELLA PAITA

TRA LODI SPERTICATE E VAGITI DI NUOVA POLITICA

METTI UNA SERA A IMPERIA CON LELLA PAITA
TRA LODI SPERTICATE E VAGITI DI NUOVA POLITICA

LO STILE di quella serata era tutto nel formato meeting di Renzi, citato dagli entusiasti intervenuti col titolo “il nostro leader”: disinvoltura comunicativa, dichiarazioni di lunga amicizia con la festeggiata, attese di novità dal suo futuro governo regionale, solo temperate, queste ultime, dal quasi accidentale ricordo del fatto che la bella signora è in realtà già e da anni ai vertici della Regione e frenate quindi dal timore che, insistendo troppo sulle speranze di cambiamento, si potesse finire per dover riconoscere che qualche sbaglio o mancanza possa averli commessi anche la sullodata. In effetti, si è dovuto ammettere, a un certo punto, la Regione non ha fatto tutto benissimo, soprattutto a Ponente. Il coraggio di dirlo se lo è preso il consigliere regionale ventimigliese Sergio Scibilia: quello che non ha funzionato, ha dichiarato col piglio di chi non ha paura degli scheletri nei propri armadi, ha riguardato soprattutto e segnatamente il comparto sanità, diretto, guarda caso (ma era ovviamente un caso) dal principale (per il momento) antagonista della Paita, il suo compagno di partito Claudio Montaldo.


Paita e Scibilia da Riviera 24

I laudari di Madonna Paita erano orchestrati dai due sunnominati consiglieri regionali ponentini, che avevano scelto preventivamente a chi dare la parola e predisposto la scaletta necessaria degli interventi necessari a dimostrare che la presidenza Paita della Liguria rimedierà i mali residui, in virtù di qualità che vanno dalla simpatia nativa, alla giovane età, al fatto di abitare a La Spezia, note virtù politiche indispensabili per ben governare una regione. Confesso che, giunto all’ennesima variante di “Tanto gentile e tanto onesta pare la Lella mia”, stavo per andarmene, perché il troppo stroppia, quando finalmente anche l’accorta Raffaella si è stufata della sfilata delle lodi e ha provato a meritarsene qualcuna illustrando la sua idea di Liguria e abbozzando un programma di governo regionale con occhio al Ponente. E qui, bisogna dirlo, la musica è cambiata. La Paita ha dimostrato di conoscere bene la regione, anche la lontana ed estrema Imperia, e ha toccato alcuni punti importanti, come le infrastrutture e l’entroterra, con propositi, se non progetti veri e propri, ben argomentati e comunque lodevoli. E lo ha fatto con bella e fluida prosa, persino apprezzabilmente breve e sobria. Ma proprio qui, dove ha offerto il meglio della serata ed ha dimostrato preparazione e determinazione, oltre che ambizione e charme, mi è riuscito più difficile capire perché Burlando si sia innamorato di lei, posto che non è in gioco il fascino femminile della Signora ma il suo stile politico. Perché tra Burlando e Paita c’è una differenza che va ben oltre il sesso e l’età e persino la geografia originaria.

Paita infatti è davvero il nuovo Pd renziano, del quale Claudio Burlando cerca di tenere il passo, ma cui non appartiene, per quanto ci provi, per via della propria storia personale, del proprio stile di pensiero, del proprio linguaggio. Paita e Burlando sono distanti come lo sono, che so, Renzi e D’Alema. Paita infatti è l’immagine del politico nuovo, senza storia, tutto schiacciato sul presente, che ragiona per affermazioni e non per problemi, in modo efficace ed intelligente e, come succede a Renzi, anche con un certo successo. Ma quanto sta cambiando, anche a sinistra, la tipologia del politico professionista! Non è solo questione di età. È anche questione di cultura. Vorrei non essere frainteso. Raffaella Paita ha fatto bene la sua parte a Imperia quella sera, una regina di gran lunga migliore dei sudditi troppo adoranti e noiosi.


 Ha detto cose giuste ed equilibrate. Ma l’urgenza del presente (il da fare) l’ha indotta a sorvolare sui principi (tipo la legalità, di cui, ha detto, ci si dovrà occupare, ma poi, dopo aver fatto quello che urge), a ignorare completamente il tragico abisso in cui è caduta la cultura provinciale, a non menzionare neppure un millimetro della storia locale precedente a cinque minuti prima. Non voglio affatto dire che preferisco il passo pesante e didattico di Burlando, vecchio comunista sempre in cattedra anche quando parla ai pensionati di Cesio. Ma mi sono chiesto se quella conoscenza, quella familiarità con la storia, con la cultura, con le radici locali, un tempo proprie dei politici di qualità, non potrebbero servire un po’ anche ai loro giovani successori, se non gioverebbero al loro impegno sull’oggi. Poi mi dico che è la nuova generazione, la nuova cultura, la nuova scuola e che quindi quando la politica nuova offre delle Paita va già bene, perché è perlomeno più misurata e sostanziosa dei suoi maldestri sostenitori. Ma se Burlando, visto che l’ha politicamente adottata, insegnasse alla grintosa signora anche un po’ di storia e di filosofia della politica e delle società locali non sarebbe male, secondo me. E le sarebbe utile se dovesse poi affrontare la concorrenza pesante del ministro Orlando.

VITTORIO COLETTI da La Repubblica

 

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