Marchio di qualità

Università del turismo e “marchio di qualità”
Loano e Alassio, a gara, una balla qui e un’altra là
tra Ospizio Marino, Palarock e tanti Grand Hotel

Università del turismo e “marchio di qualità”
Loano e Alassio, a gara, una balla qui e un’altra là
tra Ospizio Marino, Palarock e tanti Grand Hotel

Ospizio Marino a Loano

Vogliamo rafforzare l’offerta turistica, dopo aver irrimediabilmente perso il “turismo annuale” (ovvero stagione di 6-7 mesi) e distrutto il tessuto alberghiero? Ridotto la stagione di lavoro a 40 giorni, al calendario da week-end, alle previsioni del tempo? Da anni vige un metodo infallibile. Con l’aiuto dell’informazione divulghiamo notizie, progetti, sogni che puntualmente non si verificano, finiscono nel dimenticatoio, e ce ne inventiamo dei nuovi.

Nessuno intanto chiederà conto.

 Ma soprattutto la macchina perpetua degli illusionisti, magari in buona fede, predica certezze di rilancio. Indica questa e quella medicina, tira fuori dal cilindro il toccasana giusto.

Non c’entrano le cassandre a vita, semmai guardare solo in faccia la realtà e verificare, confrontare, cosa si è detto e si è scritto, dove siamo arrivati in tutti questi anni. I risultati reali. I confronti. E senza nuovi tarocchi.

Ma vogliamo far credere di risuscitare il turismo di qualità, far tornare gli anni della clientela alberghiera, degli stranieri del centro e nord Europa, in località dove l’indice di densità delle seconde case è il più “invasivo d’Italia”? Ignorando la sensibilità ambientale di miglioni di potenziali vacanzieri? Vogliamo illudere i cittadini che dopo aver inondato la fascia costiera e primo entroterra di alveari monolocali, bilocali, trilocali (un’eccezione), possiamo recuperare la sana ospitalità? Attrarre investimenti per l’industria alberghiera degna di questo nome?

Probabilmente pochi leggono i quotidiani stranieri, seguono le televisioni d’Oltralpe. Quanto parlano e come parlano del Bel Paese.

Il passato delle illusioni e degli annunci o dei buoni propositi falliti non ci insegna nulla? Le aree in Italia, in Europa e nel mondo che hanno saputo conservare il binomio vincente turismo-ambiente, non hanno problemi di sopravvivenza turistica. Ci sarà una ragione, eppure si procede sulla strada della distruzione a piccole dosi. 

In altre aree turistiche non si assiste alla morte del patrimonio ricettivo, anzi c’è l’arrivo di catene mondiali di operatori con investimenti produttivi.

C’è chi vuol far credere che tre, quattro alberghi, anche di prestigio e qualche decina di agriturismo, di residence, possano mutare uno scenario sconsolante. Nessuna ricerca di mercato, degna di questo nome, potrà dire che poche strutture, da sole, siano sufficienti ad attrarre clientela “qualificata” in un generale contesto di degrado da superaffollamento urbanistico. Afflitto dalla povertà di infrastrutture. Carenza di spazi.  Ci restano i boschi di cui il savonese detiene il primato.

Almeno quello!

Ormai le opportunità offerte dal turismo globale, il livello di informazione, spingono il cliente a scoprire aree dove non ha prevalso il mercato delle seconde case. L’ambiente è a misura d’uomo e non del caos.

E’ una balla che, nel nostro contesto, possa convivere il predominio del mono alloggio e l’albergo;  abbiamo la dimostrazione in tutte le salse.

Una questione di scelte e ideologie speculative che hanno avuto il sopravvento.

Nella cultura tra industria alberghiera ed industria immobiliare ha stravinto la seconda. Con il consenso della maggioranza dell’elettorato.

Muoiono centinaia di alberghi, chi riesce vende e scappa, si uccidono 7-8 mila posti di lavoro, ma si continua a blaterare che con un quattro stelle oggi, un cinque stelle domani, la “salvezza della patria turistica” è a portato di mano. Magari con nuovi casinò proposti dal ministro Brambilla, e altri porticcioli, in quanto ci sarebbe fame di posti barca.

Grand Hotel Mediterranée di Alassio

Dieci anni fa, vent’anni fa, trent’anni fa, ieri come oggi, si ripete alla noia: “…c’è bisogno di un piano per rafforzare l’offerta turistica, per creare occupazione stabile nel settore”. Si sono consumati chili di inchiostro.

A che meta siamo arrivati? Ai 70 e passa annunci di nuovi alberghi di lusso?

Quale industria dell’ospitalità? Basterebbe fare un giretto, inverno ed estate, per constatare la disfatta dello stesso decoro urbano.

L’abitudine, l’indifferenza del cittadino a camminare lungo le passeggiate a mare, negli angoli e nelle vie, tra erbacce, verde pubblico transandato, aiuole senza fiori, sporche; zone dell’Aurelia ricettacolo di rifiuti e senso di abbandono negli spazi pubblici. 

Con rare eccezioni, l’assenza di civismo, di rispetto ambientale ci distinguono eccome da tante aree turistiche dell’Europa. Soprattutto quelle zone del centro Europa dove tutte  le mete turistiche sono vere e proprie bomboniere, curate con diligenza, ordinate. E non conoscono crisi.

A Loano, dieci anni fa, (vedi….articolo) si scommetteva sull’arrivo dell’Università del turismo nella sede dell’ex Ospizio Marino, oggi desolatamente in rovina. Con grandiosi progetti al Palarock, ora ristrutturato per ospitare piccoli alloggi destinati ad una clientela anziana che può contare anche su servizi utili alla salute.

Vogliamo rafforzare – erano i buoni propositi dell’allora presidente della Provincia, Alessandro Garassini, al quale è succeduto Marco Bertolotto, quindi Angelo Vaccarezza, tutti dell’area loanese – in modo robusto l’offerta turistica savonese nell’arco dell’anno. Università e musei sono collegati e rientrano, nella proposta dei progettisti, in un unico pacchetto. Creare in questa provincia un itinerario culturale omogeneo di grande richiamo che si colleghi, ad esempio, all’Acquario di Genova ed a Finale Ligure che possa sfruttare al meglio il flusso turistico del terminal crociere di Savona”.

E chi sono gli esperti del progetto? Leggiamo dal Secolo XIX del 13 luglio 2000. Dieci anni or sono: “Sta lavorando la Provincia di Savona trascinata nell’impresa da un esperto lombardo di management, il prof. Guglielmetti e da un pool di architetti, lo studio “5+ 1” che, in Liguria, ha già firmato il recupero della caserma Bligny. L’ipotesi è di trasformare l’ormai decadente – 10 anni fa! Ndr – struttura dell’Ospizio Marino Piemontese nella sede della nuova università e di collegare ad essa anche il Kusaal, individuato dalla Provincia come sede perfetta per un grande museo capace di convogliare turisti sul ponente per 12 mesi all’anno, perché è di questo che ha bisogno la nostra provincia e gli operatori alberghieri”.

Proseguiva l’articolo, a firma di Alessandra Costante: “ Che la provincia di Savona avesse scippato a Genova il progetto dell’Università del turismo era cosa nota da alcune settimane, ma la novità è il coinvolgimento su larga scala di Loano, indicata come luogo soprattutto per la grande disponibilità di strutture. Nei giorni scorsi sia l’ospedale Marino, sia il Palazzo Kursaal, sia il Palarock dei Provaggi sono stati oggetto di un sopralluogo da parte dell’amministrazione provinciale e degli ideatori del progetto”.

Non è successo nulla, puntualmente. Loano ha perso altri 21 alberghi ed il Palarock si è trasformato in 58 appartamenti come annunciato sul n. 228 di Trucioli del 3 gennaio 2010 (vedi). Ripreso da organi di stampa nei mesi successivi.

Non è problema solo di Loano. Ad Alassio l’ex Grand Hotel che i maghi fanno diventare “volano per il rilancio del turismo alassino” è in ritardo, rispetto agli annunci, di almeno tre anni.

Lo scorso anno abbiamo letto della “fuga” di un’impresa turistica nazionale dal Grand Hotel Mediterranée, preso in gestione dalla titolare, Maria Teresa Marchisio (vedi… foto e testo del 2000 in occasione del “marchio di qualità) e della clamorosa protesta di una quindicina di dipendenti che ricorsero perfino alle cure del pronto soccorso (non per percosse o maltrattamenti).

Insomma i progetti di rilancio del turismo savonese sono alcune centinaia. Servono soprattutto a gettare fumo negli occhi. A rendere meno amara la pillola del colossale ed esteso mattonificio. I “progetti falliti”? I riscontri non si fanno. Sono di moda soltanto ricordi della “belle epoque”.

Restano le testimonianze di rassegne stampa, articoli che puntuali incutono speranza e fiducia. L’ottimismo per un ritorno agli anni d’oro. Cullarsi negli allori, unico rimedio praticato e solido. E pure vincente.

R.T.

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