L’uomo nero
Ai miei occhi chi ha saputo meglio convogliare il sentimento della popolazione afgana, soprattutto femminile, è stata la street artist Shamsia Hassani, con i cui murales voglio decorare queste mie righe.
La tragedia del popolo afgano ha riportato con prepotenza alla mia mente i racconti che avevano scioccato l’Europa nel 1453, sulla scia delle notizie terribili che arrivavano da Bisanzio, caduta nelle mani degli islamisti turchi. Secondo le truci regole di guerra, quando una città cadeva, spesso dopo lunghi assedi, nelle mani del nemico, questo si riteneva autorizzato, anche moralmente, ad abbandonarsi al saccheggio di ogni cosa di valore, incluse naturalmente le giovani donne, per stuprarle a proprio piacimento.
E il copione, di cui ho letto scarsi resoconti, [VEDI] si è ripetuto a Kabul, dove i talebani, gli “uomini neri” che fanno da cupo sfondo a molti disegni di Shamsia, hanno dichiarato “bottino di guerra” le donne dai 12 ai 45 anni. Schiave sessuali. Manca solo che si torni alla loro messa all’asta, come si soleva fare nei secoli schiavisti con le prede, non già di guerra, ma di brutale occupazione di intere plaghe africane.
Se in Occidente crediamo che progresso significhi anche emancipazione delle donne e loro graduale parità col “sesso forte”, tanto da arrivare oggi a situazioni fin troppo sbilanciate a loro favore, come non ho mancato di evidenziare in miei passati articoli, dobbiamo al contempo accorgerci che, tanto più spingiamo verso un ideale matriarcato, tanto più nel mondo islamico si acuiscono gli estremismi opposti, per riaffermare gli antichi privilegi maschili, con le donne ridotte a simulacri coperti dalla testa ai piedi, “bottino di pace” dei soli mariti, con un corteggio di concubine proporzionale alla loro capacità economica. Due mondi in reciproco allontanamento.
Due mondi dove l’uno rappresenta l’ombra dell’altro, un memento di cosa il primo può diventare se procede nell’attuale direzione di sviluppo ad ogni costo. La “società signorile di massa”, come la definisce Luca Ricolfi, regno di computer ultraveloci, non sa infatti far di conto e basa la sua (asimmetrica) opulenza su un tale consumo e spreco di risorse che la porterà giocoforza ad elogiare i valori della sobrietà e dell’oculato uso delle risorse, non solo fisiche, ma anche morali, civili e sociali. Verrà presto alla luce il prezzo di tanti traguardi, che diamo per acquisiti, che la società tutta ha conseguiti al suono delle fanfare progressiste. E preciso che progressismo non è sinonimo della sola sinistra, ma di tutto l’arco politico e produttivo, che spinge unanimemente per la crescita ad ogni costo (e che costo!).
Cinquant’anni fa Roberto Vacca scrisse un libro profetico: “Il Medioevo Prossimo Venturo” [VEDI], riedito nel 2000 con aggiornamenti su quanto accaduto nei precedenti tre decenni [VEDI]. I suoi commenti valgono oggi ad ancora maggior ragione. il Medioevo coranico ha coabitato con la civiltà della plastica e della Coca Cola, dei jeans e di McDonald in parecchie nazioni, il rigetto dell’Occidente –la brace- covava sotto la cenere, ed ha avuto modo di riemergere in alcune iconiche manifestazioni, avallate persino da regimi, come la Turchia, che abbiamo la temerarietà di voler includere nell’Unione Europea. Cito, come esempio emblematico dell’abisso che intercorre tra noi e loro, l’usanza delle “spose bambine”: cos’altro sono le teenager che i talebani considerano prede di guerra? Ed è così distante dall’Afghanistan talebano la Turchia di Erdogan, che, sotto apparenze “moderne”, mostra nostalgia del “glorioso” passato ottomano, quando i sultani si deliziavano nei loro harem, scegliendo ogni notte un’odalisca diversa, meglio se minorenne? Del resto, la nostalgia dei bei tempi andati è quasi la regola per ogni nazione ex-imperialista e/o ex-colonialista e/o ex-negriera; e le tentazioni di riattualizzare i fasti di un tempo incontrano spesso il favore (magari sommerso) delle masse.
La mia insistenza sul risvolto femminile di tanti eventi che hanno cambiato e stanno cambiando il mondo è dovuto alla sua preminenza nel pensiero maschile, che in buona parte mette la donna all’apice dei propri desideri: un trofeo il cui conseguimento dà un senso ad ogni altra conquista e successo: avere soldi, avere potere, sì, ma in vista del fine ultimo, da godere e con cui pavoneggiarsi. La lista dei potenti che sono caduti in disgrazia a seguito di passi falsi con l’altro sesso è talmente lunga e nota che non merita che ne fornisca esempi.
Naturalmente, l’accesso alle donne più affascinanti è riservato agli uomini più ricchi e potenti. Ma quando i cancelli dietro cui sono normalmente trincerate d’improvviso si aprono alle masse, queste scoprono il loro vero volto di stupratori autorizzati dai vertici e le donne diventano il premio per le fatiche di una guerra o di un assedio. I talebani non sono un’eccezione, ma la continuazione di una regola antica quanto l’uomo. Basta leggere i resoconti di cosa hanno fatto le truppe italiane in Africa Orientale; o in Italia le truppe d’occupazione dal 1943 alla fine della guerra; o l’Armata Rossa padrona di Berlino e della Germania nel 1945; o gli americani nel Giappone vinto con 2 bombe atomiche; e potrei continuare. Quanti uomini neri si celano sotto le divise militari?
Quindi, ripeto, apparentemente abbiamo due mondi contrapposti; ma, date le opportune condizioni, si scopre che le differenze non sono poi così ampie come culturalmente si vuol far credere. E lo stile di vita talebano si staglia sul nostro futuro prossimo, se continuiamo a pensare che quello attuale ci sia dovuto quasi per decreto divino (“andate e moltiplicatevi”, valido per due persone –Adamo ed Eva-, non per quasi 8 miliardi).
I disegni di Shamsia accendono in ogni uomo un sentimento di solidarietà e di com-passione nell’uomo occidentale, educato a reprimere gli istinti (ultimamente è quasi castrato), ma chissà se sarebbero altrettanto civili dopo un’ipotetica, e sudata, conquista militare, cui a volte diamo il nome di vittoria o liberazione, a seconda dell’accoglienza o meno dei vinti.
Voglio sottolineare che non sto qui sconfessando quanto detto in precedenza sull’odierno clima di sospetto da parte del mondo femminile verso gli uomini in generale, in quanto il mio discorso odierno si applica ai comportamenti “da branco”, come sono appunto quelli di un esercito vittorioso che prende possesso –di persone e cose- della nazione vinta, esattamente come accaduto in Afghanistan. Quello che un uomo “beneducato” non osa fare da singolo, può essere trascinato a farlo se condiviso da altri compagni di lotta o “di merende”. Il caso di Ciro Grillo ne è una miniatura.

Quasi tutti uomini, e tutti neri. La generale avversione dell’uomo bianco cambierebbe verso se al loro posto ci fossero altrettante ragazze? [Mi si perdoni la provocazione]
E a proposito delle italiane, la loro graduale perdita di femminilità ha proceduto di pari passo con la loro emancipazione, che significa accesso di massa al lavoro esterno, abbandonando quello di madre e casalinga, comportamenti e vestiario prossimi a quelli maschili, rincorsa alla parità di genere: tutti traguardi che hanno via via ristretta la diversità uomo-donna, e con ciò l’avvilimento della virilità maschile che, in virtù della legge di attrazione dei contrari, viene scemando se la compagna finisce di somigliare troppo al suo partner. Sono temi di fondo che non mutano con le mode esteriori. Voglio aggiungere che tra le cause della disoccupazione, oltre ai progressi nell’informatica e nell’automazione, c’è da annoverare proprio l’ingresso massiccio delle donne nel lavoro esterno: una variante decisiva, che potrebbe rientrare, col favore di molte donne, ben felici di tornare ad essere mogli e madri non solo la sera, se tornasse a bastare un unico reddito famigliare o se il lavoro domestico e di accudimento dei figli godesse di un premio da parte dello Stato.


Ma l’ex banchiere Draghi è diventato di sinistra?
Marco Giacinto Pellifroni 5 settembre 2021