L’UE, UNICO FARO MONDIALE DI CIVILTÁ E PROGRESSO?
L’unione Europea è sempre più vittima dei suoi stessi principi, delle proprie ideologie buoniste che, unica al mondo, sta inseguendo a caro prezzo.
Mi riferisco, come spunto di partenza, alle recenti schermaglie tra governo italiano e Corte di Giustizia Europea (CGE), che all’UE fornisce le basi giuridiche per potersi definire un faro per il resto dell’umanità; con ciò competendo, e surclassando, l’altra area del pianeta che aspira ad essere tale: gli Stati Uniti.
A differenza degli USA, che pretendono di “esportare”, con colpi di Stato, corruzione e invasioni, la loro presunta democrazia, l’UE, contrita del suo passato coloniale, cerca di diffondere i suoi concetti umanitari attraverso l’esempio, ergendosi a modello per tutto il mondo; ma soprattutto nei riguardi dei suoi stessi Stati, legiferando in maniera sempre più incisiva e invasiva, a prescindere dalle legislazioni in essi vigenti, superate dalle norme a tavolino del suo staff. In sostanza, dopo aver raggiunto la parità monetaria al suo interno, l’UE punta a sopperire alla mancata unione politica attraverso la sua normativa.

Il pentimento introiettato negli esponenti delle istituzioni UE e in generale delle sinistre, per un passato di sfruttamento schiavistico, emerge in numerose occasioni, adottando criteri spesso discriminanti al contrario. Se rileggiamo la storia con occhi moderni, nessuna nazione passerebbe indenne al vaglio di passati crimini, come lo schiavismo. Ma l’impulso per un riscatto è quanto mai ambivalente: si vorrebbe l’africanizzazione del continente europeo, sorvolando che ad assecondarlo sia una nuova genia di spietati schiavisti
Emblematico il caso del centro migranti in Albania, del quale non sono riuscito a capire le motivazioni e l’utilità, locandolo all’estero anziché sul patrio suolo.

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Quello che però mi preme qui evidenziare è la diatriba tra governo e CGE circa la definizione di “Paese sicuro”, nel quale sarebbe legittimo rispedire i migranti, o meglio i clandestini, che hanno scelto autonomamente di fuggire dal proprio Paese con l’aiuto di trafficanti, identificando l’Italia come il Paese più facile di primo approdo, dati i suoi lunghi confini, perlopiù marittimi, e per lo sfiancamento dei governi di destra nel rintuzzare le continue critiche delle opposizioni e le sentenze dei giudici, sempre contrarie ai rimpatri sulla base di normative UE. Paradossalmente, viene spontaneo chiedersi se anche l’Italia sia un Paese sicuro, essendo la patria di cosche di varie denominazioni, sparse per la Penisola. E tanto meno sicuro quanti più immigrati viene costretto ad ospitare.
Nel mondo ci sono 195 Stati riconosciuti sovrani, più una decina riconosciuti da alcuni Stati, ma non da altri. Questo alto numero stride con l’esiguità degli Stati riconosciuti sicuri, non solo dall’UE, ma anche dal governo Meloni, che con l’ultimo decreto-legge ne ha ridotto il numero da 21 a 19, includendovi però i due Stati oggetto del contendere: Egitto e Bangladesh. Non si può che concordare con la Meloni stessa quando chiede a giudici italiani e CGE se questo ristretto elenco di Stati sicuri non equivalga a non poter più respingere se non un’infima minoranza di richiedenti asilo. In pratica l’enorme differenza tra Stati sicuri e insicuri implica il riconoscimento che oltre il 90% del pianeta è retto da governi “canaglia” o incapaci di tenere a freno i delinquenti.

Lasciar arrivare, sulla base di vaghi principi umanitari, mille persone al giorno su un territorio già provato dalla criminalità sua propria, non è accoglienza, ma cedere supinamente all’invasione; con la logica conseguenza di bivacchi per le strade, occupazioni di immobili, delinquenza “di necessità”, non avendo i nuovi arrivati altre possibilità per sfamarsi. È questo ciò che vuole l’UE, che vogliono il PD e relativi partitini?
È illuminante scoprire quali siano i criteri europei per definire uno Stato sicuro o no. Criteri che rispecchiano il recente vezzo di giudicare la storia col metro odierno, con l’unica differenza che adesso, anziché la storia, si vuole riscrivere il mondo presente secondo le proprie regole ed etica di giudizio. Il che è altamente riprovevole, se solo pensiamo agli estremismi tracimati da frange minoritarie della nostra società a leggi dei governi, in quanto tali valide per la maggioranza delle popolazioni, a dispetto del loro considerarsi democratiche. Estremismi che hanno toccato i loro apici specialmente in tema di diritti civili, con una fuga in avanti senza precedenti nella storia e il rovesciamento di fatto di democrazie (le ragioni dei più) in oligarchie (le ragioni dei pochi).
Ma vediamo in sostanza i criteri sanciti dall’UE per definire un Paese sicuro: il richiedente asilo deve essere innanzitutto adulto e “non vulnerabile”, ossia, senza fondati motivi che l’abbiano indotto a scappare dal suo Paese. Quanto a quest’ultimo, va considerato sicuro solo se il rispetto dei diritti umani e della sicurezza sia riconosciuto “in maniera generale e uniforme” ovunque e per ciascun individuo. (Rimando qui all’Italia, che non mi risulta essere “uniformemente sicura”). Inoltre, sono esclusi dal novero dei Paesi sicuri quelli in cui le opposizioni politiche sono perseguitate ed esistono discriminazioni in base alle tendenze sessuali, reprimendo con pene severe chi appartiene ai gruppi LGBTQ+. Infine, oltre al Paese di origine, va vagliata anche la situazione personale di ogni migrante.

Il raffronto tra i Paesi considerati sicuri dal governo italiano rispetto all’UE, conferma come quest’ultima opti per un ingresso indiscriminato in Italia di migranti da ogni parte del mondo [VEDI]
Tutti questi distinguo costituiscono un vaglio con le maglie talmente larghe da configurare la negazione all’ospitalità come una remota eventualità; per cui tanto vale rinunciare a tutto il castello di controlli, con l’impegno anche economico che comporta, e lasciare “porti e valichi aperti” come chiede e fa la sinistra, quando va al governo (anche senza l’avallo di regolari elezioni). Brandelli dei risultati di questo atteggiamento sono riscontrabili nel degrado e nell’insicurezza di tante nostre città, da Trieste a Verona, da Milano a Roma ecc., tanto da meritarsi l’appellativo di “insicure” e quindi il divieto di sbarcare migranti in Italia.
Atteggiamento “bonario”, o decisamente lassista, di UE, CGE e sinistre, che non trova più un riscontro unanime in un numero crescente di nazioni europee, con in testa l’Ungheria e la Slovacchia; ma anche in nazioni un tempo fautrici dei confini spalancati come Germania e Olanda, che troppo tardi si accorgono di quale sconvolgimento causi l’ingresso indiscriminato di gente di cui nulla si sa, in particolare della loro fedina penale, col risultato di ammassare in Europa la feccia di tanti altri Paesi. In TV e su Youtube non si contano i filmati di migranti che occupano edifici abbandonati, e persino alloggi privati, nonché di risse tra bande rivali e scontri con le forze dell’ordine, che impropriamente da Bruxelles qualificano come “razziste”.

A dire il vero, non ho mai nutrito eccessiva simpatia per poliziotti e carabinieri quando sfoggiano supponenza nei confronti di normali cittadini. Ma se considero l’impegno richiesto quotidianamente per tenere a bada masse di ribelli che lanciano loro sassi e altri oggetti, non posso che ringraziarli per la pazienza e la resistenza. Chi li definisce “razzisti”, anche se membro delle istituzioni, è ben lontano dal teatro degli scontri, accarezzando il suo buonismo nella quiete protetta di un comodo ufficio
Tuttavia, gli esempi di stoltezza dell’UE, organo supremo di governo europeo, non si limita certo alla governance dei flussi migratori, ma si estende allo schierarsi a fianco dell’Ucraina, trascinando l’intero continente in una situazione di inflazione e calo della produzione (seguo qui schemi di giudizio mainstream) per il conseguente ristagno della domanda. Una situazione da cui si sono tirati fuori alcuni Paesi, come le suddette Ungheria e Slovenia, ma anche Cechia e Slovacchia, e chissà quanti altri, che hanno continuato ad approvvigionarsi di gas e petrolio russi seguendo percorsi più tortuosi, attraverso nazioni terze. Oltre a gas e petrolio, da Cina e Russia continuano ad arrivare in UE terre rare, litio, nickel (30.000 ton/anno), titanio e uranio (oltre 1/5 del fabbisogno di uranio delle centrali europee nel 2023 è arrivato dalla Russia); ma in prospettiva queste forniture subiranno riduzioni, più per iniziativa dei Paesi esportatori che dall’osservanza dei divieti UE. [VEDI]. Quanto alla pervicacia dell’UE di proporre piani green irrealistici, mi sono già espresso qui [VEDI].
Dopo il recente smacco subito in Albania, la Lega ha espresso il proposito di dare alle leggi italiane uno status superiore a quelle comunitarie; come tentò di fare la Germania nel 2020 [VEDI]. La cappa di molte disposizioni e reprimenda europei sta diventando sempre più soffocante.
Se poi apriamo il velo sulla natura delle sanzioni, in cui l’UE fa a gara con gli USA, non si può che notare come esse costituiscano un vero boomerang, in quanto spauracchio per le restanti nazioni, che temono di incorrervi per qualche comportamento sgradito ai censori. E chi ne ha la forza, ripaga il censore della stessa moneta; come la Russia che, vistisi congelare € 300 miliardi depositati in banche occidentali, utilizzando gli interessi per fornire di armi il suo nemico, si prepara a fare altrettanto con le grandi società occidentali che in Russia si sono molto esposte, non immaginando certo il repentino schieramento dell’UE nei confronti della Russia.

Questi 2 grafici mostrano quanto sproporzionata sia la spesa (€ 600-800 milioni nel prossimo quinquennio) per il centro migranti in Albania rispetto al numero di essi rimpatriabili: il classico svuotamento del mare con un secchio [VEDI]
Tant’è che nazioni come la Turchia e la Serbia stanno seriamente valutando un addio all’ingresso in UE per aderire al gruppo dei BRICS. E altri Paesi, come la Bulgaria, già membri UE, sono in dubbio se lasciare un carrozzone burocratico e vincolante come l’UE per aderire ai BRICS, il cui maggior vantaggio è quello di non pretendere di emanare leggi centrali che sovrastino e annullino quelle dei singoli Paesi. Insomma, in prospettiva l’UE appare come il vecchio destinato a implodere sotto il suo assurdo castello normativo, mentre il futuro appare profilarsi con i BRICS, che si propongono di non ripeterne gli errori. Ciononostante, la Moldavia, sia pure per un soffio (50,46%), ha scelto di preferire l’UE nel referendum costituzionale del 20 ottobre scorso. Auguri!
Altri importanti segnali di sganciamento dalla galassia USA-UE sono giunti dalla Turchia, che ha scelto la Russia come fornitore di armi di ultima generazione, con ciò mettendo in bilico la sua stessa presenza nella Nato (la Turchia vanta il più grande esercito della Nato); nonché dall’adesione ai BRICS di Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, che sconfessano così il lungo vassallaggio (“protezione”) dagli USA, a suo tempo accettato, contro la promessa di legare la vendita del petrolio al dollaro americano.

Putin e Xi Jinping al summit dei BRICS a Kazan, Russia, 22-24 ottobre 2024 [VEDI]
Infatti, la spinta iniziale alla costituzione dei BRICS furono proprio i soldi, per eludere l’obbligo di fatto di usare dollari in ogni transazione internazionale e di tenerli come valuta di riserva, equiparandoli all’oro. È proprio grazie al fiume di dollari accettati da tutti che gli USA hanno potuto finanziare la propria potenza nel mondo.
L’adesione ai BRICS è molto meno vincolante di quella all’UE; e questo è un notevole valore aggiunto, molto apprezzato dai vari Stati, che non vogliono soccombere al groviglio di leggi e sanzioni al di sopra della propria sovranità.
Sta insomma prendendo forma uno sconvolgimento dell’attuale assetto mondiale a guida americana. Resta da vedere se le assicurazioni della Cina di non voler riproporre gli stessi errori dell’assetto odierno, in primis l’imposizione di una valuta dominante (renmimbi), supereranno la prova dei fatti.
Marco Giacinto Pellifroni 27 ottobre 2024
Tutto vero Giacinto ma c’è dell’altro assai più allarmante: la guerra per procura di Israele contro lIran, per attaccare Brics su un altro fianco dopo quello ucraino. I signori del dollaro per non mollare la presa e chissà quale altro torbido disegno vogliono la guerra totale; e intanto anche in Italia il grande capitale abbandona l’auto e si sposta sull’industria bellica.
P.F.L.