Paesi sicuri o non sicuri ad libitum di chi occupa abusivamente i palazzi del potere

Quando l’unico criterio dovrebbe essere l’appartenenza alle Nazioni Unite

L’Organizzazione delle Nazioni Unite è una comunità sovranazionale che origina esplicitamente dalla volontà di impedire  il ripetersi degli eventi terribili che hanno scosso il pianeta  nella prima metà del ventesimo secolo.  Gli Stati che ne fanno parte assumono l’impegno ad adoperarsi per il mantenimento della pace, lo stesso impegno rappresentato nella nostra carta costituzionale.  Richiamo il primo comma del’art. 4 del suo Statuto: “Possono diventare membri delle Nazioni Unite tutti gli altri Stati amanti della pace che accettino gli obblighi del presente Statuto e che, a giudizio dell’Organizzazione, siano capaci di adempiere tali obblighi e disposti a farlo”. Se ne deduce che gli Stati membri in quanto tali rispettano i requisiti minimi della sicurezza interna e della convivenza pacifica con i vicini. Sono, insomma, Paesi sicuri anche se resta inteso che ogni Stato interpreta a modo suo le libertà e i diritti individuali e gli stessi comportamenti possono essere legittimi in un Paese e illegali in altri. Del resto l’orizzonte della libertà personale e dei diritti civili e politici cambia nel tempo nello stesso Stato.

Ricordo che in quella che viene considerata la culla della democrazia fino alla metà dello scorso secolo l’accesso nei locali pubblici poteva essere inibito ai colored, esclusi dalle scuole e dai mezzi di trasporto riservati ai bianchi.  Pochi sanno che nella maggioranza degli States la sodomia era un reato per cui si finiva in galera come si finiva in galera se si veniva sorpresi in un albergo in compagnia di una donna che non fosse la moglie. E nella patria di Cesare Beccaria si poteva impunemente ammazzare la moglie se c’era il fondato sospetto che avesse o avesse avuto una relazione extraconiugale.  Quanto all’omosessualità e alla pederastia, benché largamente praticate soprattutto all’interno della Chiesa cattolica, se di dominio pubblico diventavano un reato penale in molti Paesi occidentali come nel mondo islamico.  Non c’è bisogno di scomodare il Medioevo: lo Stato, influenzato dalla religione, ficcava il naso sotto le lenzuola con molto maggiore zelo nell’occidente cristiano di quanto abbia mai fatto il resto del pianeta, in barba alle roboanti  dichiarazioni di principio come quella del 10 gennaio 1948 sulla quale pretende di fondarsi l’Organizzazione delle Nazioni Unite.

Diritti e libertà insomma sono concetti piuttosto labili e aleatori e in questa materia non ci sono maestrini che non debbano vergognarsi del loro presente o del loro recentissimo passato. Il principio secondo il quale ognuno è libero di agire come crede, di dire quello che gli passa per la mente, di andare dove vuole e di vivere a modo suo purché non impedisca agli altri di fare altrettanto e non provochi nocumento ad alcuno è tanto rivendicato quanto violato. E bisogna riconoscere che fra progresso scientifico-tecnologico, raffinarsi della coscienza civile e giuridica  e rispetto di quel principio, scontato in  tante società primitive e culture preletterarie, non c’è alcuna correlazione significativa.

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In tutte le latitudini quale che sia la forma istituzionale i singoli individui rischiano di essere triturati dalla macina delle convenzioni, degli atteggiamenti collettivi, della morale comune.  A parole siamo tutti aperti, liberali, tolleranti. Nella realtà già negli anni della scuola i diversi hanno vita dura e solo chi ha spalle robuste può permettersi di esserlo. Per di più, nelle condizioni in cui si trovano oggi la scuola e la società italiane, i più esposti alla derisione, alla marginalità, alla violenza psichica e fisica sono spesso i più capaci e intelligenti oltre che, come sempre, quelli caratterialmente più fragili. Ma la violenza e l’ottusità non sono, né potrebbero esserlo, un’esclusiva della scuola. Gli adolescenti crescono e diventando adulti e c’è solo da sperare che fuori dal gruppo non abbiano più modo di esternare la loro natura.  In Italia l’automobilista rischia per un parcheggio, per un sorpasso o semplicemente perché si trova nel posto sbagliato  vicino alla persona sbagliata;  non solo di notte ma anche in pieno giorno può imbattersi in un giovanotto fatto di cocaina, in un gruppo di reduci dalla discoteca rintronati dal frastuono e pieni di alcol per non dire della banda di impuniti che continuano a fingere tamponamenti e rotture dello specchietto. Denunciati, identificati, noti alle forze dell’ordine continuano tranquillamente a delinquere. L’Italia con tutta la sua storia, l’Italia  con le sue radici nella civiltà greco-romana, col suo l’ineguagliabile peso culturale è da secoli un Paese insicuro, come testimoniava Goethe nel suo diario di viaggio . Fino  a poche decine d’anni fa  ci voleva una buona dose d’incoscienza per addentrarsi  sulle montagne calabresi, nell’interno della Sardegna o sul lungomare d Sorrento, e non c’erano immigrati. Oggi alla violenza endogena si è aggiunta la criminalità importata ed è diventato impossibile fare una passeggiata serale anche nei centri urbani bene illuminati, una donna sola non può azzardarsi a viaggiare di notte nemmeno sui treni più prestigiosi e le tratte locali sono pericolose a tutte le ore del giorno. In più, rispetto al passato, una cosa è cambiata: non si vedono più poliziotti in giro. Quando ero studente non solo nei parchi pubblici ma nelle piazze centrali della mia città erano installate guardiole  nelle quali stazionavano agenti di polizia  ventiquattro ore al giorno. Oggi se vieni rapinato e ti viene la malaugurata idea di presentare la denuncia alle forze dell’ordine passi una giornata nelle sale d’attesa di polizia e carabinieri per firmare una dichiarazione destinata a rimanere abbandonata dentro un cassetto e tutto finisce lì. Quanto ai vigili urbani,  l’unica loro mansione è quella di andare a caccia di auto in divieto di sosta oltre quella di effettuare inutili rilievi in caso di incidenti.

A farla breve: il concetto di Stato sicuro – o non-sicuro – è del tutto arbitrario e può essere applicato con intollerabile arbitrio. Per le persone in condizione di povertà assoluta i Paesi occidentali sono tutti insicuri mentre risultano di norma più accoglienti quelli del cosiddetto terzo mondo. La Russia comunista come il terzo Reich erano retti da regimi polizieschi fino alla paranoia eppure non c’era il rischio di finire i margini della società, come può capitare da un momento all’altro da noi, dove basta un divorzio, un licenziamento, un momento di sbandamento per uscire dai ranghi e trovarsi a dormire in macchina o sotto i ponti e fare la fila alla Caritas per un piatto di pasta. Non solo: per definizione ogni Paese è sicuro per la maggioranza perché non esiste e non è mai esistito un regime che si regge contro la volontà di tutti o della generalità dei suoi abitanti: le peggiori tirannidi poggiano sul consenso. L’oppressore, per continuare a opprimere, deve poter contare sull’indifferenza o la complicità delle masse. Chi fugge da un regime oppressivo deve poter dimostrare di essere un oppresso, una, vittima, un perseguitato e vivaddio dovrebbero essere evidenziati i motivi per cui viene perseguitato. Un ladro o un omicida è perseguito – sinonimo di perseguitato – in qualunque latitudine; un oppositore politico è perseguitato in un Paese nel quale l’opposizione politica è considerata eversiva: se noi, giustamente, riteniamo che ci si possa legittimamente opporre ai governanti siamo tenuti ad ospitare l’oppositore che scappa dal suo Paese per non finire nelle grinfie di una giustizia che urta contro la nostra idea di giustizia. Ma questa è una considerazione che si applica a un singolo individuo o a un ristretto gruppo di individui: una moltitudine di persone che si oppongono a un regime di fatto costituiscono un parte politica  impegnata a rovesciare il regime e non avrebbe senso che volessero abbandonare il loro Paese. In molti Paesi l’omosessualità è sanzionata dalla morale, dalla religione e in qualche caso dalla legge. Conseguentemente riguardo a uno che si dichiara omosessuale dovremmo concludere  che il suo non è per lui un Paese sicuro e, pertanto, il nostro come qualsiasi altro Paese giustamente indifferente rispetto alle inclinazioni sessuali dei suoi cittadini dovrebbe essere tenuto ad accoglierlo. Un argomento tanto corretto in apparenza quanto assurdo nella sostanza. Infatti è assodato che in qualunque comunità è presente una minoranza significativa di omosessuali – secondo qualcuno una percentuale costante – , che nei grandi numeri di una nazione rappresentano una massa di persone che nessuno Stato potrebbe permettersi di ospitare. E d’altronde se si riconosce ad un singolo individuo, lo stesso diritto si estende a tutti gli individui che si trovano nella stessa condizione.  Se poi si sposta l’attenzione verso altri casi di incompatibilità ambientale come le difficoltà economiche o il clima (!) si scade nel ridicolo: Il diritto a essere ospitati si estenderebbe a intere comunità nazionali afflitte  dalla povertà o vittime di alluvioni o siccità.

Sono le contraddizioni – o le scemenze – in cui cade il fanatismo delle anime belle che trova puntualmente chi per il proprio tornaconto le accredita e sempre più frequentemente  riesce a infiltrarsi  nei palazzi del potere nazionale e sovranazionale.  Vorrei vedere chi sono e che spessore etico e culturale hanno i membri della commissione del Consiglio europeo competente per l’intolleranza e il razzismo che hanno accusato di razzismo la polizia italiana o i giudici della  Corte di giustizia europea che con le sue fumose delibere  mette i popoli europei – non solo quello italiano – nelle mani di un’irrisoria minoranza di sfasciacarrozze  qual è quella costola del Pd che è l’alleanza verdi-sinistra.

So bene che prendersela con i magistrati, con la sdolcinata ipocrisia dei buoni di professione, con i preti, con la sinistra in blocco è profondamente sbagliato. È infatti un’inesorabile legge fisica: se si crea un vuoto di potere – che può essere anche un vuoto di cultura, di idee, di determinazione – quel vuoto viene riempito e nel vortice che lo riempie c’è di tutto, anche quello che è incompatibile col funzionamento di un sistema, anche quello che in condizioni normali è solo un’anomalia marginale.  Marginale e inoffensiva perché un regime efficace e autorevole è in grado di tenerla a bada  come una seria politica di tutela dell’ambiente non elimina la pioggia ma tiene puliti i letti dei fiumi e impedisce la pressione antropica  sui loro argini. I deliri adolescenziali, il misticismo di chi non si è mai confrontato con la serietà del vivere quotidiano, la furbizia criminale di chi usa gli uni e l’altro per farsi una solida posizione sociale sono  una presenza ineliminabile e, in piccole dosi, perfino utile. Purché, insisto, ci sia un governo degno di questo nome. È un po’ come l’eccentricità:  per essere tale non può diventare norma.  In conclusione:  tutto il rispetto per il sognatore  innamorato del genere  umano  che ha interiorizzato e preso alla lettera  l’evangelico amore per il prossimo, lo riconosce nel bengalese, nel ghanese, nel peruviano e guarda ad una umanità senza confini  e con un’unica patria;  ma se questo sogno si fa politica  diventa un incubo e se chi governa non è in grado di infrangerlo è una catastrofe.

P.s.

Con tutta la rabbia che mi può suscitare la giudice che ha rispedito in Italia (non a casa loro) i clandestini che il nostro sgangherato governo  aveva trionfalmente e con costi stellari spedito in Albania,  sono convinto che la costruzione di un centro di raccolta extraterritoriale non sia la soluzione ma parte del problema. Per il quale c’è una sola cosa da fare: impedire l’ingresso nelle acque territoriali (se si vuole si può identificare anche una mosca che le attraversa) e custodire i confini nella terraferma. E quanto alle richieste di asilo, quelle  si presentano in loco alle competenti rappresentanze diplomatiche. Elementare.

Pierfranco Lisorini

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