Lo Stato castrato

LO STATO CASTRATO

 LO STATO CASTRATO

 Quanto più un nuovo modo di guardare al presente, rifiutando di considerarlo sacro e inviolabile, si fa strada in un popolo, tanto più il potere costituito cerca di contrastarne le fiamme con idranti ad alta pressione, senza accorgersi che spesso lancia getti di benzina.

Questo paragone fisico mi si presenta alla mente ogni volta che m’imbatto in critiche, spesso mordaci, contro il sovranismo, utilizzando stereotipi che si sono ormai dimostrati così logori e desueti da costituire, appunto, benzina anziché acqua. Il più usato è il termine “democrazia”, che oggi in Europa e negli USA ha ancora un senso soltanto in raffronto a Paesi asiatici, africani o sudamericani dove la nostra, pur svuotata, “democrazia” sarebbe già un enorme progresso. 

 


La pigrizia mentale dei benpensanti squalifica il sovranismo come una malattia contagiosa, da cui guardarsi. Mentre è un anelito alla libertà dalle catene del neoliberismo globalizzante e totalitario

 

Nell’ultimo libro di Sergio Romano, “L’epidemia sovranista”, il sovranismo è rappresentato in Italia dalla Lega di Matteo Salvini e da Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni. A rischio di apparire ancora più “pestifero”, io li vedo invece come sovranisti dimezzati.

Il verbo sovranista di questi due partiti si è appalesato soltanto sul freno all’immigrazione selvaggia. Punto. Agli iniziali progetti di estendere il termine anche alla moneta, altrettanto se non più cogente, è succeduto il silenzio. Non so se per paura o per calcolo. Forse in base ai sondaggi, che danno la maggioranza degli italiani contrari al ritorno ad una valuta nazionale. Aggiungo che “nazionale” non basta: va aggiunto anche “pubblica”, altrimenti nulla cambia rispetto all’oggi.

Adesso mi propongo di dimostrare quanto una valuta nazionale e pubblica cambierebbe dall’A alla Z la nostra situazione economica, invece dei disastri annunciati da quanti hanno interesse che le cose rimangano come sono: con la maggioranza della popolazione prossima allo stremo –senza che sappia risalire alle cause della propria indigenza- e un’esigua elite che nuota nell’oro.

Partiamo dalla situazione odierna: il sistema bancario internazionale ha saputo cambiare le regole sino a ridurci tutti –cittadini, imprese, Stato- suoi debitori. 

Già questo stato di cose è di per se un’iniquità, che tuttavia gli anti-sovranisti non vogliono vedere, avendo occhi soltanto per lo stato miserevole di quei migranti che loro stessi hanno contribuito a far affluire; ma lo stesso umanitarismo che invocano per loro perde la favella quando si passa alle tante famiglie che, non riuscendo a pagare il mutuo, vengono sbattute in strada senza tanti complimenti. E senza fanfare: fa parte delle regole del gioco. Chi non paga è fuori. Ha onore di cronaca soltanto negli avvisi delle aste immobiliari.

 

Solo un finto cieco non vuole vedere il collegamento tra la diffusione, davvero epidemica, del neoliberismo e il dilagare della povertà, assoluta e relativa

 

Il 30 dicembre è uscito un articolo di Carlo Cottarelli (già incaricato di fare la spending review dal governo Letta), dal titolo: “Finisce il decennio orribile dell’economia. La crescita più bassa dall’unità d’Italia.” A parte la trita invocazione alla mancata crescita quale parametro del benessere generale, il grafico che pubblica è molto eloquente e mostra l’andamento dagli anni ’80 di nascite e morti in Italia. Dove si vedono nettamente le nascite in costante calo e le morti in altrettanto costante crescita, con l’incrocio delle due curve nel 1992, inizio dello “spirito di Maastricht” e un divario netto nel 2008, inizio della crisi finanziaria, con le nascite a picco e le morti in ripida salita. Sempre meno italiani e sempre più vecchi, quindi più prossimi a sparire di scena. Morale: il passaggio da una struttura nazionale ad una europeista, attuata con il passaggio dalla lira all’euro, è stato esiziale per l’Italia, con la perdita di speranza in un futuro migliore, aumento della povertà, rinuncia dei giovani a sposarsi e far figli, fuga dei migliori all’estero. Cottarelli ha da sempre l’ossessione –velleitaria- di ridurre il debito pubblico, “per non restare schiavi dei mercati”. Peccato che, seguendo la sua esortazione, ci sarebbero ancora meno soldi in circolazione, perché verrebbero drenati dall’economia reale. Eppure, sono ancora e sempre queste le “raccomandazioni” dell‘UE al nostro Paese.

 


Finché l’Africa continuerà ad essere il nuovo Far South, terra di conquista dei moderni “coloni”, con una scia di tangenti a governanti corrotti e un ambiente devastato, l’onda migratoria non cesserà. Sono anni che Mohamed Konarè lo predica: vox clamantis in deserto

 

Di converso, vediamo come funzionerebbe uno Stato sovrano; per intero, non a metà.

È qui doverosa una premessa: tutti i soldi circolanti dovrebbero avere esclusiva origine dalle spese dello Stato. Nella situazione attuale, lo Stato sta spendendo, da tempo immemorabile, soldi non suoi, ma presi a prestito sui mercati internazionali, attraverso lo scriteriato scambio coi suoi Titoli di Stato: cambiali sotto mentite spoglie, dei “pagherò”, gravati da interessi. 

Quindi, lo Stato è, strutturalmente, un eterno debitore, creando, con l’atto stesso di spendere, il presunto debito pubblico. Per tentare di alleggerire quest’ultimo, lo Stato italiano, dal 1991, è in avanzo, ossia spende meno di quanto incassa con le tasse. Questo avanzo viene inghiottito dagli interessi, il c. d. “servizio del debito”, che viene soddisfatto mediante tasse e tagli al welfare, duramente conquistato nel primo trentennio postbellico. Questo Stato, indegno del nome, in quanto Protettorato della finanza apolide, non cura l’assetto del suo territorio, lascia crollare ciò che ha ceduto in concessione agli amici per pochi spiccioli (le autostrade sono l’esempio più vistoso), dà pensioni ancora legate alla lira, distribuisce miseria a piene mani, ma paga puntualmente le scadenze dei derivati, in miliardi, e fior di interessi sul debito fasullo. Ma questo è normale per gli anti-sovranisti, capitanati dal PD e dalla sua propaggine low cost, come qualcuno ha coloritamente chiamate le sardine

E veniamo a cittadini e imprese. Il grosso (90%) del denaro che essi ricevono origina da mutui e finanziamenti da parte delle banche commerciali. Quindi tutto il denaro in circolazione è a debito, di cittadini, imprese e Stato, verso banche private: nazionali e BCE. E si noti: il debito complessivo è sempre maggiore dei soldi disponibili, grazie agli interessi, che costituiscono un di più, prenotato all’atto del prestito, ma inesistente.

 


 

Secondo lo stesso schema, lo Stato dipende dai prestiti che i mercati sono disposti a concedergli.

Uno Stato ostaggio dei mercati DEVE tassare pesantemente i suoi cittadini per far fronte alle sue spese. Uno Stato sovrano non ha più bisogno di farlo.

Col meccanismo suesposto, che piace tanto agli umanitari di sinistra e vaticani, la nazione si è consegnata mani e piedi legati al sistema bancario privato, per cui non stupisce che si impoverisca ogni giorno di più, a tutto vantaggio dei padroni dei soldi, che una classe politica incompetente e/o collusa, ha incoronati tali, svendendo i propri elettori per una manciata di privilegi. E per far sempre più felici i boss della finanza, lo Stato s’ingegna a tassarci in modi sempre più subdoli, ultimamente sbandierando il fiore all’occhiello del mancato aumento dell’Iva mentre alla chetichella ha disseminato la strada di micro e minitasse, tra le quali spicca il balzo all’insù delle accise. Mica punta a ridurre Iva e accise, solo a non aumentare qualcosa, compensando il mancato aumento con altri aumenti meno palesi, nelle pieghe dei bilanci. [VEDI]

Contro questi meschini sotterfugi, che spacciano le disfatte per vittorie, il sovranismo avanza una proposta che l’establishment bolla naturalmente come eretica. Eccola.

Come funziona uno Stato davvero sovrano

 

 

Tutta la moneta in circolazione proverrà soltanto dalla zecca statale, governata da una Banca che potrà giustamente fregiarsi dell’appellativo “d’Italia”, in misura congrua alle reali necessità della nazione e attenta agli scambi con l’estero, affinché non venga deprezzata se l’import risulta troppo e/o troppo a lungo superiore all’export.

 

Ellen Brown, avvocatessa di Los Angeles, si batte da anni per moneta e banca centrale pubbliche. Lei sì che potrebbe a buon diritto fregiarsi dell’appellativo di “avvocato del popolo”, people’s advocate, nel senso più esteso di “patrocinatore”

 

Quanto alle banche private, possono rimanere, purché svolgano un servizio utile ai cittadini. Ma devono attenersi rigorosamente alle leggi vigenti, che non permettono loro di creare moneta dal nulla, ma soltanto di fare da intermediari del credito: prestare cioè soldi propri o dei loro correntisti ad altri correntisti che ne abbisognano. Ciò equivale ad una assunzione di rischio, che manca invece nel sistema attuale, dove la mancata restituzione di moneta creata senza sforzo non equivale ad una reale perdita; e quindi l’interesse -che è il compenso, in parte per l’alea corsa e in parte per la mancata disponibilità del denaro durante il prestito- è ingiustificato.

Anche le banche, come i normali cittadini, possono rivolgersi alla zecca per ottenere soldi da prestare o per loro proprio uso; ed è altrettanto giusto che esse lo prestino chiedendo un aggio, per compensare il rischio di insolvenza dei loro mutuatari e per il giusto sovrapprezzo della merce-denaro acquistato dalla banca centrale, alla pari di un rivenditore-concessionario.

Con tale sistema, tanto semplice quanto doveroso, se una nazione vuole prosperare, e non abbrutirsi per far ricchi i banchieri, sono eliminati i ricorsi ai mercati speculativi da parte dello Stato per procurarsi i soldi da spendere per i suoi cittadini e imprese, i più o meno pelosi rating di agenzie straniere in conflitto d’interessi, gli spietati tagli al welfare in parallelo all’aumento delle tasse (sia da parte dello Stato che di Regioni, Province, Comuni), che serviranno invece soltanto per drenare eccessi di liquidità e frenare le spinte inflative.  

 


 

Eh, ma così staremmo tutti meglio, il clima generale si rasserenerebbe, smetterebbe il risucchio di  soldi dal basso verso l’alto, la disoccupazione scenderebbe a valori minimali, il clima di sfiducia e di rassegnazione, specie dei giovani, per l’impossibilità di fare progetti, insomma di immaginare un futuro, svanirebbe come nebbia al sole, e cesserebbe la spinta all’emigrazione dei migliori. E cesserebbe il tam tam di un fisco famelico alla perenne caccia dei piccoli evasori e gli occhi chiusi sui grandi, perché  evadere tasse molto basse non avrebbe più senso. 

In sostanza lo Stato e gli enti pubblici cesserebbero di essere i nostri esattori sotto svariate guise, e diverrebbero i nostri servitori, come è giusto che sia, visto che siamo noi a pagarli.

 

 


Due libri a confronto. Diverse le motivazioni, ma comune la visione dello Stato: patrigno l’attuale, per Nicola Porro, patrigno quello dittatoriale della turca in esilio Ece Temelkuran, che vede nel sovranismo una via alla dittatura. Il sovranismo può evocare gli spettri dello statalismo, sia di estrema destra che comunista; e il rischio non va sottovalutato. Manca la voce moderatrice di una vera sinistra, che dal 1989 ha fatto harakiri. Il socialismo, morto quell’anno, è una componente fondamentale del nuovo sovranismo, che ne ha raccolto l’eredità

 

Gli anti-sovranisti vogliono cortesemente esporre cosa c’è che non va loro a genio in un sistema siffatto? Gli spiace così tanto veder sparire d’incanto l’iterato debito pubblico, l’assillo dello spread, i tagli alla spesa, il capovolgimento dell’austerity in un benessere per tutti, la fine di un fisco invadente e rapace? In sostanza, perché preferiscono uno Stato castrato delle sue sacrosante prerogative invece di uno Stato benevolo, dove le tasse esistano solo per calmare le eccessive effervescenze e non per togliere alla gente il già poco che ha, costringendola ad evadere per sopravvivere, rischiando multe sempre più iugulatorie?

Invece di lanciare invettive, vedere l’odio solo nelle parole altrui e mai nelle proprie, minacciare  catastrofi se si osa uscire dall’attuale gabbia finanziaria, possono degnarsi di spiegare perché questa soluzione sia tanto invisa ad un partito che continua a definirsi di sinistra e a nominarsi democratico, nonché a quei voltagabbana e poltronisti dei pentastellati coi quali hanno stretto un patto incestuoso? Per non dire della versione aggiornata dell’ex FGCI del vecchio PCI, battezzata “sardine”, plaudenti al governo in carica, che non riconosce loro diritti, ma solo doveri e li costringe alla precarietà o all’emigrazione.

 


La Francia in sciopero da quaranta giorni contro l’adeguamento delle pensioni al resto d’Europa, Italia compresa: contributivo anziché retributivo. Sogno di vedere un giorno simili fiumi di gente nelle strade per chiedere che la moneta e la Banca Centrale siano pubbliche ed esenti da debito

 

Quanto all’”avvocato del popolo”, può spiegare agli italiani perché predilige lisciare il pelo agli eurocrati di Bruxelles e mantenere il suo popolo nella precarietà, nell’ansia di vivere ogni mattina che mette i piedi fuori dal letto? Perché, se è tanto intelligente e istruito, non considera la via d’uscita sovranista? Se lo facesse, avrebbe finalmente il consenso di quel popolo che non l’ha mai eletto e lo considera un’emanazione dell’odiato potere finanziario. Diventerebbe davvero quell’avvocato del cui titolo s’è immodestamente auto-insignito. Coraggio avvocato Conte, ci provi, scelga gli italiani invece di Wall Street, la City, l’UE, la BCE, l’FMI & parassiti simili.

 

 Marco Giacinto Pellifroni  12 gennaio 2020

 

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