L’INCUBO CARBONE

RIFLESSIONI SUL PRESENTE E SUL FUTURO
Trentasettesima puntata
L’INCUBO CARBONE

  Savona una tra le principali “capitali del carbone”.

 Ecco perché non è ancora in funzione il nuovo terminal Alti Fondali

 RIFLESSIONI SUL PRESENTE E SUL FUTURO
Trentasettesima puntata  
 
L’INCUBO CARBONE

  Savona una tra le principali “capitali del carbone”.

 Ecco perché non è ancora in funzione il nuovo terminal Alti Fondali 

 

Ritorno a parlare, ancora una volta, di carbone.
Desidero ricordare, in proposito, che già un anno fa (ed esattamente in data 30 Settembre 2010) avevo scritto un articolo per “Trucioli Savonesi”, dal titolo: “IL TRAMONTO DEL CARBONE”.
Quella mia iniziativa giornalistica era nata da una notizia, riportata da molti Quotidiani Nazionali, che testualmente, oggi, riporto:

 “La commissione dell’ Unione Europea, presieduta da Josè Manuel Barroso, ha prescritto che non potranno più essere concessi aiuti finanziari ai produttori di carbone e, quindi, ai titolari delle miniere. I sussidi  in essere (2,8 miliardi di euro nel 2008) dovranno essere gradualmente eliminati entro il 2014; nel frattempo, potranno essere finanziate soltanto le riorganizzazioni operative, finalizzate alla cessazione dell’attività. In ogni caso, entro il 2014, la produzione di carbone verrà a cessare.” 

E’ pur vero che questa Prescrizione Comunitaria è andata progressivamente incontro a modifiche ed a slittamenti temporali (soprattutto dopo il paventato crollo della produzione di energia nucleare post- Fukushima); non v’è dubbio, tuttavia, che alcune Nazioni hanno incominciato a percorrere la strada, indicata dalla Commissione Europea; uno degli esempi più significativi giunge a noi dalla Svizzera; in questa Nazione, un Team di 24 scienziati ha concluso una propria ricerca sull’utilizzo del Carbone con questa comunicazione, quasi lapidaria:

La costruzione di centrali a carbone non è solo controproducente dal punto di vista ambientale e climatico, ma anche dubbiosa a livello economico.” 

Per avvalorare le loro tesi, questi scienziati non si sono soffermati soltanto sul tema inquinamento, ma hanno affrontato il problema dal punto di vista economico, citando, ad esempio, costi di capitale e prospettive di rendite (assai dubbie per  il futuro). 

Cito, in proposito, le loro conclusioni:

“Le centrali a carbone, orientate alla produzione continua, non riescono ad essere abbastanza flessibili e a reagire prontamente alle oscillazioni della domanda.”

Ma, torniamo per un istante all’indietro, carissimi Amici, ed andiamo ad esaminare le MOTIVAZIONI CHE DOVREBBERO ESSERE ALLA BASE DEL TRAMONTO DEL CARBONE PER L’INTERA UMANITA’  NEL PROSSIMO FUTURO:

1) A  livello planetario, ci sarebbe quantitativamente Carbone sufficiente per altri 230 anni circa (altre stime, tuttavia, parlano di 150 anni), ma i problemi connessi al TEMA DELL’ESTRAZIONE DEL CARBONE diventano e diventeranno, col tempo, sempre più gravi.

Infatti, le Miniere di Carbone sono generalmente a cielo aperto ed il loro scavo, in ogni parte del Mondo, viene ad ALTERARE GRAVEMENTE IL PAESAGGIO; si tratta, in effetti di scavi giganteschi che comportano lo stravolgimento di ogni località interessata, per cui continuano, irrimediabilmente, a crescere le opposizioni delle popolazioni alla loro persistenza, su ogni territorio;

2) Nelle località di estrazione, sono in progressivo aumento le MALATTIE, CAUSATE DAL CARBONE (come tale) e DALLE POLVERI TOSSICHE (di notevole rilevanza quantitativa) GENERATE DALLE TECNICHE  DI ESTRAZIONE;

3) Di conseguenza, AUMENTANO, IN OGNI LOCALITA’, LE SPESE ECONOMICHE  (DIRETTE ED INDIRETTE) CONNESSE ALL’ESTRAZIONE; non a caso, i titolari delle Miniere e, comunque, i produttori di carbone continuano a richiedere agli Stati ed alle Istituzioni Internazionali continui e progressivi aumento di contributi, rivolti a coprire i costi crescenti, connessi alle attività estrattive;

4) Per quanto concerne, poi, l’UTILIZZO DEL CARBONE IN AMBITO TERRITORIALE A FINI ENERGETICI E PRODUTTIVI, occorre ricordare, in sintonia con le parole di Mario Tozzi (vedi il quotidiano “LA STAMPA” del 15 luglio 2011) che:

 “Bruciare carbone non libera dalla schiavitù dell’anidride carbonica; anzi, per questa via, se ne produce di più che con qualsiasi altro combustibile fossile, con i relativi problemi in termini di surriscaldamento dell’atmosfera, che già conosciamo bene per il petrolio (e, in misura minore, anche per il gas). Nessuna politica di opposizione al cambiamento climatico ha senso se non si rinuncia al carbone”;

5) Infine, vanno presi seriamente in considerazione, anche il ambito più strettamente locale, GLI INFLUSSI DEL CARBONE (e, quindi, dei suoi FUMI e delle sue CENERI) SULLE POPOLAZIONI RESIDENTI.

E’ ormai incontestabile l’aumento delle Patologie tumorali e respiratorie laddove sono operanti centrali a carbone.

Allorquando noi rivolgiamo la nostra attenzione all’aumento delle spese sanitarie, dovremmo anche andare a verificare quanto è dovuto al modo insensato del produrre all’interno del nostro sistema economico e dovremmo, di conseguenza, trarre le dovute conclusioni sul piano politico ed operativo.

Queste sono dunque le MOTIVAZIONI che dovrebbero indurre l’intera umanità a dare un definitivo ADDIO AL CARBONE.

 Ma, tutto questo, stranamente, sembra non valere per la nostra Savona  ed il suo entourage provinciale; in realtà, tutti noi possiamo toccare con mano che, di fronte ad un’ IPOTESI DI FUORIUSCITA  DAL CARBONE, la politica economica locale sta andando in direzione opposta, vale a dire verso LA VALORIZZAZIONE ED IL POTENZIAMENTO DEL SUO UTILIZZO; stiamo diventando, in altri termini, una tra le principali “CAPITALI DEL CARBONE”.

 Possiamo parlare, addirittura di una FILIERA DEL CARBONE, che ha il suo inizio logistico presso gli ALTI FONDALI DEL PORTO DI SAVONA ed è dotata di un duplice termine: LA CENTRALE TIRRENO-POWER DI VADO LIGURE e LA FABBRICA ITALCOKE DI BRAGNO (CAIRO MONTENOTTE) .

Per ragioni di spazio, limiterò la mia attenzione al punto di partenza, riservandomi di completare l’esposizione nell’articolo della prossima settimana; ed, allora, incominciamo dal:

TUNNEL SOTTERANEO – SOTTOMARINO CHE UNISCE GLI ALTI FONDALI DEL PORTO DI SAVONA ALLA STAZIONE DI SAN ROCCO E, SUCCESSIVAMENTE ALL’ITALCOKE DI BRAGNO

Come riferito dai Quotidiani locali, l’opera comprende:

A) La realizzazione di due tunnel collegati, per una lunghezza complessiva di 1.600 metri circa (il primo, sottomarino, da 500 metri, a partenza dalla banchina del Terminal Alti Fondali ed il secondo, sotterraneo, a 40 metri di profondità,della lunghezza di 1.100 metri, conducente alla Stazione di San Rocco); 

B) L’installazione di un Nastro Trasportatore e degli Impianti ad esso connessi (sistema di videocamere e monitoraggio, tramite software avanzati, del funzionamento del sistema di trasporto); 

C) La realizzazione della Stazione di San Rocco (stazione internodale, dove il carbone, in arrivo, viene caricato sui vagonetti); 

D) Sistema di Trasporto Aereo, tramite 1.240 vagonetti, che dovranno portare il carbone dalla Stazione di San Rocco a San Giuseppe di Cairo Montenotte, con una potenzialità di 420 tonnellate/ora per 24 ore al giorno. 

– Il costo complessivo dell’opera è stato pari a 36 Milioni di Euro (intervento finanziato dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti), ai quali, però, sono stati sommati altri finanziamenti (rivolti al rinnovamento dell’ intero impianto funiviario) per un totale oscillante tra i 150 ed i 200 milioni di Euro. 

– I lavori per la costruzione del Tunnel sono iniziati nel 2.004 e sono stati ultimati al termine del 2.009. 

Il collaudo del Tunnel (Sottomarino e Sotterraneo) era programmato per il Gennaio del 2010; a distanza di un anno (31 gennaio 2011) vi è stata la visita ufficiale del Presidente della Regione Liguria, Claudio Burlando, ma….il collaudo non è ancora arrivato….e non è dato di conoscere se esso potrà mai arrivare!

Infatti, a mio modo di vedere (e non soltanto mio, per la verità), ad iniziare dalla Progettazione dell’opera sino alla sua definitiva ultimazione non sono state minimamente rispettate due direttive europee (entrambe antecedenti la Progettazione e, più precisamente: 

. La direttiva 9 del 1994 (definita “Atex”), la quale impone l’adeguamento a norma degli impianti e delle apparecchiature destinate ad essere utilizzate in zone a rischio di esplosione; 

. LA DIRETTIVA 92 DEL 1999, la quale stabilisce le prescrizioni fondamentali per la tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori che possono essere esposti a rischio di esplosione.

– Nel frattempo, in attesa del futuribile collaudo e delle “ingegnose invenzioni” (di goldoniana memoria) per mettere il cosiddetto “tappo” agli errori commessi in tutti questi anni, sono incominciate le PROCESSIONI DEI CAMION DI CARBONE LUNGO LA STATALE DEL CADIBONA ( in media: 120 camion, ogni giorno) per trasportare il carbone dal Porto di Savona sino a San Giuseppe di Cairo (circa 3.000 tonnellate giornaliere).

Il risultato di questa magica invenzione è sotto gli occhi di tutti e viene chiaramente esplicitato da questa drammatica foto:

 

E voglio così concludere questa puntata, con una riflessione di Hans Jonas:

“Avremmo bisogno di una nuova etica, fondata sulla responsabilità, imparando a pensare non solo a noi stessi, ma anche alla biosfera; non solo a noi, oggi, ma anche ai nostri figli e nipoti, domani”

30 Settembre 2011                           Aldo Pastore

 

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