L’importanza di essere uno zero

L’importanza di essere uno zero.

Dal vuoto alla partita doppia
A Savona un convegno dedicato
al numero più amato da matematici e filosofi

L’importanza di essere uno zero.

Dal vuoto alla partita doppia
A Savona un convegno dedicato al numero più amato
da matematici e filosofi
L’importanza di essere uno zero. Dal vuoto alla partita doppia Fin dalle sue origini il numero zero ha rappresentato un affascinante rompicapo per matematici e filosofi. Lo “zero”, infatti, è qualcosa che non vale nulla ma che comunque esiste: una dimostrazione, insomma che anche il vuoto ha una sua dimensione e influenza la realtà. Di più: l’introduzione di questo segno ha permesso di gettare lo sguardo verso ciò che dichiaratamente “non esiste”, qualcosa di sconosciuto ai nostri occhi e che, tuttavia, è una finestra aperta per la comprensione della complessità.

Quello dello zero è un concetto rivoluzionario, e non può quindi stupire che l’invenzione di questo segno sia stata tutt’altro che lineare. Intuito già dai babilonesi, che però lo usavano per indicare non una quantità nulla ma una posizione vuota nella successione delle cifre, lo zero diventa per i Maya un geroglifico per simboleggiare un insieme vuoto e, insieme, un elemento fondamentale per il computo del tempo e l’astronomia. Un’intuizione geniale, (probabilmente da condividere con il popolo indiano) grazie al quale, ad esempio, il simbolo “3” può significare tre, trenta o tremila: il simbolo di un “vuoto”, insomma, che tutto può contenere a seconda della sua posizione. Ignoto ai greci e ai romani, lo “zephirum” (da cui la tradizione fa derivare l’origine del nome) giunge in Occidente attraverso gli Arabi nell’Alto Medioevo. Ma l’utilizzo di questo bizzarro simbolo del vuoto viene inizialmente respinto come pericolosa magia saracena e come opera del diavolo. Saranno i mercanti dell’undicesimo secolo, spinti dalla volontà di espandere i commerci, ad accorgersi dell’importanza di tale segno nella “partita doppia”, e sarà proprio un mercante pisano, Leonardo Fibonacci, ad importare nel 1202 da Costantinopoli i nuovi numerali tra i quali compare, per l’appunto, lo zero. Una presenza che da allora ha fatto compiere un grande passo in avanti alla civiltà, ma che ha comportato una nuova serie di problemi di sistemazione e di approfondimento sui quali i matematici hanno lavorato a fondo e per molti anni, fino praticamente ai nostri giorni. Un concetto, inoltre, che trascende il mondo matematico e interessa da vicino il pensiero filosofico in Occidente e in Oriente.

    

Di questo e di molto altro ancora si parlerà mercoledì 14 dicembre in un convegno organizzato dal Centro di documentazione “Logos” insieme ai Licei “Chiabrera-Martini” di Savona e “Issel” di Finale Ligure. Nell’Aula Magna del Liceo Artistico, in Via Aonzo 2 a Savona, a partire dalle ore 15 la storia di questo segno sarà raccontata e discussa  dal coordinatore di “Logos” Domenico Saguato e dall’ex sindaco di Savona Sergio Tortarolo, docente di matematica e fisica per oltre trent’anni nelle scuole del capoluogo. Introdurrà l’incontro Mario Veirana, a sua volta storico professore di discipline scientifiche nel liceo savonese e appassionato cultore della materia.

 Da La Repubblica

MASSIMO MACCIO’  Docente Liceo Classico “G. Chiabrera” e referente Centro di documentazione “Logos”.

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