LETTURA DI UN IMMAGINE: La PACE Scultura in marmo bianco (1811 – 1815) di Antonio Canova

La PACE Scultura in marmo bianco (1811 – 1815) Di Antonio Canova
Museo Varvara e Bogdan Charenko – Kiev

Fino a quindici anni fa, la Sovrintendenza dei Beni Artistici di Kiev non era al corrente di possedere questo capolavoro altamente simbolico di Antonio Canova. L’opera (il cui gesso preparatorio è visitabile presso la gipsoteca di Possagno) è rimasta sconosciuta al grande pubblico fino a quando la Conservatrice dell’Arte veneta al Museo dell’Ermitage, Irina Artemieva, ha ritrovato negli archivi del museo moscovita una lettera autografa del Canova all’ambasciatore russo presso la corte di Vienna, che aveva fatto da mediatore tra l’artista e il committente, il conte Nicolaj Rumanziev, appassionato d’arte italiana,  soprattutto classica e neoclassica. La statua, alta più di due metri, rappresenta una donna alata e incoronata,  vestita con un ampio peplo che la ricopre fino ai piedi  mentre schiaccia, imperturbata e imperturbabile, le spire di un grosso serpente, simbolo biblico  dell’inganno, della guerra e del male che tenta, ma invano, di insidiarla. La statua alata munita di scettro ricorda la figura di Nemesi, la dea ellenica della giustizia ristabilita, e della romana Diana Invicta, dea della pace vittoriosa. La statua ideata e scolpita dal Canova si presenta maestosa e leggiadra al tempo stesso, quasi senza peso, grazie ai panneggi che modellano il suo corpo e ricascano in pieghe minutissime fino a lambire le spire del serpente e il bianco basamento marmoreo a significare l’ideale eterno della pace. Ideale quanto mai sentito all’epoca delle guerre napoleoniche, e più che mai durante la folle e tragica campagna di Russia, immortalata nel capolavoro di Lev Tolstoj, e quanto mai attuale oggi, in questi nuovi tempi di guerra in Europa, che pensavamo ingenuamente che non si riaffacciassero mai più, almeno da noi, dopo la fine (ma evidentemente non definitiva) della seconda guerra mondiale. La Pace canoviana è momentaneamente al riparo in un bunker segreto,  in attesa di più sereno dì.Fulvio Sguerso

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