Lettura di un’immagine

LETTURA DI UN’IMMAGINE 39

Studio dal ritratto di Innocenzo X

Olio su tela (1953)di Francis Bacon
Des Moines Art Center – Des Moines  Iowa

 LETTURA DI UN’IMMAGINE 39

Studio dal ritratto di Innocenzo X

Olio su tela (1953)di Francis Bacon
Des Moines Art Center – Des Moines  Iowa

Questo studio rappresenta una libera interpretazione, quasi una trasfigurazione soggettiva, del Ritratto di Papa Innocenzo X  di Diego Velazquez del 1650 e appartiene a una collezione di quarantacinque variazioni sullo stesso soggetto dipinte da Francis Bacon (Dublino, 1909 – Madrid, 1993) tra il 1950 e il 1960. A differenza del capolavoro di Velazquez in cui predominano il rosso cupo e il bianco, qui a predominare sono il viola, il bianco e il giallo oro. Il papa siede sul suo seggio tratteggiato con poche linee gialle che lo ingabbiano in una specie di parallelepido trasparente dentro il quale vediamo un Innocenzo X con gli occhiali (che richiamano quelli di Papa Pacelli), aggrappato ai braccioli del trono pontificio, deformato e urlante su uno sfondo nero. Tutta la superficie del dipinto è ricoperta da linee verticali di colore chiaro che richiamano i tendaggi alle spalle dell’Innocenzo X di Velazquez, non più di un rosso cupo ma ora trasparenti, che lasciano intravedere un papa terrorizzato non sappiamo da che cosa ma certamente da qualcosa di terribile (la visione dell’inferno che ci inghiottirà tutti?). 

Se l’Innocenzo X di Velazquez non aveva più niente di sacro, salvo i paramenti ecclesiastici, quello di Bacon è un papa disperato, chiuso nella sua gabbia dorata, straziato forse da ricordi atroci e inconfessabili, un papa impotente come l’ultimo degli uomini, che grida invano il suo bisogno di aiuto sapendo che là fuori non c’è nessuno in grado di ascoltarlo, nessun dio che possa salvarlo; un papa ateo che urla ma come dietro il vetro di un acquario e quindi il suo urlo è destinato a rimanere per sempre muto. Bacon ha proiettato in questo ritratto, anzi, in questa serie di ritratti, (come, d’altronde, in tutte le sue opere) la sua propria angoscia esistenziale quasi in un tentativo autoterapeutico di liberarsene, naturalmente senza riuscirci, tanto profonda era la sua vocazione di artista maledetto.

 

FULVIO SGUERSO  

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