LETTURA DI UN’IMMAGINE: L’allieva Olio su tela (1924) Di Mario Sironi

L’allieva Olio su tela (1924) Di Mario Sironi
Collezione privata Etro Milano

Quest’opera esemplifica alla perfezione la “poetica” del movimento artistico “Novecento”, fondato alla fine del 1922, a Milano, dalla critica d’arte e scrittrice Margherita Sarfatti e dallo stesso Mario Sironi (Sassari, 1885 – Milano, 1961), a cui aderirono pittori come Achille Funi, Leonardo Dudreville, Anselmo Bucci, Emilio Malerba, Piero Marussig e Ubaldo Oppi. Novecento riprende alcune tematiche di “Valori Plastici”, la rivista fondata dal pittore e collezionista d’arte Mario Broglio, a Roma nel 1918, che pubblica i testi teorici di Giorgio de Chirico e del fratello Alberto Savinio che lanciano, per così dire, la pittura Metafisica, a cui si avvicineranno Carlo Carrà, Giorgio Morandi e Filippo De Pisis.

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Novecento si fa interprete del forte desiderio di “ritorno all’ordine” , inteso come ritorno alla grande tradizione classica greca, romana e rinascimentale, dopo l’ubriacatura delle avanguardie d’ante prima guerra mondiale (cubismo, futurismo, dadaismo). Nell’opera L’allieva vediamo una donna giovane e, come si diceva un tempo, prosperosa, a mezza figura con il busto ruotato di tre quarti verso la sua sinistra, gli avambracci scoperti e ben torniti poggiati sul piano del tavolo in penombra. Lo sguardo è pensoso e triste e vaga oltre lo spazio limitato del quadro. Evidenti richiami alla classicità li scorgiamo nella statua greca collocata nella nicchia sullo sfondo a destra della monumentale figura centrale le cui fattezze ricordano alcuni celebri ritratti femminili rinascimentali e nell’anfora posata sul tavolo.Notevole la plasticità delle figure presenti nel dipinto caratterizzate da un marcato chiaroscuro quasi caravaggesco, come quello del volto e del collo dell’allieva, così come il netto contrato tra la sua veste scura e il pallore del volto e del petto. La squadra sul tavolo e la piramide sullo sfondo cupo appena rischiarato in un angolo di luce metafisica ci parlano del gusto del pittore per le forme geometriche (si pensi ai suoi squadrati e simmetrici paesaggi urbani o alle sue monumentali figure dipinte sui muri). Certo è che basterebbe questa opera a dimostrare la grandezza di Mario Sironi, al di là della sua infatuazione per Benito Mussolini: non ho davvero bisogno che me lo dica Vittorio Sgarbi che si può essere grandi artisti e grandi filosofi e al tempo stesso fascisti. Errare humanum est!

Fulvio Sguerso

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