LETTURA DI UN’IMMAGINE: La Morte e la Fanciulla Olio su tela (1915) Di Egon Schiele

La Morte e la Fanciulla Olio su tela (1915) Di Egon Schiele
Osterreichische Galerie  Vienna

Il titolo di questa opera del grande e tormentato artista austriaco Egon Schiele (Tullin an der Donen, 12 giugno 1890  – Vienna, 31 ottobre 1918) morto a soli ventotto anni a causa della pandemia della cosiddetta  “Spagnola”, la terribile influenza che ha flagellato l’Europa nei primi anni dopo la fine di quel terribile flagello che fu già la prima guerra mondiale, sarebbe potuto essere Abbraccio mortale , tanto è il sentore di amore e morte che spira da quelle figure allacciate una all’altra ma ormai come si trovassero  gettate in una fossa comune in attesa di essere seppellite sotto un cumulo di terra e di oblio, come purtroppo vediamo tristemente che succede anche in questi nuovi tempi di guerra in Europa. In questa opera Schiele, che allora aveva venticinque anni, ha voluto rappresentare il   distacco  dalla sua modella e amante ventunenne Wally Neuzil, avvenuto nel contesto tragico della guerra e del declino dell’impero Austro-ungarico. “Tutto nella vita è morte” , aveva scritto l’artista nel suo diario già nel 1910, che non si è mai ripreso dal trauma della morte del padre . Sul piano formale notiamo il forte contrasto del coloratissimo abito corto della fanciulla a piedi nudi, del suoi rossi capelli a caschetto, del suo volto leggermente truccato con il saio scuro dell’amante ormai, come si dice, più di là che di qua, ma  che stringe ancora la bella testa della fanciulla che non vuol morire, come se non volesse lasciarla andare. Sopra la testa della fanciulla vediamo l’occhio sbarrato del pittore ormai scheletrico che ci fissa quasi a ricordarci che anche noi, che guardiamo dall’esterno quella scena straziante, prima o poi scenderemo in quella. fossa I due corpi giacciono abbracciati su un bianco lenzuolo come se fossero su un letto , non più alcova d’amore ma giaciglio di morte. Il lenzuolo-sudario, a sua volta, poi è steso alla bella e meglio sul fondo petroso e accidentato di un luogo che isola i due personaggi dal resto del mondo. Per la cronaca, Willy, arruolatasi come infermiera nella Croce Rossa, morirà davvero nel 1917, in Dalmazia, il luogo dove sognavano di ricongiungersi un giorno. Quel giorno non è mai arrivato. In compenso arriveranno altre guerre e altre tragedie, anche se qualche sciagurato anche oggi  non lo vuol credere – come il don Ferrante manzoniano, sulla base dei suoi paralogismi,   non credeva alla peste bubbonica -. Per i tanti don Ferrante ancora in circolazione, siamo sempre lì.Fulvio Sguerso

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