L’ECONOMIA DEGLI STATI DA LIQUIDARE
Lo Stato sano raccoglie i tributi (prelevando in tutto o in parte il surplus dai cittadini e dalle imprese) e li investe infrastrutture, servizi, forze armate; tali investimenti aumentano la produttività e il prodotto interno, stimolano gli investimenti privati, e di conseguenza aumentano il gettito fiscale e i nuovi investimenti. Questo è il funzionamento virtuoso e progressivamente espansivo dello Stato sano.
Ma in tale funzionamento teorico interferiscono fattori umani inevitabili:
– le classi dominanti che raccolgono i tributi rubano parte di essi per arricchirsi;
– e non si curano molto di investire bene il restante, destinandone parte ad arricchire compari e sostenitori;
-a cascata, tutti i dirigenti che eseguono gli investimenti e le spese pubblici tendono a rubarne una parte;
-inoltre, i componenti delle classi dirigenti si sottraggono alla tassazione usando la loro posizione di potere, e, accorgendosene anche le classi subalterne cercano di evadere il fisco.
Alla fine, la quantità di risorse investita sarà notevolmente inferiore a quella raccolta, cioè tolta alla società civile con le tasse, sicché il circolo virtuoso ed espansivo risulterà molto indebolito o assente o addirittura invertito.
Quando le suddette ruberie, evasioni ed elusioni fiscali, congiunte agli scandali di corruzione e alla scarsa qualità degli investimenti, dei servizi e della amministrazione in generale, producono insuccesso economico e scontento sociale, la classe dominante può usare parte dei tributi raccolti per comperare direttamente il consenso mediante erogazione di benefici clientelari diretti in sostituzione delle esecuzione di investimenti utili: pensioni fasulle, impieghi fasulli, reddito di cittadinanza.
Se le entrate tributarie non bastano a finanziare questa campagna di acquisto, le classi dirigenti possono finanziarla ricorrendo all’indebitamento pubblico, e così peggiorando le cose strutturalmente e in prospettiva.
Un’altra fonte di finanziamento aggiuntivo dello Stato, sono la conquista militare, il colonialismo o imperialismo, e il saccheggio o prelievo di tributi dai territori sottomessi e altresì lo sfruttamento dei loro abitanti come schiavi o lavoratori sottopagati.
La Roma antica si finanziò ampiamente in questo modo per tutta la fase di conquista ed espansione, cioè fino a circa al 100 dopo Cristo. La sua era un’economia molto dipendente dallo sfruttamento degli schiavi acquisiti con le guerre di conquista.
Lo Stato antico romano incominciò ad entrare in crisi finanziaria, cioè ad avere difficoltà nel sostenere le spese dell’apparato amministrativo, delle opere pubbliche e dell’esercito, quando finì la fase espansiva, quindi l’afflusso di ricchezze e schiavi dai popoli via via sottomessi, e ancor più quando Roma iniziò a dover pagare i popoli barbarici sui suoi confini affinché non invadessero e razziassero i suoi territori.
Gli storici hanno ricercato la causa per la quale il sistema economico e commerciale dell’Impero Romano non sopravvisse all’Impero stesso e non si evolvette in modo costruttivo e conservativo del suo livello, con le sue meravigliose infrastrutture (strade, ponti, porti, acquedotti, bonifiche), ma crollò quasi completamente comportando la fine dei commerci di lungo raggio, dei grandi mercati, della civiltà urbana, assieme a un drastico calo demografico – crollo da cui l’Europa iniziò a risollevarsi soltanto verso il Trecento. L’hanno ricercata e l’hanno trovata proprio nel fatto che lo Stato Imperiale aveva sviluppato un apparato amministrativo e militare enorme e insostenibile, una nobiltà e un clero parassitari (esentati dalle imposte), mentre la sua economia, basandosi sullo sfruttamento dei popoli sottomessi, sul lavoro schiavistico o servile e sulle rendite del latifondo italico (assai mal coltivato), era intrinsecamente, strutturalmente bloccata, isterilita nella produttività, e incapace di evolversi; al contempo, l’apparato statale ricorreva a una pressione fiscale soffocante per l’economia produttiva. Pertanto lo Stato imperiale, il suo sistema parassitario e la sua economia strutturata per servirlo. dovevano morire e liberare il campo affinché poi, nel corso di circa otto secoli, ripartendo da livelli bassissimi, un nuovo e vitale sistema economico potesse costituirsi.
Oggi, per la prima volta nella storia, in Italia, ricorrono insieme tre condizioni precise: il numero di cittadini che non lavorano ha superato ampiamente il numero di cittadini che lavorano; l’accesso ai consumi opulenti ha raggiunto una larga parte della popolazione; l’economia è entrata in stagnazione e la produttività è ferma da vent’anni, in arretramento rispetto a quella degli altri paesi avanzati. Questi tre fatti, documentabili dati alla mano, a cui va aggiunta una distruttiva pressione fiscale simile a quella del tardo Impero, hanno ispirato Luca Ricolfi nel suo recente saggio La società signorile di massa in cui descrive l’Italia come appunto una società signorile di massa – la descrive sostanzialmente come un sistema socio- economico bloccato, degradato nel suo apparato scolastico e nel corpo docente, incapace di progettare e realizzare una propria evoluzione. Bloccato, aggiungo io, perché il consenso politico, il voto ‘democratico’, in esso si ottiene mediante la difesa e conservazione di posizioni di rendita ormai diffuse, popolarizzate. A causa di questo fattore, a cui si aggiungono altri fattori come la sua posizione di paese vassallo sancita dagli accordi di pace con gli USA a seguito della capitolazione del 3 Settembre 1943 e aggravata entro l’UE, l’inguaribile arretratezza e dipendenza economica del Meridione, la specializzazione della classe dirigente nazionale nel rubare dai trasferimenti di ricchezza dal Nord al Sud che tolgono al Nord le risorse per investimenti e innovazione competitiva, le migliori forze intellettuali e imprenditoriali che emigrano, l’Italia semplicemente non può essere risanata, non ha futuro proprio, è in declino irreversibile e non ha dato segni di ripresa dal 1992. Questo è il razionale per cui l’Italia è stata posta in liquidazione, con Maastricht, l’Euro, la BCE, il Six Compact etc., nel senso che le sue parti valide vengono rilevate da capitali stranieri, con la complicità di politici italiani e comunitari. Tutti i partiti lo sanno, anche quello del “Credo”, anche quello dei Fratelli, quindi recitano e fingono quando promettono il rilancio del Paese: lo fanno per poter partecipare alla sua liquidazione servendo lo straniero e ricevendo il loro giusto tornaconto.
Marco Della Luna. https://marcodellaluna.info/sito/