Leakers

 LEAKERS       

LEAKERS         

 Uso un termine inglese perché il relativo verbo to leak rende alla perfezione l’idea di informazioni e notizie che trapelano fuori del vaso del riserbo e diventano di dominio pubblico, proprio come un liquido da un vaso crepato.

Il termine ha avuto grande diffusione a seguito del sito web Wikileaks, fondato da Julian Assange, che riceve in forma anonima, verifica l’attendibilità e poi diffonde notizie riservate sui gruppi di potere in qualsiasi parte del mondo si trovino, senza scopo di lucro, ma al solo fine di una maggiore trasparenza del loro operato e per l’affermazione di una democrazia reale e non solo di facciata, come è ormai prevalsa ovunque. 

 


Julian Assange, ha tolto il coperchio a email e documenti USA top secret, rivelando cosa si muove dietro le quinte in alto loco

 

Chi fornisce le informazioni? Chiunque sia nelle condizioni di venirne a conoscenza e si prodighi per farne partecipe i popoli maggiormente interessati, fungendo insomma da whistleblower. La speranza è che i governi –e i loro burattinai occulti- sappiano che c’è chi li ascolta e li sottopone al giudizio, in primis, dei loro stessi cittadini, ai quali i mass media di regime celano la verità in nome di presunti “interessi di Stato”.

Se il caso di Assange, dal 2012 auto-confinato nell’ambasciata dell’Equador a Londra, soprattutto per evitare l’estradizione negli USA, dopo la scoperchiatura del vaso di Pandora di più di un’Amministrazione, è stato il più eclatante, non è certamente l’unico caso di coscienza. 

In precedenza, c’era già stato un altro “pentito”, per usare un termine in uso per chi, mafioso, decide di dissociarsi dai suoi crimini e diventa “collaboratore di giustizia”, più o meno sincero: John Perkins, autore del bestseller  “Confessioni di un sicario economico”. Perkins, dopo aver fatto parte della CIA, che, come tutti i servizi segreti dei vari Paesi, ha carta libera nel compiere qualsiasi azione sia ritenuta cruciale e vantaggiosa per il proprio Paese, spesso sconfinando senza scrupoli nell’illegalità e persino nella criminalità, non regge il peso delle azioni che gli viene richiesto di eseguire e decide di vuotare il sacco. Si viene così a scoprire quante losche operazioni sono state perpetrate, nel suo caso, dal governo degli USA, naturalmente in maniera non ufficiale, ma attraverso, appunto, i suoi servizi segreti. In altre parole, sotto l’etichetta della “ragion di Stato”, il governo autorizza azioni che, se compiute da qualsiasi suo cittadino, sarebbero considerate reato e punite dai suoi stessi tribunali. Quando si dice che la legge è uguale per tutti.

Ma non sono solo i governi a compiere reati sotto mentite spoglie, quando ritengono che gli interessi della nazione siano superiori e giustifichino azioni delittuose. Oggi i governi hanno un’autonomia decisionale e operativa decisamente ridotta rispetto a quando esercitavano un’autorità davvero sovrana, come la generale spinta “sovranista” non fa che evidenziare. 

Il mondo odierno è in realtà governato da lobby finanziarie e bancarie di dimensioni sovranazionali, superiori ai singoli Stati, i quali finiscono per diventare meri esecutori dei loro programmi di dominazione. Lo stato di opacità sulle reali motivazioni dietro interventi del massimo impatto su intere nazioni, deliberate in apparenza dagli Stati, ma dietro deliberazione dei potentati banco-monetari, si estende pertanto, e in grado ben superiore, dagli apparati governativi a quei potentati. Istruttiva al riguardo la filiera di libri di un grande whistleblower nostrano: Marco Della Luna, il cui Tecnoschiavi è appena uscito in libreria.

 


Tecnoschiavi. L’ultimo libro è un’indagine sui metodi di assoggettamento di massa da parte della cricca finanziaria e l’indicazione di possibili vie d’uscita

 

Un caso a sé è costituito dal magnate della finanza George Soros, con una potenza di fuoco paragonabile a quelle dei vari servizi segreti statali. I suoi progetti sono venuti alla luce grazie all’opera di DC Leaks, che ha hackerato migliaia di documenti della sua organizzazione, la Open Society, rete di dimensioni mondiali tessuta da Soros per finanziare gran parte dei colpi di Stato degli ultimi 25 anni [VEDI], nonché di decine di ONG dedite al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, specie dall’Africa verso l’Europa, foraggiando uomini politici “di sinistra”, come il PD, sia nei partiti che nei Parlamenti, italiano ed europeo. E, mentre l’uomo è condannato per tali sue attività in molti Paesi, come Russia, Ungheria, Thailandia e Malesia (dove ha speculato pesantemente sulle loro valute), in Italia, dove affossò la nostra lira con un danno per lo Stato di 30.000 miliardi [VEDI], è riverito dal PD e da Emma Bonino (+ Europa), mentre l’Università di Bologna lo insignì della laurea honoris causa in Economia, patron Romano Prodi. Gira voce che ai primi di febbraio sia stato arrestato in Svizzera [VEDI]; ma potrebbe essere una bufala. 

Recentemente, c’è stato un episodio estremamente inquietante: il leaker non è stato questa volta un mafioso pentito o un whistleblower, ma un finanziere ai massimi livelli che non ha più retto lo stress causatogli dal doversi uniformare ad uno standard di vita che non tiene nel minimo conto né la legalità né la vita di milioni di esseri umani. A quei livelli di potere e di soldi l’impunità è la regola, e le azioni più ignobili vengono implementate col massimo cinismo e disprezzo delle norme e del dolore causato ai propri simili, che tali non sono considerati. 

 


 

Si tratta dell’ex banchiere Ronald Bernard, olandese, che, dopo un percorso di sbandamento psichico per ciò che aveva visto e concorso a fare, opta per la mossa più pericolosa in casi simili: l’intervista ad una TV olandese, registrata e divulgata (con sottotitoli in inglese) [VEDI]. Un’intervista che è in realtà una sofferta confessione, come quella di un grande peccatore in un confessionale. L’intervista culmina con la sua visibile, fortissima emozione, che quasi non gli lascia esprimere a parole l’angoscia della “prova di fedeltà” che gli viene richiesta e che non oso neppure riferire. Ciò che trapela da tutta la confessione è la sincerità, come anche ritenuto dalla maggior parte dei commenti; e sembra davvero difficile pensare che si tratti di una messinscena: a quale scopo, se non quella di incorrere in probabili ritorsioni dei circoli da lui denunciati? 

Un’ulteriore conferma della sua sincerità deriva dalle strane circostanze in cui Bernard viene trovato morto poco dopo le sue rivelazioni. Sembra qui di trovarci di fronte a metodi molto vicini, se non identici, a quelli mafiosi, con tanto di rituali di ingresso, giuramenti di segretezza, prove di fedeltà –e conseguente ricattabilità- e infine punizioni esemplari in caso di sgarro.

A commento di tutto quanto detto sinora, vorrei enfatizzare che quando un organismo, pubblico o privato, chiede ossessivamente la propria indipendenza, e correlata irresponsabilità, nel senso di non dover render conto a nessuno del proprio operato, finisce facilmente per sconfinare nell’illegalità e nell’espellere dall’organismo quanti non sono disposti ad eseguire senza domande qualsiasi cosa venga loro richiesta.

E adesso scendo nell’arena politica attuale, per ribadire innanzitutto quanto già scritto in precedenza [VEDI] a proposito dell’insistenza, anche di questi giorni, di Bankitalia nel reclamare l’indipendenza dei banchieri dalla politica, cui fa da contraltare la totale dipendenza da un organo straniero come la BCE, che decide a porte chiuse le politiche monetarie, quindi economiche, del nostro Paese; mentre non è altrettanto chiaro se lo stesso vassallaggio sia valido nel caso della Germania (e, in subordine, della Francia). 

 

La vexata quaestio della proprietà dell’oro nei caveau di Bankitalia. Dopo averla privatizzata, si è lasciato nel vago chi ne sia il proprietario: a tanto siamo arrivati

 

Se pensiamo ai danni che il sistema bancario ha causato all’Italia a partire dal 1981, quando Bankitalia si arrogò, appunto, l’indipendenza dal Ministero del Tesoro, e poi, in grande stile, dal 1992, con le privatizzazioni, a cominciare da Bankitalia stessa, e infine con l’avvento dell’euro, con l’aumento di disoccupazione e povertà, non c’è certo da plaudere quando sentiamo Visco, pur sempre un italiano, rivendicare con foga l’indipendenza di Bankitalia dal governo, dando per scontata la liceità della sua dipendenza dalla BCE, con tanti saluti alle limitazioni costituzionali alle cessioni a stranieri della nostra sovranità. 

E infine, si ribolle di indignazione al sentire da Strasburgo tanti burattini, in quanto servitori, diretti o indiretti, delle suddette lobby finanziarie transnazionali, dare del burattino al nostro premier Conte. Il paradosso è che Conte è a capo dell’unico governo, dalla caduta del governo Berlusconi nel 2011, che sta cercando di riprendere le redini della nazione, limitando al massimo le interferenze e i soprusi di Bruxelles, pur in mezzo alla furia delle opposizioni e alla recalcitranza del presidente della Repubblica, cui strizza l’occhio addirittura una dei nostri più acerrimi rivali: il presidente Macron.

 


Napolitano, enfatizzato su Wired nell’annus horribilis 2012.

Oggi il PD lo mitizza a “gigante” come statista

 

Quanto al suo predecessore, Napolitano, c’è da restare decisamente sconcertati al sentirlo definire dal PD “un gigante”come statista, se pensiamo che è proprio durante il suo lungo mandato che l’Italia è venuta riducendosi all’attuale stato di debolezza economica, anche a causa del suo deleterio attivismo nel dotarci di governi non eletti e orientati pro-banche e finanza.

Certo, l’attuale governo ha orientamenti spesso divergenti, ma è forse il minore dei mali, in quanto alberga indirizzi che si contemperano a vicenda: sarebbero forse migliori governi monocolori Lega o M5S? Io credo proprio di no. Anzi, bisognerebbe ridimensionare gli ultimi trionfi elettorali della Lega, dando più forza al M5S in quelle future, anche per arginare possibili tentazioni leghiste di tornare nelle braccia di Forza Italia. Vanto della Lega è l’aver ridotto all’osso i flussi migratori incentivati dal PD; ma sul fronte industriale ha la postura di sempre, essendo troppo improntata al produttivismo, visto come buono a prescindere. Mentre il M5S ha al suo interno una spina dolorosa: Roberto Fico, insignito di una carica sproporzionata alla sua statura politica, mentre le sue convinzioni, appiattite su quelle di PD e radicali, ne fanno in sostanza una quinta colonna delle opposizioni, in spregio all’imparzialità richiesta ad un Presidente della Camera.

 

Marco Giacinto Pellifroni                    17 febbraio 2019

 

 https://www.marcogiacinto. com 

 

 


 

 

 

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