LE FAMIGLIUOLE

 
I depliants dei candidati che riceviamo a casa
LE  FAMIGLIUOLE
Ai candidati loanensi di Buona Famiglia.
Palazzo Doria: 66 anni di storia

I depliants dei candidati che riceviamo a casa
LE  FAMIGLIUOLE
Ai candidati loanensi di Buona Famiglia. Palazzo Doria: 66 anni di storia
 

Il vetero-compagno Pistarino ce l’aveva detto:“Ti vegghiâe che i dan ô blâecche in te stradde pe’ e elesiôi.”

    “Ma no, sei il solito malpensante, non si fanno più quelle cose lì!”

Non ci volevamo credere, invece è proprio vero: lunedì 9 maggio, di primo mattino, allorquando avevamo da poco faticosamente raggiunto l’agognato sonno, ci ha da esso strappati  il  frastuono  delle macchine per il ripristino del manto di corso Roma.

 E così, per quella dolce mattinata di  questo maggio stupendo, addio dolce murmure del mare leggermente mosso, addio ruccucù delle tortorelle e acuto gorgheggio dei merli, addio voci conosciute dei soliti mattinieri passeggianti, addio salso profumo della baia loanese!  L’aspro sentor di catrame ha invaso le antiche stanze.

    D’altra parte, se è da fare, prima o poi …E comunque sono stati veloci e rateali.

Le elezioni!

Riceviamo i dépliants dei candidati con grande interesse, soprattutto quelli nuovi.  Ne promana un gaio accostarsi alla “cosa pubblica”, un che di giovanilmente speranzoso, un’evidente ingenuità dei percorsi apparentemente liberi che ci fa bene augurare perché, senza un po’ di fede in quel che si vorrebbe,  non si va da nessuna parte.

    Quel che si vorrebbe però non è molto chiaro, quasi sempre si tratta di ovvia ordinaria amministrazione, con qualche accentuazione qua e là su aspetti particolari. Ce ne sono addirittura su “ordine e disciplina”, quasi che si vivesse ora nel disordine e nel ribellismo. Siamo in un’epoca, qui da noi, di penoso conformismo e non è il caso di far tintinnar le manette.

    C’è  però un aspetto inedito, nella forma, comune a molti candidati del cosiddetto moderatismo e affini:  un richiamo concreto alla “famiglia”. Non riusciamo a ricordare una accentuazione così forte data a paternità e maternità proprie, nonché alle ascendenze dirette, in altre temperie elettorali.

Il personalismo traboccante è un luogo comune dettato dal costume dell’attuale potere politico: si privilegia apparentemente  il soggetto al gruppo di appartenenza, immettendo nella base elettorale il falso e trito concetto : “conta la persona non il partito”( poi, però, alle politiche non si possono dare preferenze, in forza della “legge-porcataCalderoli: lì non si scherza e decidono i Capi).

    La famiglia! L’esempio cade dall’alto, l’amore sviscerato per la famiglia ha condotto qualche stranoto amatore  ad averne tre o quattro .

 Ci sovviene di fatti conseguenti all’approvazione della legge sul  “Divorzio”: svariati parlamentari, che avevano durato ore a condannarlo dagli scranni di Monte Citorio, si precipitarono ai Tribunali per ottenere subito lo scioglimento delle loro unioni benedette prima che, non si sa mai, il referendum  fanfaniano non  riuscisse ad abrogare la legge.  

 Fanfani perse il referendum e gli italiani –anche a favore degli ipocriti di cui sopra- dimostrarono una maturità civile che mandò a bagno il medioevale diritto di famiglia voluto dal Vaticano.

Nauseati al linguaggio dei massimi esponenti del berleghismo, capaci solo di eruttare  ingiurie da trivio su avversari e Istituzioni, cerchiamo nei locali eleggibili delle aree centraliste una qualche consolazione: va bene, pensiamo, sono rimasti appiccicati  a quei loro guru, però li può salvare la voglia di ben fare, di darsi alla tutela dei diritti e delle aspettative della città, c’è pur sempre da definire il PUC (“qui si parrà la tua nobilitate”).

    Ma ecco che nei “santini” di propaganda di  molti candidati al Consiglio Comunale salta fuori questa novità, a scapito della tanto decantata privacy: sono la mamma o  il papà di “Pirlipì”; sono la figlia o il figlio di “Parlapà, e meno male che non si passa ai nonni. Cosa vuol dire ? Familismo puro  o piuttosto ricerca di spunti  di popolarità per  farsi individuare dall’elettore, magari attraverso le figure filiali o genitoriali più conosciute di loro in paese ?

E se uno o una fosse figlio di N.N.?  forse che,  in tal caso, non avrebbe il diritto di concorrere, come tutti gli altri, alle cariche pubbliche?

    E se uno o  una, senza  concorso di colpa,  avesse il figlio- o la figlia-  detenuto in una Casa circondariale o agli arresti domiciliari?  Cosa dovrebbe fare per stare alla pari nella gara elettorale? Tenuto conto del fatto che il Presidente del Consiglio addita la Magistratura come bersaglio politico,  in certi casi potrebbe addirittura vantarsene :

“Sono la mamma – o  il papà-  di  Cucciolotto in galera per spaccio a causa dei PM comunisti”.

Ma tutto quanto sopra non vi riguarda o impavidi candidati lodanensi di buona famiglia. Dall’alto di Palazzo Doria sessantasei anni di storia comunale repubblicana  vi guardano!

Noi  speriamo  solo che la salsa non si mangi il pesce.

     BELLAMIGO

 15 maggio 2011



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