Le due facce della medaglia

La settimana è passata. E tante vicende diverse hanno visto la luce e si sono susseguite/incontrate.
Due in particolare riguardano uomini che hanno avuto esperienze diverse. Ma accomunati casualmente, come figure istituzionali.
Spesso negli ultimi tempi ci lamentiamo per la classe dirigente in politica attiva e nelle istituzioni, parlamentari e uomini di governo. (Certo, anche donne, ma non me la sento di cambiare abitudine. Perché nel termine uomo è compresa la donna. Essere umano. Homo. Homo homini lupus, si suol dire, prendendo a prestito la locuzione di Plauto. L’uomo è lupo per l’uomo, e nessuno si è mai sognato di chiedersi se homo è un maschio o una femmina, dato che Il termine rappresenta entrambi i generi).
Chiedo scusa per la digressione e rientro nel tema.
L’uno, uomo saggio e virtuoso, l’altro sciocco stolto e sconsiderato. Così almeno appare.
L’uno ha spento la luce degli occhi e della mente, ha cessato di sentire il cuore battere. Precocemente, purtroppo.

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L’altro ha esordito nel mondo istituzionale nella maniera peggiore che si possa fare.
Solitamente siamo portati a dire che i migliori se ne vanno. Un modus dicendi che esalta il ricordo di una persona scomparsa.
Ma questa volta non è soltanto un “ca va sans dire”, bensì un apprezzamento che sgorga dal cuore. Di tutti gli italiani, anche di altro parere, anche avversari politici.
Un funerale di stato degno di un vero servitore dello Stato.
A Varese, dove nacque l’epopea del Carroccio, luogo ostile, ormai, alla mutazione movimentista del segretario, in nome del pragmatismo istituzionale di Bobo. Già ministro, già Governatore della Lombardia.
Uomo pacato e gentile, forte e strenuo difensore delle proprie idee, ma senza urlarle, senza imporle. Tutto con estrema moderazione.
Un uomo a cui tutti abbiamo voluto bene, senza retorica. E, come dicono a Varese, era uno di noi. E lo era davvero.
Nessuna attinenza con un altro uomo se non che entrambi sono, appunto, o erano, esponenti delle istituzioni.
Provo una certa riluttanza, se non vergogna, a metterli in concomitanza, ma questo voglio fare. O, meglio, in contrapposizione.
Per osservarne le differenze, non le affinità. Perché non ne trovo neppure una.
Anche l’uomo dagli stivali verdi infangati diceva di essere uno di noi, o di voi, rivolgendosi ai raccoglitori di frutta e pomodori relegati in baracche fatiscenti. Lavoratori indefessi e, pare, non remunerati, neppure con quei tre euro l’ora di cui si vocifera. Nuovi schiavi di cui fingeva essere il paladino. Molti si chiedono se ci fa o ci è, se è un gran furbone, o, meglio, un malvivente conclamato oppure, ossimoricamente, occulto.
Lui non sapeva che i suoi familiari da una ventina d’anni gestivano una cooperativa che, sotto gli occhi di tutti, schiavizzava i poveri migranti che non avevano alternative se non rimanere sotto le grinfie di una megera, casualmente pseudo suocera , dato che non si è capito bene se la compagna è anche moglie. Ma non ha alcuna importanza se non che la dichiara disoccupata. Come risulta da INPS. Parole sue.
Disoccupata ma griffata. Non che ci interessi come veste la signora, forse, come accade spesso e abbastanza nella norma, mantenuta da lui. Ma , a chi gli ha fatto notare la griffe ha espresso l’ultimo dei diritti da perseguire e difendere , rispondendo testualmente: “..ritengo che il diritto all’eleganza il diritto alla moda, è una libertà. La moda non è né bianca né nera. La moda è semplicemente umana”. Sfiorando , naturalmente di striscio, il razzismo. Sarebbe utile che chiarisse questo suo pensiero, senza capo né coda.
E lui come campava prima di entrare in Parlamento con calosce e camicia fuori dai pantaloni di sghimbescio?? Senza lavoro ma presidente di una lega pro migranti, che attendono da anni ricompensa e retribuzione, e scrittore di libri. Molto umano, sì.

Siamo garantisti e non possiamo aggiungere altro. Il futuro darà risposte.

Carla Ceretelli

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