La settimana in pillole
Calciatore dal cognome pesante
In campo con la Cremonese c’è Romano Floriani Mussolini, figlio di Alessandra e pronipote del Duce. Cronisti e tifosi in fibrillazione, social in modalità discarica. Il ragazzo indossa la maglia con scritto solo Romano (per fortuna ha evitato il Benito, l’anagrafe non perdona). E mentre in tribuna qualcuno sussurra “a quando il saluto al pubblico?”.
Leopoli, l’agguato: la morte in bicicletta
A Leopoli non servono sirene antiaeree per capire che la guerra è ovunque. Basta una telecamera di sorveglianza: un rider con lo zaino giallo, invece della pizza consegna otto colpi di pistola. Così è caduto Andriy Parubiy, uomo simbolo dell’indipendenza ucraina. A centinaia di chilometri dal fronte, la guerra si manifesta in abiti civili, con armi leggere e movenze da film noir. Zelensky parla di “agguato preparato con cura”, i servizi segreti inseguono l’ombra lunga di Mosca. Ma intanto resta l’immagine beffarda: a Leopoli, cuore dell’Europa sognata, la morte arriva in bicicletta.
Putin da Xi: abbracci a Oriente e prediche all’Europa
Abbracci e sorrisi in Cina, bombe e missili in Ucraina. Putin vola da Xi, si stringe all’“amico” di Pechino e, tra un brindisi e un monito, avverte l’Europa: «Attenzione al riarmo, la storia insegna». Un avvertimento che suona paradossale: lo zar che parla di pace mentre moltiplica i raid notturni. A Tianjin sfilano leader del Sud globale, ma il copione è sempre lo stesso: Mosca e Pechino si abbracciano, e Bruxelles resta al banco, bacchettata come un alunno indisciplinato.
Chiocci tra Tg1 e Palazzo Chigi: il doppio ruolo che agita la Rai
Notizia da manuale di acrobazia istituzionale: Gian Marco Chiocci, direttore del Tg1, in odore di promozione a portavoce di Giorgia Meloni. Lui smentisce a metà: «Sto bene qui, se mai accetterò ve lo dirò subito». Nel frattempo, imbarazzo nei corridoi della Rai e fibrillazioni politiche: il Pd chiede chiarezza, «o smentisce categoricamente o si dimetta subito». Resta il dubbio: si può fare il direttore del Tg1 di sera e il portavoce di Giorgia al mattino? Forse sì, basta solo cambiando giacca… e microfono.
Venezia, diecimila al Lido: la Palestina al centro della Mostra
Non solo cinema al Lido, ma corteo. Diecimila in marcia per Gaza, quasi quanto l’intera popolazione del Lido stesso. Famiglie, ragazzi, attori, collettivi: tutti a chiedere lo stop al “genocidio”, parola più gridata perfino di “Gaza”. Bandiere, canti arabi e slogan ordinati, senza enfasi retorica ma con la forza dei numeri. Alla Mostra che inventa mondi, si è chiesto di guardare quello reale: che la Palestina non scompaia nel silenzio.

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Banconote in volo a Gaza
Mentre l’eliminazione di Abu Obeida viene celebrata con toni da videogioco militare, i veri fuochi d’artificio non sono le bombe ma i dollari che già danzano nell’aria. Non quelli bruciati sotto le macerie, ma quelli che Blair, Musk & soci vedono lievitare nel “Great Trust”: resort, hub tecnologici, gettoni digitali e valigie di contanti per chi accetta di “trasferirsi temporaneamente”. In fondo, il conflitto si riduce sempre a questo: un bombardamento oggi, un business plan domani. I palestinesi? Reclutati come comparse: chi non muore, firma il modulo di uscita volontaria
Buon vento (ma non troppo)
Quaranta barche, migliaia di bandiere palestinesi, tonnellate di pacchi e fiumi di retorica. Da Genova a Barcellona, da Siracusa a Tunisi, è partita la Global Sumud Flotilla: la crociera solidale più affollata del Mediterraneo. Equipaggio misto: eurodeputati, attivisti, Greta Thunberg e pure Ada Colau in versione marinaio. Sul molo, slogan e applausi; in mare, il rischio di incrociare la Marina israeliana che difficilmente canterà “Buon vento”. Intanto a bordo c’è tutto: derrate alimentari, entusiasmo, comunicati stampa e la promessa che se sparisce il segnale satellitare per venti minuti, “blocchiamo tutta l’Europa”. Non resta che augurare davvero buon vento: in questa traversata tra aiuti umanitari e scenografia politica, la bandiera più grande sembra restare quella del palcoscenico.
Meloni style, edizione autunno-inverno:
1.050 giorni di governo e la premier si prepara a scalare la classifica dei “longevi illustri”, con l’ambizione di superare Craxi e puntare al podio. Nel frattempo, tra un post Instagram con cappellino patriottico “Original 1861” (Cavour ringrazia dall’aldilà) e un selfie “Giorgia una di noi”, la strategia è chiara: meno policy, più storytelling. In arrivo il “Chiocci-portavoce” e un diluvio di TeleMeloni h24. Sondaggi alla mano, campagne permanenti e faccette calibrate: più che un governo, un reality show che non finisce mai. E il Paese? Galleggia. Ma con la cintura allacciata.
Il mago del Cremlino, versione Mostra di Venezia
Jude Law ha il “volto inespressivo” di Putin. Paul Dano diventa lo spin doctor che trasforma un ex KGB in un imperatore post-sovietico, mentre il regista Assayas, attraverso Putin, racconta le derive autoritarie del nostro tempo.Trucco, parrucca e realtà-show: il Cremlino come un set televisivo. Alla fine resta la lezione universale: il potere è amorfo, si trucca bene e, quando serve, si mette pure la parrucca.
Von der Leyen vola in Bulgaria e il GPS salta per mano degli hacker russi.
Atterraggio “alla vecchia maniera”, con mappe di carta.
E noi dovremmo sentirci al sicuro?
L’Europa straparla di sicurezza, ma basta un clic di Mosca per mandare nel caos un aeroporto intero.
E intanto, milioni spesi in “difesa comune” servono solo a comprare propaganda.
Labor Day all’americana
Trump festeggia i lavoratori con un maxi striscione col suo faccione e lo slogan “American Workers First”. Peccato che, mentre lui gioca a golf e litiga con Big Pharma su X, milioni di americani scendano in piazza contro di lui e i suoi amici miliardari. Slogan dei cortei: “Workers Over Billionaires”.
Davanti alla Trump Tower spuntano i tacos: un ristorante improvvisato per ricordare che l’acronimo “Taco” sta per “Trump Always Chickens Out”. In sintesi: il presidente parla di lavoro… ma quello vero lo fanno solo i manifestanti.
Altro che sport
Collegno – Quando un padre entra in campo e decide di trasformare una partita di calcio di ragazzini in un ring da baraccone, non è più sport: è barbarie. Un tredicenne steso a terra da un adulto che dovrebbe insegnare rispetto e protezione, non i pugni in faccia. E non basta la solita indignazione di società, sindaci e federazioni: servono sanzioni vere, daspo a vita dai campi, denunce senza sconti.
Perché ogni volta che un genitore perde la testa, a perdere non è solo un ragazzino con lo zigomo rotto: perde lo sport, perde la comunità, perde il futuro.
Festival del Cinema, applausi e avvisi
Nove minuti di applausi a Venezia per Portobello di Marco Bellocchio: il racconto dell’incubo giudiziario di Enzo Tortora commuove la platea. In prima fila, il ministro Nordio che, ispirato dalla proiezione, ha lanciato un monito ai magistrati: “Chi sbaglia cambi mestiere”. Applausi anche per lui, ma stavolta solo per la fantasia: in Italia, più che cambiare mestiere, chi sbaglia fa carriera.
Il regista del Cremlino
Putin respinge le accuse di voler attaccare l’Europa: «sono solo film dell’orrore della Nato».
Strano, però: mentre lui parla di cinema, i carri armati russi girano il sequel sul campo, le bombe montano la colonna sonora e gli attori non mancano mai… cadaveri compresi.
Altro che horror inventato: questo è un documentario in diretta.
Il necrologio già scritto
«Ogni mattina leggo i necrologi, se non c’è il mio nome mi faccio la barba» diceva Emilio Fede.
Ora il suo nome c’è, e la barba può attendere. Resta la carriera: scoop veri, gaffe epiche, fedeltà assoluta al Cavaliere.
Più che un giornalista, un personaggio: metà tg, metà satira vivente
Dal revenge porn alla “pizza a domicilio”: dignità femminile svenduta online
Il gruppo “Mia Moglie” e il sito Phica.eu finiscono nel mirino delle procure: revenge porn, diffamazione, perfino foto di minori usate come figurine scambiate nel web. Un imprenditore fiorentino si difende paragonando il suo “servizio” alla consegna della pizza: peccato che qui non si tratta di margherite, ma di dignità rubata.
Trump e l’effetto Boomerang
Trump scopre che l’“art-of-the-deal” non funziona con Xi, Putin, Modi e Kim: lui porta i dazi, loro portano la parata militare. Risultato? Un boomerang che gli rimbalza dritto nello Studio Ovale. Altro che “America First”: stavolta sembra più “Trump Last”.
Anche D’Alema alla parata militare a Pechino
Un tempo leader politico, oggi venditore di vini: Massimo D’Alema non siede più in Parlamento ma tra le botti della Silk Road Wines. Alla parata militare cinese, più che di geopolitica, sembra occuparsi di degustazioni strategiche. Dalla falce e martello al calice e tappo: brindisi al Dragone.
Addio a Re Giorgio: lo stile non muore mai.
Se n’è andato Giorgio Armani, 91 anni. Re Giorgio, l’uomo che ha cucito addosso al mondo l’eleganza italiana, liberando uomini e donne dalla gabbia del vestito rigido. Con discrezione, come sempre: pantaloni scuri e maglietta blu, la sua divisa. Non un addio rumoroso, ma un sussurro di stile che resterà immortale
Patto dei Volenterosi: 26 bandierine per Kiev, ma l’ultima parola resta al Capriccio di Trump.
I Volenterosi crescono di numero: ora sono 26 a promettere garanzie a Kiev. A parole, anche truppe. Per il resto, tutti in attesa del solito ago della bilancia: Trump, che di volenteroso ha solo la voglia di far aspettare gli altri.
Putin, il bullo di Vladivostok.
Al vertice di Vladivostok il messaggio è chiarissimo: ogni soldato occidentale in Ucraina sarà un bersaglio legittimo.
Ormai le “minacce” del Cremlino sembrano un disco rotto: chiunque osi aiutare Kiev diventa “obiettivo legittimo”. Una minaccia da un paese che si sente imbattibile o una cantilena utile solo a mascherare le difficoltà di un Paese che, tra sanzioni e isolamento, si aggrappa all’intimidazione come unico linguaggio? A volte minacciare il mondo intero non è forza, è paura travestita da potenza.
Ministero dei Neet: 24,5 miliardi per il nulla
In Italia i Neet costano 24,5 miliardi, praticamente quanto una manovra finanziaria. In pratica lo Stato si è trovato un “ministero fantasma”: quello dei Giovani Inattivi. Nessuna delega, nessuna riforma, solo spesa. Ma almeno un primato lo conserviamo: mentre altrove i ragazzi cercano lavoro, da noi ci si accontenta di collezionare statistiche.
T.S.