LA PROPAGANDA RUSSA IN ITALIA

Ormai è chiaro che è in atto da tempo una studiata  operazione mediatica di propaganda filorussa in Italia, vista come il ventre molle d’ Europa, dove più facilmente possono infiltrarsi la disinformazione e la tecnica manipolatoria volta a un’opinione pubblica già predisposta, per così dire, a credere più alle cosiddette “verità alternative” che non a quelle ufficiali dei media “di regime” accusati di servilismo  nei confronti del governo in carica, considerato a sua volta servo di Whashington e quindi della Nato.

Va detto che la macchina propagandistica russa era in piena attività anche nel corso della pandemia con un sacco di bufale messe in circolazione per instillare dubbi sulla credibilità delle istituzioni italiane e occidentali. Adesso, con la guerra, sono emerse tutte le contraddizioni e l’ evidente permeabilità dell’opinione pubblica italiana alla propaganda bellica del Cremlino (basti pensare che, in base a un sondaggio condotto da Demos per Repubblica, un italiano su quattro crede che le immagini delle stragi in Ucraina siano false. Tra questi molti votano Fratelli d’ItalIa, altri Lega e alcuni Movimento 5 Stelle). Parecchie  figure filorusse erano già catalogate come tali; la novità, frutto della guerra, è il soccorso inaspettato a Putin della sinistra radicale; emblematico il caso della sezione del Partito Comunista Italiano di Zagarolo, con il manifesto che annunciava la festa locale per la liberazione dal nazifascismo mettendo in evidenza la Z , il simbolo dell’invasione russa in Ucraina. Va da sé che i comunisti di Zagarolo, e non solo, si fanno portavoce della propaganda di guerra russa: dal tentato genocidio dei russofoni in Donbass, alla responsabilità di Stati Uniti e Nato riguardo a questa guerra, alla “denazificazione”  addotta da Putin come uno dei motivi  per procedere all’invasione dell’Ucraina.

Di questa permeabilità dell’opinione pubblica italiana alla propaganda russa  se ne sono occupati anche all’estero: ad esempio Le Monde ha criticato i nostri media per lo spazio offerto a giornalisti (questi sì di regime), o meglio, propagandisti russi: ha fatto scalpore la lunga intervista al ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov; ma non capiscono nemmeno che senso abbia l’assidua presenza nei salotti televisivi di figure come l’ex professore della Luiss Alessandro Orsini o il giornalista Alberto Fazolo, convinto che l’Ucraina sia un covo di neonazisti più o meno dichiarati a cominciare dal presidente Zelensky. A questo proposito bisognerebbe chiarire una volta per tutte se faccia più gioco a Putin ospitare in trasmissione i dubbiosi, i sofisti  dediti a cercare sempre il pelo nell’uovo, i bastian contrari “a prescindere” o direttamente gli esponenti del governo russo, o magari andare in trasferta a Mosca come Massimo Giletti a supplicare piagnucolando come un bambino l’impavida  portavoce del ministro Lavrov perché si adoperi per il cessate il fuoco e per la pace, come ha pensato bene (o male) di tentare il giornalista televisivo appena citato nell’ultima puntata stagionale di Non è l’Arena, “con il risultato  – puntualizza Massimo Panarari su La Stampa del 7/06/2022 – di averci fatto assistere a una trasmissione che, decisamente, ‘Non è stata un’Arena’ ma un Circo Barnum all’ennesima potenza.

Una pagina di televisione che resterà agli annali per l’autentica insurrezione sollevata in quei settori dell’opinione pubblica che vorrebbe un’informazione documentata anziché uno zibaldone, variamente miscelato, disinformazione-disordine-informativo-spettacolarizzazione sfrenata. E che verrà ricordata per ‘effetti collaterali’ come l’indignazione di un insorgente Alessandro Sallusti che, disgustato dalle continue finestre di opportunità regalate alla peggiore propaganda del Cremlino, se n’è andato in diretta, diventando repentinamente  l’idolo (pure a sinistra) di tutti coloro che hanno a cuore la libertà e sono sgomenti di fronte alla brutalità russa. A farlo (giustamente) sbottare è stato il lunghissimo soliloquio di Maria Zakharov, la portavoce di Lavrov e teorica delle fake news come strumento di governo che si è prodotta  – in collegamento via Skype –  nel consueto repertorio di falsità, improperi e minacce contro le democrazie occidentali. E, non paga dell’allucinante quasi monologo di un’ora, si è messa pure a insolentire il malcapitato (a Mosca) Giletti, affiancata – perché gli agit-prop del putinismo sono come le ciliege per certi programmi televisivi, una tira l’altra dal ‘megafono dello zar Vladimir Solovyev (e, sorta di ‘ufficiale di complemento’, dal ‘politologo ucraino’ duramente anti-Zelensky  Vasilj Vakarov). Insomma, la missione pacifista – che qualcuno, magari con una punta di sarcasmo, ribattezzerebbe ‘pacifinta’ – si è risolta in una Caporetto mediatica”.

Un altro episodio di evidente attacco  mediatico  all’Italia da parte della Russia è stata la querela depositata in procura a Torino dall’ambasciatore Sergey Razov contro il quotidiano La Stampa, in quanto un articolo di Domenico Quirico, secondo l’ambasciatore, avrebbe istigato all’omicidio del presidente Vladimir Putin.

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La denuncia  dell’ambasciatore Razov è stata archiviata in via definitiva dal giudice delle indagini preliminari Giorgia De Palma; l’accusa ipotizzava il reato di istigazione a delinquere, escluso dai magistrati inquirenti e da quelli giudicanti. Ma questa archiviazione non è piaciuta per niente a Maria Zakharova che ha paragonato gli standard della democrazia e della giustizia in Italia a quelli del fascismo. Opinioni, si dirà, tra l’altro formulate non da una storica ma dalla portavoce del ministro Lavrov, secondo il quale Hitler era ebreo. Che opinioni sono queste? Sono le opinioni di chi vuol colpire la nostra democrazia, destabilizzare il nostro assetto costituzionale, minare la fiducia (quella che resta) degli italiani nelle istituzioni rappresentative nate dalla Resistenza contro il nazifascismo.
D’altronde, Putin non ha mai nascosto il suo disprezzo per le “corrotte” democrazie liberali occidentali né le sue ambizioni neoimperialistiche per realizzare le quali ha bisogno di intaccare l’unità europea e l’Alleanza atlantica con qualunque mezzo e ad ogni costo. Di qui la cosiddetta “guerra ibrida” fatta di minacce, di ingerenze, di attacchi cibernetici, di vere e proprie campagne di disinformazione che, naturalmente, fanno breccia dove trova meno anticorpi a difesa della verità storica. Comunque sia fa un certo effetto constatare che in Italia, e solo in Italia, il leader di un partito di governo, cioè Matteo Salvini, entri ed esca come se niente fosse dall’ambasciata russa nel tentativo di imbastire fantomatici piani di pace senza aver nessun titolo per farlo. Fa un certo effetto ascoltare le argomentazioni giustificazioniste dell’invasione di accademici come Alessandro Barbero e Franco Cardini nonché le certezze di personaggi come  Carlo Freccero e Alberto  Contri sulle stragi come messe in scena dei perfidi ucraini per incitare all’odio contro l’esercito russo e quindi contro lo zar Putin. Mah, a smontare queste ultime certezze basate sulla mancanza di prove sicure riguardo alla responsabilità delle stragi di civili in Ucraina basterebbe ricordare ai nuovi negazionisti che stanno ripetendo alla lettera la versione dei fatti fornita dal Cremlino. Se questo si chiama pensiero critico e non propaganda ditemi voi dove è andato a finire il logon didonai di socratica memoria. Ma sarebbe troppo chiedere a chi è convinto di sapere anche quello che non sa.

Fulvio Sguerso

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