LA PAGELLA

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Il nome ufficiale è “Scheda di valutazione”, ma tutti la conosciamo col suo vecchio nome: pagella. La cara, vecchia, temuta pagella, che si appresta ad essere consegnata a tutti gli studenti italiani nei prossimi giorni. Appuntamento fisso ed ineluttabile alla fine del primo quadrimestre, il confronto con la scheda di valutazione, e con tutto ciò che essa rappresenta, costituisce un momento fondamentale della vita scolastica.
Ciò vale tanto per gli studenti che per le loro famiglie, nonché per l’istituzione scuola. Proviamo allora ad analizzare l’importanza di questo momento, sia dal punto di vista dei ragazzi che da quello delle famiglie, con particolare riguardo alle implicazioni che le risultanze scolastiche possono avere concretamente nel quotidiano. La prima riflessione quanto mai opportuna, quasi mai contemplata dai ragazzi e raramente dai genitori, è in apparenza banale: la scheda di valutazione prende in esame le risultanze scolastiche e la vita comportamentale e sociale dello studente in un preciso contesto, non attribuisce “un voto” alla Persona intesa nella propria totalità. Tradotto in parole semplici, una pagella in cui prevalgono voti insufficienti esprime carenze in ambito scolastico, ma ciò non significa assolutamente che lo studente sia una Persona che “abbia minor valore” di chi ha una buona pagella, e viceversa. Il ricevere una valutazione negativa in ambito scolastico può essere vissuto come un fallimento generale, con gravi ripercussioni sull’equilibrio interiore. Il rischio di non contestualizzare l’insufficienza può seriamente inficiare l’autostima dello studente, riducendo le possibilità di recuperare le carenze evidenziate in pagella. Questa sorta di confusione contribuisce ad alimentare la crescente dissonanza di intenti che si è ormai creata tra l’ente “scuola” e l’istanza “famiglia”: sino a pochi anni or sono fedeli alleate nel comune proposito di conferire una sana e solida educazione ai giovani, ora sono sempre più spesso agli antipodi, con i genitori schierati in difesa ad oltranza dei figli e con la scuola in perenne autodifesa.

Questa riflessione ci conduce al punto focale della questione: i genitori. Di fronte ad una pagella con voti insufficienti, un genitore non può cadere dalle nuvole: il voto negativo rappresenta il culmine di un percorso durato quattro mesi, se non si sono colti segnali preoccupanti sul rendimento scolastico del proprio figlio, un mea culpa s’impone. Inutile inalberarsi con i figli o con i docenti per un quattro (o un cinque, ma, perché no, un tre od un due) se si è trascurato di controllare le singole valutazioni scritte e/od orali o se non si è mai andati ai colloqui con i professori.

Più saggio e, decisamente, più costruttivo ammettere con calma di non essere stati troppo presenti, o di aver attribuito scarsa importanza alla vita scolastica dei propri figli.

Certamente non è facile coniugare dure giornate di lavoro ed i molteplici affanni della vita quotidiana con una puntuale presenza nella vita scolastica dei propri figli, ma siccome di mezzo c’è il loro futuro, vale la pena sforzarsi il più possibile. Se la pagella è negativa, è il momento di programmare una strategia di recupero, magari facendosi consigliare dai docenti, che non sono certo stipendiati per essere considerati nemici ne tantomeno sono felici di “steccare” nessuno. Personalmente ho sposato il modello del rapporto genitore-figlio improntato al dialogo e, soprattutto, all’ascolto reciproco, per cui credo fermamente nell’importanza di mettere i ragazzi di fronte alle loro responsabilità, e, perché no, anche ad eventuali scelte. In quest’ottica, personale e criticabilissima, ci mancherebbe, ritengo importante che un genitore indaghi con discrezione e fermezza sui “perché” di una valutazione negativa direttamente col proprio figlio. A volte dietro una pagella con tante insufficienze c’è un giovane che desidera richiamare l’attenzione, o che vive un disagio che crede solo suo, o ancora un difficile inserimento nel gruppo classe. I “perché” possono essere infiniti, iniziare ad affrontarli è sempre importantissimo. Questo dal punto di vista dei genitori. E i ragazzi? In epoca di delegittimazione della scuola, di bullismo, della politica del “tutto e subito”, è difficile aprire un canale di comunicazione efficace. Il messaggio deve necessariamente partire dalla famiglia, dall’esempio. La scuola altro non è se il luogo in cui si deve studiare, si deve comportarsi bene, perché altrimenti si viene meno ai propri doveri. Sarà un pensiero retrogrado e demodé il mio, eppure è probabilmente il più costruttivo per chi si accinge ad affrontare la seconda parte dell’anno scolastico con una o più insufficienze sul collo. Bisogna rimboccarsi le maniche, ridisegnare gli impegni settimanali dedicando più tempo allo studio, cominciare a capire che ben poco viene regalato a questo mondo. Riassumendo in poche e semplici parole, l’unica vera e concreta istruzione per l’uso di una pagella con dei “no”, è quella di prendere coscienza delle proprie responsabilità e mettersi al lavoro con onestà, senza cercare inutilmente capri espiatori, tanto da parte dei genitori che dei figli, ad ogni età. Con un pensiero di riguardo a chi invece avrà un pagella piena di “si”, che in epoca di tanto decantata meritocrazia dovrebbe valere il bene più prezioso: la stima di se stessi.

Giovanna Rezzoagli Ganci

http://www.foglidicounseling.org/

giovannarezzoagli@foglidicounseling.org

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