La lezione di Roma

 
LA LEZIONE DI ROMA

Ciò che accade a Roma mi sembra paradigmatico
della situazione che vive il PD

 

LA LEZIONE DI ROMA

Ciò che accade a Roma mi sembra paradigmatico della situazione che vive il PD: c’è un Partito sano, innovativo e coraggioso che sceglie i suoi uomini migliori e gli affida dure battaglie di rigore e competenza – ed è caso di Marino, il promotore consapevole della moralizzazione al Campidoglio – e c’è un gruppo di affaristi che dentro il Pd è cresciuto fino a controllarlo sul territorio ed usa il Partito per arricchirsi: sono quelli che Marino chiama i Capibastone.

Il problema è capire se esistono altre situazioni analoghe, ovvero se anche altrove un Pd pulito e competente è soffocato da Capibastone avidi e opachi – se non delinquenziali – nella gestione della cosa pubblica. 

  

 La comprensione di tale problema è fondamentale non solo per una questione morale, ma per la sopravvivenza e la credibilità stessa del progetto politico del Partito Democratico, e probabilmente della stessa democrazia: la storia ci dice che ogni dittatura si alimenta della  immoralità di chi predica bene ma razzola male…fatti come quelli di Roma erano nell’aria, ed è probabile che tanti cittadini abbiano smesso di votare proprio perché pur non avendo notizie certe ne avevano fondato sentore.

Naturalmente il primo pericolo da evitare è il moralismo generalizzante: pensare che “sono tutti uguali” penalizza innanzitutto chi uguale non è…c’è poi una differenza oggettiva tra chi delinque consapevolmente, chi consapevolmente lascia delinquere, chi non vuole vedere e chi proprio non vede, magari per mediocrità: chi vuole  delinquere  infatti deve circondarsi di mediocrità, perché per essi  l’intelligenza è pericolosa come l’onesta.

Ci sono però anche piani diversi di intervento: le notizie di reato sono materia di Carabinieri e Tribunali ed ad essi vanno riferite (esattamente come ha fatto il Sindaco Marino già  pochi mesi dopo il suo insediamento) il resto è materia della politica, ed è la politica a dovere agire se intende sopravvivere.

C’è un disagio percepito sul rapporto tra la politica e la buona amministrazione? Direi che è indiscutibile. C’è un problema nell’elettorato del centro sinistra sul modo in cui i  dirigenti del Pd gestiscono la cosa pubblica? Anche questo mi sempre abbastanza assodato. Si posso assumere diversi comportamenti: c’è il moralismo grillino, tutto denuncia e niente proposta, c’è il silenzio, può esserci un’altra via.


 Un capitolo a se è quello del mondo cooperativo: migliaia di cooperative composte da gente per bene, operosa e onestà, finiscono inevitabilmente  per essere associate a organizzazioni di malaffare, che sfruttano il bisogno di lavoro dei più deboli e non pagano le tasse. Il danno alla memoria stessa dell’intera sinistra è enorme, nel momento i cui questo tipo di associazioni viene coinvolto il vicende di malaffare, e bisogna porsi delle domande, anche per lo stretto, naturale  rapporto che c’è tra esse e il Pd. Come non chiedersi perché non riescono a lavorare quelle cooperative che non si aggregano ai giganti del settore, siano essi la Lega  Coop o la Compagnia delle Opere? Dipenderà solo da un deficit progettuale e imprenditoriale o dal fatto di non essere dentro un rapporto privilegiato con la politica che invece gli aderenti alle grandi organizzazioni del settore cooperativo hanno? Come non chiedersi se quando una cooperativa diventa un gigante con migliaia di dipendenti, crea di fatto società satellite e occupa stabilmente un mercato – magari nell’ambito pubblico- essa esprima realmente  lo spirito originale di questo tipo di associazioni popolari? Inoltre, pragmaticamente, le recenti elezioni in Liguria ci dicono che esse non siano più nemmeno collettori di voti…

Bisogna innanzitutto parlare, e trovare soluzioni concrete. Avanzo qui alcune proposte


Un codice etico più severo. Chi ha, o ha avuto in un periodo temporale significativo (cinque anni?) ruoli dirigenziali almeno a livello provinciale nel Partito o nelle Istituzioni si impegni a non accettare alcun incarico in Enti di nomina politica.

Il Pd si faccia promotore di norme legislative e applicative che vincolino i diversi Enti a selezionare i propri amministratori attraverso graduatorie pubbliche fondate esclusivamente sul merito, a tutti i livelli.

Si crei maggiore trasparenza nella organizzazione delle carriere amministrative dietro gli uffici.

Si vigili su ogni appalto, ogni incarico professionale misurando non solo con il metro della correttezza formale, ma anche con quello della opportunità etica: sia di nuovo “la moglie di Cesare  ad essere al di sopra di ogni sospetto” .  

Giuliano Arnaldi

 

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