La fratellanza

 La fratellanza

 

 La fratellanza


 

Libertè, egalitè, fratenitè: così diceva il motto nato nella Rivoluzione francese. Quella rivoluzione e la spinta morale racchiusa in quel motto saranno un vero e proprio spartiacque della storia. A distanza di tutti questi anni possiamo trarre un bilancio di come quegli ideali siano o meno stati recepiti dall’uomo e dalle organizzazioni statali e giuridiche di cui si è dotato. Una questione balza subito agli occhi dell’osservatore odierno: mentre libertà e uguaglianza sono, in modi diversi e con connotazioni diverse, entrate a far parte della base ideale di tutti gli ordinamenti giuridici democratrici del mondo, la fraternità non ha trovato altrettanta fortuna in questi termini.

Per mettere sotto la lente di ingrandimento il concetto di fraternità riprenderò alcune considerazioni  di Jacques Le Goff, docente di diritto pubblico e presidente dell’associazione  Amici di Emmanuel Mounier.

 

Alcuni motivi

La libertà e l’uguaglianza sono concetti facilmente convertibili in diritti (lungi da essere poi altrettanto facilmente traducibili dal testo scritto alla pratica concreta nella nostra vita), mentre per la fraternità il discorso è più difficile: essa resta sul piano degli ideali e delle intenzioni più generose. Tuttavia il vero limite della libertà e dell’uguaglianza è quello di restare confinate nei diritti soggettivi. L’uguaglianza sociale si costituisce infatti comparando soggetti singoli e cercando di redistribuire e correggere in termini sociali la loro condizione. Una volta eseguita tale operazione, ognun per sé. Si torna ad essere singoli. Fino alla prossima disuguaglianza e alla prossima comparazione. La fraternità è radicata invece nella relazione, è l’anima del legame sociale e permette così di dar modo alla dinamica morale e politica  dell’attenzione all’altro e  dell’aiuto offerto. E’ un’azione comune sulla strada della giustizia che non esprime soltanto un pricipio di condotta personale, ma di guida anche per le istituzioni. Questa dovrebbe essere l’anima essenziale di una democrazia che si può spingere nella profondità delle sue amibizioni, ovvero nell’aspirazione dei cittadini ad autogovernarsi.

 

 

 

Il contributo della fraternità

Jacques Le Goff

Il contributo della fraternità

Jacques Le Goff parlando di fraternità in un’intervista, ha dichiarato che essa può “offrire un contributo attivo alla costruzione del diritto sociale su due versanti: quello dell’assistenza e della protezione sociale e quello del lavoro.” La Costituzione francese del 1848 nel suo VIII Preamobolo dice che al cuore del progetto costituzionale c’è di “assicurare l’esistenza dei cittadini bisognosi attraverso un’assistenza fraterna”. Il primo ministro Jules Dufare nel presentere la Costituzione il 7 novembre dirà che “l’assistenza riassume ormai il grande dovere di fraternità che la Repubblica ha la missione di compiere […] Per la prima volta il precetto cristiano, che ha rinnovato la faccia del mondo 1800 anni fa, diviene la base di tutto un codice amministrativo”.

Riconoscere la nazione in debito con i bisognosi, vuol dire riconoscere che essi hanno dei diritti da far valere. Una nuova generazione di diritti affonderà qui le radici: i diritti sociali. Essi all’inizio saranno il diritto all’assistenza ed al lavoro, poi all’esistenza, all’istruzione , alla protezione, alla salute ecc.ecc. Allo stesso tempo Le Goff parla di fraternità come contributo attivo di diritti in ambito lavorativo. Pensiamo anche qui alla nascita delle società di mutuo soccorso (in francese societès fraternelles) che prolungano le esperienze delle confraternite religiose, organizzando sistemi di aiuto per gli associati in difficoltà a causa della malattia o di un incidente sul lavoro. Su questa via nasceranno poi i sindacati.

Solidarietà o fraternità?

Di fatto il termine solidarietà ha pian piano scalzato il posto nell’ultimo secolo a quello di fraternità. Quali sono i motivi di questo cambio di terminologia e di contenuto? Da un lato la fraternità rimane un termine con una forte connotazione religiosa, che mal sposava il forte spirito laicista dominante del tempo, dall’altro la solidarietà ha un grande pregio per un sitema politico: può essere organizzata. Mentre la fraternità opera sulle somiglianze, sulle affinità tra “simili”, la solidarietà si innesta benissimo nel gioco delle differenze. Questa logica porterà ad organizzare il sistema delle mutue che ancora oggi rappresenta il maggior strumento “solidale” dello Stato.

Tuttavia il degrado attuale dei sistemi di solidarietà mostra come i meccanismi del loro funzionamento non corrispondono più alle istanze che li hanno fatti nascere. Chi è ancora cosciente che si tratta dell’attuazione della solidarietà? Quante volte certi meccanismi di solidarietà  finiscono per trasformarsi nell’individualismo più dispregevole (falsi invalidi, rimborsi per le malattie inesistenti ecc.ecc.)? Lo stesso Le Guff distingue poi due tipi di solidarietà: quella “calda” e quella “fredda”. Quella calda trova spazio in famiglia, negli amici e nelle associazioni. Si basa sulla non-indifferenza, l’interesse, la sollecitudine. Pensiamo ciò anche in termini concreti: la grande maggioranza dei giovani neo-laureati vive in casa e il budget di cui essi dispongono è in gran parte finanziato dai genitori. Questo tipo di solidarietà opera in un regime di prossimità che assicura un’immediatezza tanto efficace quanto gratificante. La solidarietà calda è però limitata da due fattori: l’impossibilità di ridurre la vita sociale ad un rapporto biunivoco “io” e “tu”, dimenticando tutti gli altri che aspettano un sostegno, e la dipendenza di questa azioni da scelte personali.

Al contrario la solidarietà fredda si attua mediante meccanismi di tipo legislativo e quindi impersonali: indennità di malattia, sussidio di disoccupazione, pensione, indennizzo di invalidità ecc.ecc.

 

 

 

Costituzione e sussidiarietà

 

Le modalità in cui l’istituzione si connette con le trame etico-morali della società possono essere molto differenti. La Costituzione italiana prende la strada della sussidiarietà, concetto che propone diverse sfacettature di significato, e che fu introdotto nel dibattito politico in modo compiuto dalle encicliche Quadragesimo Anno di Pio XI e Rerum Novarum di Leone XIII. Nell’articolo 118 della Carta si dice che:”Stato, Regioni, Province, Città Metropolitane e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio della sussidiarità”. Questa ha quindi il compito di regolare il dialogo e lo scambio tra il sistema di  comportamenti etici e il sistema delle norme giuridiche e dell’azione delle istituzioni. Si traduce in questo modo l’idea che un ordinamento democratico che voglia seriamente perseguire i valori di solidarietà e inclusione sociale, debba attingere ad un serbatoio etico e appoggiarsi così all’organizzazione sociale composta da comportamenti interpersonali fraterni e solidali.

 

 

 

Esser come fratelli

 

La fraternità parte da una condizione: essere come fratelli. In origine vi è quindi un legame. Il legame non nega la libertà della persona, ma ne rende possibile la conquista, a condizione che sia pensato e strutturato sull’autonomia della persona, altrimenti sarebbe un guinzaglio. Chi è l’altro per me? Ecco la domanda fondamentale a cui rispondere per poter parlare di fratellanza. Se esso è un ostacolo alla mia realizzazione, se esso è un concorrente da battere, se esso è un contendente al mio posto di benestante…allora sarà difficile vedere nell’altro il fratello.

Parlare di fraternità oggi è purtroppo assai complicato, siamo nell’epoca di internet e dei social network, abbiamo un’idea dell’altro e del rapporto con lui molto deviata e molte volte deresponsabilizzata da queste nuove vie di comunicazione. Il consumismo in cui vive la nostra società ci porta ad un isolamento quasi come conseguenza naturale dell’esistenza, venendo così a mancare sia i luoghi che i modi in cui riconoscerci “fratelli”.

 

 

Conclusioni

Abbiamo visto come uno dei concetti più alti e fondanti del vivere insieme, abbia grandi difficoltà sostanziali ad essere declinato giuridicamente e come, tuttavia, esso sia la base per una reale possibilità di convivenza tra liberi ed eguali. Ciò ci può dire due cose molto importanti: la prima è che la legge ha dei limiti oggettivi, il secondo concetto che possiamo dedurre è invece che dove la legge non può arrivare, ci deve condurre l’etica, ossia la verifica di una spiritualità che possa farci leggere nell’altro il nostro fratello a cui “fare il bene che vorrei fosse fatto a me” (Dichiarazione dei diritti dell’uomo o Vangelo…a seconda delle sensibilità).

GIORGIO MASIO

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