La famigliola
La mia mamma di dice sempre che sono nata assieme al Muro, solo lui è cresciuto molto più in fretta di me e, pur avendo la stessa età, i suoi anni sembrano molti più dei miei.
Dalla mia finestra osservo spesso oltre il Muro anche se lei non vuole. Dice che non si sa mai quel che potrebbe succedere e che potrei spaventarmi a morte assistendo ad un omicidio, ma di là ci sono la nonna e lo zio Peter. Trascorro le ore alla finestra con la speranza di scorgerli, almeno da lontano. Non li posso vedere spesso purtroppo. Posso trascorrere con loro solo pochi giorni all’anno anche se spenderei volentieri i cinque marchi custoditi dal mio salvadanaio pur di poter comprare un altro lasciapassare e andare dalla nonna. Mi ripete sempre che sono stata proprio una birichina a voler nascere in anticipo, poi mi stringe forte, mi bacia, mi scompiglia un po’ e con gli occhi lucidi mi dice che è stata la mia fortuna e che avrebbe voluto essere anche lei così lungimirante. Zio Peter invece non è stato molto felice della mia nascita. Lui e i miei genitori, la sera del 12 agosto erano andati al cinema assieme. La mamma quel giorno era stanca ma non voleva rinunciare al film, in fondo era sabato e nel film recitava la sua attrice preferita:Grace Kelly. Avrebbe potuto riposarsi il giorno dopo. Mi raccontano che io avevo cominciato a farle il solletico proprio tra il primo e il secondo tempo così, mentre i miei genitori correvano all’ospedale, lo zio era stato spedito a portare la notizia del parto imminente. Nacqui all’alba quando ormai più nessuno poteva attraversare la Betnunienstrasse. Noi restammo a Berlino Ovest, la nonna e lo zio in quella Est. Ecco perché la nonna mi vuole un gran bene e lo zio un poco di meno.
A Natale, per farmi perdonare, chiedo sempre a Santa Claus di portargli dei dischi. Zio Peter vorrebbe quelli dei Rolling Stones ma la mamma non può accontentarlo. Libri e dischi sono doni proibiti. Forse i soldati controllano tutti i regali e nulla può sfuggirli; neppure se viaggia su di una slitta trainata da renne e zio Peter si deve accontentare di ascoltarli alla radio. L’anno scorso però lo abbiamo reso ugualmente felice: gli abbiamo regalato un bel giubbino di pelle; erano anni che lo desiderava.
Oggi osservavo il Muro con più attenzione del solito e ho scorto un nido di picchi. Quando l’ho detto a papà lui si è messo a ridere “Pensa un po’. Il grande baluardo che si sgretola sotto il becco degli uccellini. In fondo non c’è da stupirsene, già qualche anno fa il vento ne aveva fatto crollare ben dodici metri! Non appena se ne accorgeranno interverrà di sicuro una squadra per ripararlo.”
“Ripararlo? Cosa faranno?” gli ho chiesto incuriosita. Lui mi ha spiegato che molto semplicemente arriverà un muratore e riempirà le crepe del calcestruzzo oppure una ruspa abbatterà quel settore e lo sostituirà con nuove lastre di cemento.
“E gli uccellini?”, ho chiesto preoccupata.
“Voleranno via”, ha risposto semplicemente.
“Sì, ma i piccoli?”
“Ne nasceranno altri la prossima primavera”.
A quel punto è intervenuta la mamma. “Jutta, a letto. Si è tardi ormai.”
Non è proprio che sia facile riuscire a dormire questa sera. Il pensiero dei picchi non mi lascia stare. È come se si fosse insinuato nella mia testa, anzi, proprio come loro continuassero a becchettarmi la mia povera testa. Mi piacerebbe salvarli ma come? Non posso andare dall’altra parte, non posso portarli via.
Chissà poi se i Vopos me lo permetterebbero, forse sì. In fondo gli uccelli volano di qua e di là non si sa dove hanno il nido. Forse per loro Berlino è solo una città come tutte le altre, senza cacciatori.
Non ho mai sentito che Vopos sparassero in aria.
La famiglia a cui mi sono è ispirata a quella di Peter Fechter. Peter il 12 agosto 1961 era in visita dalla sorella, Liselotte Muller. Aveva deciso di rientrare dalla madre malata portando con sé la nipotina Jutta con la promessa di riportarla il lunedì mattina; invece il muro li separò per sempre. In una delle ultime lettere scritte a Liselotte inserisce un “P.S. Non riesco a comprarmi una giacca di cuoio. I negozi che le confezionano esigono che il cliente fornisca il cuoio”.
Anche il crollo di parte del Muro è realmente accaduto nel il 20 gennaio 1967. [1]
La data di nascita della protagonista non può coincidere con quella del Muro, è stata una mia licenza poetica. Per il resto la storia è vera, una famiglia di picchi nidificò realmente nel muro nel Giugno 1979. Il loro salvataggio è raccontato da una bambina ad un giornale berlinese. Dopo aver appeso un cartello con la preghiera di salvare la nidiata, come disse lei, il miracolo avvenne. I Vopos fermarono i bulldozer e sospesero i lavori di ristrutturazione che prevedevano l’abbattimento e la ricostruzione di quella parte di Muro.
La storia viene riportata da Tito Sansa. [2]