la crisi economica

Pensiero di una tra tanti

 Pensiero di una tra tanti

Ora che la crisi economica è diventata tangibile per tutti noi, con ripercussioni diverse su ciascuno, ovvio, ma palesemente tangibile per tutti noi, ebbene. Ora si arriva al dunque. Il dunque in questione viene definito amaro, doloroso, magari tra commozione e dispiaceri.

Lungi dall’essere una crisi psicologica, casomai morale ed etica, se vogliamo mantenerci sull’astratto, ma psicologica proprio no, la crisi concreta la pagano i soliti noti, ovvero coloro che, nel bene o nel male cercano di rispettare la legge e le regole del vivere civile, lavorando, se hanno la fortuna di avere un lavoro, o comunque adoperandosi per vivere onestamente

 Da profana, da persona concreta che sa cosa vuol dire fare i conti con la perdita del lavoro senza santi in paradiso o diavoli all’inferno cui rivolgersi, da donna testarda che comunque mai si è rivolta ne mai si rivolgerà ne a dio ne al diavolo, rifletto su tutto quanto emerge in queste settimane e mi pongo una domanda cui vorrei tanto qualcuno rispondesse: dove è finito il buon senso? Non serve aver studiato tanto per capire che il buon senso impone di fare il passo secondo la gamba se non si vuol finire a terra. Basta avere un figlio cui sperare di poter garantire un futuro migliore del tuo, basta avere una famiglia da gestire, ne più ne meno di un bilancio d’azienda, per capire che non ci siamo proprio.

A nessuno viene in mente che bastava rendere obbligatoria una certificazione tipo ISEE per tutti, non solo per chi deve accedere a benefit sociali, per appurare con più esaustività la situazione economica reale di ciascuno, su cui modulare poi le varie imposte? No certo, era troppo complicato. Eppure, rendere obbligatoria una simile dichiarazione prevedendo al contempo sanzioni molto salate per chi dichiara il falso, sarebbe a mio avviso stata una utile proposta. Modulare IMU, TARSU, IRPEF, su tale certificazione avrebbe reso più giusta l’imposta. Anche eliminare l’uso del contante, o limitarlo fortemente sarebbe servito. Anziché tassare ancora i conti correnti e le forme di risparmio, sarebbe stato più utile far pagare una tantum tipo 30 euro e eliminare le commissioni sui bancomat, obbligando in tal modo ad usare la tessera per ogni transazione. Solo in questo modo si può eradicare, perché combattere non serve a niente, l’evasione e l’elusione fiscale, con buona pace di chi froda quotidianamente ciascuno di noi. La riforma delle pensioni poteva contemplare anche un controllo sanitario che servisse a verificare e certificare le condizioni di salute di chi, magari a 60 anni, sarà costretto a lavorare per altri sei o sette anni.

 Esiste una bella differenza tra chi svolge un lavoro manuale o un lavoro d’ufficio: si invecchia diversamente e diversa è l’aspettativa di vita. Introdurre penalizzazioni per chi adotta stili di vita insalubri quali il fumare o assumere sostanze stupefacenti o essere alcolisti, incide negativamente sulle aspettative di vita ma per propria responsabilità, per cui sarebbe corretto che si penalizzassero tali condotte. A chi può obiettare che queste proposte implicherebbero cambiamenti drastici nella vita quotidiana, rispondo che se non si cambia ora, presto sarà davvero tardi. Il vero cambiamento dovrebbe essere morale, attenzione però: non la morale cattolica che permea la nostra società di manierismo bigotto, quello che per intenderci esenta dal pagamento dell’IMU la chiesa. Io parlo di una morale molto più severa: quella individuale, quella che ti obbliga alla sera a non farti sconti, per essere una persona, si spera, migliore l’indomani. Questo, a mio avviso, serve a battere la crisi: cambiare il nostro modo di vivere, moralmente e materialmente, riscoprendo il coraggio delle proprie idee e la coerenza di viverle, anche esponendosi in prima persona.

Giovanna Rezzoagli Ganci

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