La Cappella della visitazione

LA CAPPELLA DELLA VISITAZIONE
DEL SANTUARIO DI SAVONA

RIFLESSIONI SUL PRESENTE E SUL FUTURO
(Diciasettesima parte)

 Dopo aver lungamente discusso e meditato sui temi dell’armonia ambientale del torrente Letimbro (e della valle che lo abbraccia) ed, ovviamente, sugli squilibri, indotti a quest’armonia, dall’attuale modo di produrre e di consumare dell’intera nostra collettività, inizieremo, oggi, a proporre ai nostri carissimi lettori, alcuni articoli dedicati alle bellezze artistiche storiche e paesaggistiche della valle del Letimbro, cercando di evidenziare il loro alto valore storico e culturale.

Siamo, ovviamente, disponibili alla discussione ed al reciproco confronto, nello spirito di una serena volontà per giungere ad un corretto confronto di idee e di opinioni.

 Il primo articolo a firma di Aldo Pastore, porta la data del 12 dicembre 2006 ed è così intitolato:

LA CAPPELLA DELLA VISITAZIONE DEL SANTUARIO DI SAVONA

Agli affezionati lettori, particolarmente sensibili alle bellezze artistiche della nostra città, consiglio di fare visita al Santuario di Nostra Signora della Misericordia; lì, potranno trovare ed ammirare numerose opere d’arte, tutte meritevoli di grande interesse.

In particolare, però, invito tutti quanti a soffermarsi e meditare sul significato artistico, storico e spirituale della meravigliosa decorazione marmorea della Cappella della Visitazione, collocata nel terzo sito della Navata di Sinistra della Basilica.

Sul lato destro della balaustra, che introduce alla Cappella, è possibile notare una piccola targa indicativa, riportante la seguente dizione:

CAPPELLA DELLA VISITAZIONE  

ALTARE DI GIAN LORENZO BERNINI

AUTORILIEVO DI MATTEO BONARELLI

Si tratta di un’opera architettonico – scultorea, che si differenzia profondamente dalle prime due che la precedono nella stessa navata, vale a dire: 

– La Cappella dell’Annunciazione, con dipinto attribuito ad Andrea Semino

 e

– La Cappella dell’Adorazione dei Pastori, caratterizzata da un dipinto, opera di Bernardo Castello, risalente al 1610.

Ad un primo e superficiale esame, l’interesse del visitatore si concentra, soprattutto, sui volti e sull’aspetto fisico dei personaggi, rappresentati  nella decorazione marmorea (la Madonna, S. Elisabetta e S. Zaccaria); si rimane, infatti, sconcertati, oltre che dalla bellezza dei volti, davanti alla perfezione anatomica delle mani delle due donne, che si stringono tra loro, al centro del complesso, e sulla straordinaria ricchezza della trama delle soffici pieghe delle loro vesti e delle naturali ondulazioni dei loro tessuti.

Ma, ad un esame appena più approfondito, si può notare che le figure scultoree, sopraccitate, sembrano allungarsi alla nostra visione, con raffinata eleganza ed, addirittura, sembrano staccarsi dagli archi loggiati, situati posteriormente; si riceve una sensazione fisica di “pausa spaziale”, che si viene a creare tra le figure in primo piano e lo sfondo; questa ” pausa” assume, in realtà, un’importanza scenica straordinaria, perché viene a circoscrivere l’intimo raccoglimento, in cui si svolge l’incontro tra la Madonna e S. Elisabetta.

Nasce da questa ulteriore sensazione, la ricerca, da parte nostra, dell’introspezione psicologica dei personaggi, presenti sulla scena marmorea; ed allora, noi tutti veniamo a conoscere i sentimenti (soprattutto delle due donne), il loro contestuale modo di sentire e di pensare e la metafisica sublimazione della loro intima spiritualità.

Ed, a questo punto, noi tutti sentiamo il bisogno istintivo di chiederci: “Come è possibile far nascere ed emergere, da una materia dura e fredda come il marmo, non solo le sembianze fisiche degli esseri umani, ma anche la loro indole psicologica e, soprattutto, la loro alta e profonda concezione etico-religiosa?”

Lascio la risposta ai nostri amici lettori; ma, dopo queste mie sensazioni e relative riflessioni, qualche lettore potrà osservare:

“Perchè, Aldo Pastore ha inserito questo accertato, splendido gioiello negli Angoli Dimenticati di Savona?”

La risposta è relativamente semplice e può sintetizzarsi in un unico concetto: non si tratta di un Angolo Dimenticato, ma, unicamente, di un Angolo Sconosciuto della città; mi riferisco, in particolare, alle origini di questo capolavoro, alle sue peripezie storiche ed, infine, all’ insoluta diatriba sull’identità del suo Autore o dei suoi Autori.

Cercherò, allora, in sintesi, di fornire alcune notizie storiche sull’ argomento, (avvalendomi di numerosi e pregevoli testi consultati in proposito) e di indicare i più accreditati Autori all’ intero complesso marmoreo.

NOTIZIE STORICHE

– La decorazione marmorea della Cappella della Visitazione, con la relativa pala ad altorilievo, inserita sopra l’ altare, venne  commissionata a Roma da Alessandro e Giovanni Battista Siri, al fine di dare  degna sepoltura al fratello Gio Stefano, Vescovo di Sagona in Corsica, morto, a soli trentatre anni, nel 1635.

– L’ assegnazione della Cappella alla Famiglia Siri è dettagliatamente descritta da una serie di documenti, concernenti le deliberazioni degli Anziani, in data 29 aprile, 30 aprile e 18 agosto 1636; nell’ ultima consultazione del 18 agosto, la scelta cadde definitivamente sulla Cappella della Visitazione e si autorizzò la Famiglia ad erigere il monumento funebre.

– E’ certo che i lavori per l’intelaiatura architettonica dell’ altare erano in corso nel 1642, poichè, in tale data, Giovanni Battista Alberti così scriveva:

” si vanno hora preparando finissimi marmi lavorati e portati da Roma per dar l’ultimo ornamento a detta cappella, che dovrà riuscire, per ogni parte, magnifica e sontuosa.”

– Da questa data (1642) inizia il periodo oscuro ed avaro di notizie sulla sorte del complesso marmoreo; questo vuoto storico perdurerà sino al 1665.
Le motivazioni di questo vuoto sono molto chiaramente delineate nel contesto della pregevolissima pubblicazione ” La Madonna di Savona” (pag. 217), edita da Marco Sabatelli Editore, nell’ anno 1986:

” Una serie di congetture sono già state formulate dal Mezzana (Corrado Mezzana: nota del sottoscritto) per spiegare il procrastinarsi del completamento dell’ altare, non escludendo quella di un’ interruzione dovuta al dissesto finanziario della Famiglia Siri, cui subentrò, nel giuspatronato della cappella, la famiglia Gavotti, che con i Siri era imparentata, avendo Alessandro Siri sposato, nel 1640, Aurelia Gavotti.”

Recentemente, però, (ottobre 1990) la Dott. Eliana Mattiauda, nel corso di lunghe e laboriose ricerche, avvenute presso l’ Archivio Opere Sociali N. Signora di Misericordia ed autorizzata dal sottoscritto (in allora: Presidente dell’ Ente), è riuscita a rinvenire una Supplica (datata:1663) del Magnifico Gio-Battista Siri inviata agli Illustrissimi Protettori della S. Casa di N. Signora di Misericordia; nel contesto della supplica, viene fatta piena luce sulle motivazioni del pluriennale ritardo. Riporto la parte fondamentale di detta supplica: 

“Resta imperfetto nella Chiesa di N. Signora di Misericordia l’Altare della Visitazione di N. Signora per mancamento del quadro di bassorilievo di marmo che si trova in Roma appresso li eredi di Matteo Bonicelli [sic] scultore al quale furono dal Giobatta Siri pagati scudi 330 moneta romana aconto delli scudi 400 che restarono d’accordo di pagarlo per il lavoro della scultura di detta Visitazione; fu fornito dallo scultore mentre visse, il detto lavoro fuori che la testa di N. Signora, havendo il Sig. Cav. Bernino che fece il disegno dell’Altare e del Quadro, dato intenzione di fornire la testa a modo suo; hora essendo morto il detto Matteo e restando creditori li suoi eredi di scudi 70 moneta per compimento delli scudi 400, e non havendo presentemente il detto Giobatta comodità di pagare li scudi 70, e di spendere quello [che] bisognerà per far fornir la detta testa e far condurre in Savona il detto quadro, supplica le Signorie Vostre Illustrissime, di aiutarlo a finir quest’opera senza perdere la spesa già fatta fino al presente, che col marmo ascende alla somma di scudi 480 moneta ro­mana, col dare ordine che siano pagati in Roma alli suddetti heredi li scudi 70 moneta, e tutto quello che bisognerà spendersi per perfettionare l’opera, obbligandosi il detto Giobatta di rimborsare la Santa Casa di quello [che] bisognerà spendersi per detto effetto.”

– Come risulta da altri documenti rinvenuti dalla Dott. Eliana Mattiauda, nel mese di settembre dello stesso anno (1663), Filippo D’ Aste, procuratore del santuario a Roma, provvedette al puntuale pagamento agli eredi del Bonarelli e, nell’ anno 1664, lo stesso Filippo D’ Aste annotò l’avvenuto pagamento di scudi trentacinque a Carlo Antonio Magnini ” per sua mercede per avere finito la testa di N. Signora”.

E’, tuttavia, doveroso precisare che, a giudizio di molti esperti il Magnini non era un artista-scultore, ma, semplicemente, un “marmorino”, vale a dire un imprenditore del settore marmoreo.

– Da quel momento, il Magnini si prese cura dell’ opera e provvedette a farla mettere in una “cassa fatta d’arbuccio”.

– Il rilievo marmoreo, così imballato, rimase, fino ai primi mesi del 1665, presso il Magnini; lo stesso si prese cura delle spese “per il tiro sino in barca” e di quelle doganali e per l’imbarco.

– Successivamente, il Magnini venne sostituito da Filippo D’ Aste, che provvedette, personalmente, il 23 marzo 1665, a caricare, alla Ripa Grande di Roma, sopra una tartana, “nominata la Madonna Santissima di Savona e S. Antonio da Padova”, la cassa ” ben inchiodata, contenente il bassorilievo (sic), destinato per la Chiesa della Madonna di Savona”.

– Il giorno 16 aprile, la cassa venne fatta sbarcare nel Porto di Savona, mediante l’utilizzo del “pontone”, cioè di una specifica imbarcazione attrezzata con potenti carrucole. Durante la stessa giornata, si iniziò la costruzione della “leza”, ossia di un tipo di traino rustico, privo di ruote, che veniva trainato dai buoi e fatto scivolare su traversine di legno, disposte di volta in volta.

– Il carico, trainato da ben cinque coppie di buoi, partì dal porto ed, attraverso il borgo di San Giovanni, arrivò alla Chiesa di Santa Teresa (ora distrutta) e, quindi, alla borgata di Lavagnola, dove aveva inizio la lunga e dissestata strada, in salita, per il Santuario. 


A destinazione arrivò il mercoledì 22 aprile, dopo una settimana dallo sbarco.

Di particolare interesse è l’ultima testimonianza, rintracciata dalla Prof. Eliana Mattiauda, dove Camillo Gavotti, per conto dei Protettori del Santuario, segnala, con estrema minuzia, tutte le spese sostenute per il difficoltoso scarico della pesante scultura e per il suo trasporto sino al Santuario.

AUTORI DELL’ INTERO COMPLESSO MARMOREO

La dizione, riportata nella targa indicativa e citata alla pagina 1 di questo mio articolo, corrisponde a verità.

Infatti, l’ apporto decisivo, fornito da Gian Lorenzo Bernini e da Matteo Bonarelli, alla nascita ed alla successiva elaborazione dell’ opera, è, a mio modo di vedere, indiscutibile. Ne sono testimonianza diretta:

1) La supplica ( precedentemente citata) di Gio Batta Siri, la quale indica nel Bernini l’ Autore del disegno dell’ Altare e dell’ intero Quadro; inoltre, il Bernini viene considerato come l’ autore della testa della Madonna, in quanto questo insigne artista ” intendeva crearla a modo suo”; nella Supplica, infine, il Matteo Bonarelli ( erroneamente denominato Bonicelli) viene indicato come l’ esecutore  finale del lavoro scultoreo complessivo;

2) Gli studi approfonditi di A. Nava Cellini ( testo: Ipotesi sulla Medusa Capitolina e sulle probabili teste di G. L. Bernini) hanno evidenziato che ” era abitudine del Bernini partecipare personalmente al completamento delle opere da lui prodotte, ma eseguite dai collaboratori”; in proposito, F. Baldinucci nomina ” quindici teste, destinate in diversi luoghi, nell elenco delle produzioni berniniane”;

3) La cronaca dettagliata dell’avvenimento del 1665, fatta dal Lamberti:

“In questo anno, fu eretta l’ancòna di marmo de’ Siri savonesi (scoltura fatta per mano del cavalier Bernino in Roma, scultore de’ nostri tempi eccellentissimo) nella loro cappella della chiesa di N. Signora di Misericordia”;  

4) Nel testo: ” Vita del Cavalier Gio Lorenzo Bernino (Firenze 1682)”, F. Baldinucci inserì l’ opera architettonico – sculturea della Cappella della Visitazione nell’ elenco di opere del Bernini, definite ” miste” ( di architettura e scultura).

Il mio articolo termina a questo punto; mi auguro semplicemente di aver fornito un contributo storico e culturale alla città e, nello stesso tempo, di aver posto le premesse per un diverso modo di concepire la politica turistica.

Un grazie profondamente sentito ad Eliana Mattiauda, per quanto a fatto e per quanto sta facendo per la nostra città

8 dicembre 2016

 

 ALDO PASTORE

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