Isole invisibili: l’ultimo disco di DECA
Isole invisibili
L’ultimo disco di DECA
|
Isole invisibili L’ultimo disco di DECA Dopo una pausa discografica di quasi tre anni, imprevedibilmente Deca nel marzo scorso pubblica un’opera incentrata esclusivamente sul pianoforte, facendo riaffiorare con determinazione la sua vocazione delle origini, che è quella di pianista-compositore. Pur non avendo mai del tutto trascurato questo strumento “nobile”, visto che a tratti compare in modo anche evidente in alcuni suoi lavori di musica elettronica e ambient, è con “Isole Invisibili” che il suono inconfondibile del piano diventa totale protagonista. Quindici tracce eseguite su uno o due pianoforti, registrate in studio in pochi mesi, con una resa acustica ineccepibile e uno stile di esecuzione pulitissimo; tale da poter spiazzare tutti coloro che da ormai tre decenni conoscevano e apprezzavano l’artista d’avanguardia abile nel tessere trame futuribili e nell’elaborare voci e rumori ai limiti del possibile. Sulla tastiera del piano Deca scivola via ora intimistico, ora imperioso, rifacendosi al minimalismo contemporaneo e al romanticismo più classico, ma con una vena dominante che rimarca il suo stile tipico, anche se apparentemente lontano da quello che troviamo nei dischi più sperimentali. Contemplazione e malinconia, come dichiarano ben due titoli della corposa tracklist (“Malinconie di maggio” e “Malinconie di settembre”)… i temi dominanti dell’album sembrano rispecchiare una natura interiore che dipinge paesaggi dell’anima, piuttosto che orizzonti geografici. Anche nei passaggi più impetuosi e martellanti, resta tangibile un sottofondo emotivo discreto e sussurrato, che ben si manifesta nell’immagine della copertina, metafora visibile di stati d’animo inevitabilmente poetici (i rami spinosi, il cielo algido del crepuscolo, il sole appena intuibile). Deca si mette in gioco dopo trent’anni di carriera in continua evoluzione e riesce a dire qualcosa di inatteso e di nuovo utilizzando una via che per altri artisti è la norma, per lui è l’eccezione. E proprio per questo lo pone lontano dalle correnti più sfruttate della musica pianistica divenuta un vero prodotto per le masse. |