In ricordo dell’artista Franco Bruzzone
E’ con profonda tristezza che abbiamo letto della scomparsa ieri del Maestro novantenne Franco Bruzzone, importante pittore della nostra contemporaneità e frequentatore assiduo delle Albisole e degli artisti savonesi-albisolesi. La dottoressa Silvia Bottaro Presidente dell’associazione culturale Renzo aiolfi lo conosceva molto bene e ha recensito molte sue mostre.
Ecco sotto un testo che tempo fa aveva dedicato a lui:
“La Regione Liguria e il Comune di Spotorno hanno organizzato recentemente una mostra dedicata al pittore Franco Bruzzone. Questa esposizione ha offerto la possibilità al pubblico di visionare, in modo organico, trent’anni di lavoro di questo Artista presentandoci una mostra molto curata ed attenta a farci capire i vari passaggi, le varie decodificazioni, fino ad arrivare a cogliere con lucidità il sottile significato del nostro linguaggio interiore.
Franco Bruzzone è un pittore “avaro di mostre”, tutto teso al suo lavoro, intenso e coerente, di sviluppo di una ricerca che dal segno arriva al simbolo.
Il passaggio dalla visione surrealista-organica (1958), dove il segno era caratterizzato da un forte automatismo, attraverso numerose fasi, porta il nostro Pittore ad accedere a forme di dialogo, di racconto più organico e libero. L’accentuazione del grafismo diventa peculiare. Ecco forme particolari, nitide, misteriose, sottili come ostie e proprio per questa simbologia, forme magiche, oniriche.
Alcune carte hanno come titolo “Sequenza”, “Elementi” (sono entrambe del 1971) e rimandano (la prima) ad una successione di fenomeni e di operazioni che diventano canto, ma è anche una sequela non interrotta ed ordinata di cose. La seconda, invece, mette in risalto la parte essenziale di una cosa, un fattore, un requisito fondamentale e, nello stesso tempo, una forma semplice costituita da una sola specie di atomi con caratteristiche distintive ma che implica, quali “elementi”, i principi fondamentali di una scienza, di un’arte e, rifacendoci alla etimologia greca del termine, una serie di lettere dell’alfabeto. Queste due opere ci forniscono tutti i dati necessari per cercare di introdurci nel linguaggio di Bruzzone.
Tali forme larvali sono atemporali e senza dimensione, sono cosmiche e relative al contempo, mutano in continuazione sia nella loro forma sia nella relazione con le altre forme e partono da una traccia minimale della matita per chiudersi in forme geometriche divenendo progetti in fieri, di altre forme o ricordi, oppure frammenti di altre cose. Tutto si svolge nel breve attimo dell’accadere: l’avvenire per caso rende ancora più interessante la successione degli avvenimenti che tornano ad essere indistinti, così come nella parola le vocali con le consonanti, in questo modo pure i segni che si scompongono in impronte vaghe. Mi pare molto interessante in Bruzzone questa sua ricerca interiore sul segno ed il simbolo. Nello sviluppo del linguaggio la lallazione rappresenta il primissimo momento espressivo, nel dialogo il segno è ogni impronta visibile lasciata da qualcosa o qualcuno per distinguersi, per comunicare, è il modo più antico per indicare qualcosa. Il segno è allo stesso tempo simbolo di riconoscimento (sintomatico è il segno a forma di croce tracciato dagli analfabeti in luogo della firma), è “mettere insieme” un “indizio” di sé. Il segno è, però, anche limite, è poi vessillo, bandiera di un gruppo, di una idea, è segnale di avvertimento, è linguaggio gestuale, è un fatto da cui dedurne altri, è un “marchio” di proprietà, di appartenenza.(….) Ogni opera di Franco Bruzzone corrisponde ad un suo interrogativo e ci mostra il processo conoscitivo attraverso il quale si arriva, o meglio si cerca di pervenire, ad una risposta interrogando se stessi e ponendosi in relazione con gli altri e gli accadimenti del mondo. In tal modo emerge la sua lucida coscienza critica. Tale lavoro è molto sintetico e strutturale nel contempo e ci presenta, inoltre, proprio il divenire del segno come simbolo e ne mette in risalto il collegamento esistente tra l’individuale e l’universale. Questa è la genesi delle sue figure prismatiche, con evidenti processi dinamici, configurazioni anche poligonali dove variazioni minime, appena percettibili, evento dopo evento, vanno a scalfire il DNA originale: opere di capillare, carnale ed intima “ingegneria genetica”. Simili forme, che rappresentano la realtà con immagini, hanno un alto gradiente contenutistico e si può datare con i “Cartigli per il Sassetta” (1980) il nuovo significato di “cosa presente” e non di cosa riprodotta: queste figure, oggetti, immagini assumono il passato come simbolo e metafora. Tali carte sono, inoltre, eccezionali ed inusitati spartiti musicali dove il vuoto, la pausa tra le note, si colora di musica ed i segni sono i simboli musicali leggibili in orizzontale ed in verticale, ovvero contrassegni che per coglierne la giusta lettura debbono tramutarsi in effetto acustico. Anche gli elementi cromatici ci regalano timbri, sonorità e sfumature ed intonazioni disparate: i gialli solari sono antichi come i mosaici bizantini, i verdi metallizzati e marci hanno echi dal mito della macchina e dall’inquinamento ambientale, i viola-indaco ci rammentano cieli incontaminati e siderali, gli ocra ci ricordano i miti andini.(…).”
Silvia Bottaro (Presidente dell’Associazione culturale Renzo Aiolfi di Savona)
Da “Liguria”, anno 54, n. 10, ottobre 1987, Savona.
Una sua peculiare opera.
Senza titolo