Il volto della memoria (Trentesima parte)

IL VOLTO DELLA MEMORIA  (Trentesima parte)
UNA CRISI SENZA PRECEDENTI
NEL MONDO DELLA SCUOLA

IL VOLTO DELLA MEMORIA
(Trentesima parte)

In data 17 Maggio c.a., è comparso sul QUOTIDIANO “IL SECOLO XIX” pag. 19, un articolo, per molti aspetti, sconvolgente, così intitolato:

DISPERSIONE SCOLASTICA SEMPRE PIÙ SU: 12 PER CENTO

VOTI SCADENTI E DISAGIO FAMILIARE LE CAUSE D’ABBANDONO

CINQUE STUDENTI SU CENTO SI RITIRANO GIÀ IN PRIMA

Riportiamo, in forma integrale, LA PARTE INIZIALE DI QUESTO ARTICOLO:

IL GRIDO D’ALLARME ARRIVA DALLA REGIONE LIGURIA. LA DISPERSIONE SCOLASTICA ALLE SUPERIORI, NELLA PROVINCIA DI SAVONA, RAGGIUNGEIL12 PER CENTO.

UN DATO CHE SI ALLINEA AL RESTO DELLA LIGURIA, MA CHE, NON PER QUESTO, È MENO PREOCCUPANTE.

A DIRLO È L’ASSESSORE DI PALAZZO FIESCHI, PIPPO ROSSETTI CHE, IN OCCASIONE DI UN TAVOLO DI LAVORO SUL TEMA, HA INVITATO LE SCUOLE A LAVORARE SU METODOLOGIE CHE SOSTENGANO I RAGAZZI E LI CONVINCA A NON ABBANDONARE L’ISTITUTO SUPERIORE.


L’assessore Pippo Rossetti

«NELLA NOSTRA REGIONE – DICE ROSSETTI – ALLE SUPERIORI PERDIAMO OGNI ANNO ALMENO 4MILA STUDENTI. RAGAZZI CHE, NELLA MAGGIOR PARTE DEI CASI, FINISCONO IN STRADA, SENZA NEMMENO UNA QUALIFICA CHE PERMETTA LORO DI ACCEDERE A UN POSTO DI LAVORO».

LE CAUSE SONO SVARIATE: SI VA DAI FALLIMENTI SCOLASTICI, AI DISAGI FAMILIARI.

– Ma, dopo le parole dall’Assessore Regionale, vediamo di sentire ANCHE IL PARERE DI ENZO SABATTINI (SEGRETARIO PROVINCIALE DELLO SNALS) riportato nell’Articolo del SECOLO XIX, sopra citato:

«SITUAZIONI DELICATE (con riferimento ai FALLIMENTI SCOLASTICI ed ai DISAGI FAMILIARI), CHE POSSONO AVERE CONSEGUENZE GRAVISSIME SULLA VITA DI UN RAGAZZO – DICE ENZO SABATINI, SEGRETARIO PROVINCIALE DELLO SNALS-. I MOTIVI SONO MOLTI, MA NON È SECONDARIO L’ALTO NUMERO DI STUDENTI NELLE CLASSI, CHE NON PERMETTE AI DOCENTI DI DEDICARE A CHI RESTA INDIETRO MAGGIOR ATTENZIONE».

Enzo Sabattini

– Dopo aver preso atto delle più Significative Affermazioni di Personalità Politiche e  Sindacali della Nostra Attuale Epoca, abbiamo utilizzato IL VOLTO DALLA MEMORIA ed, allora, abbiamo intrapreso un VIAGGIO NEL PASSATO e siamo andati a scoprire, nel VOLUME “L’ALTRA CITTÀ” (MARCO SABATELLI EDITORE), L’ARTICOLO SCRITTO DA ALDO PASTORE nell’ormai lontano 29 MAGGIO 1995, AVENTE PER TITOLO:

UNA CRISI SENZA PRECEDENTI NEL MONDO DELLA SCUOLA

 

 Sottoponiamo l’articolo all’attenzione dei nostri Amici Lettori, riservando all’Autore UN BREVE COMMENTO FINALE SUL PROBLEMA DELLA DISPERSIONE SCOLASTICA e, più in generale, SULLA CRISI DEL NOSTRO SISTEMA EDUCATIVO.

I giornali locali hanno riportato, con grande evidenza, notizie drammatiche sul futuro della scuola nella nostra Provincia.

Vedo, sinteticamente, di esporre i dati riportati dagli organi di stampa, con riferimento all’anno scolastico 1995-96:

* nelle elementari spariranno circa cinquanta classi;

* nelle medie inferiori vi sarà un taglio di circa venti classi;

* nelle medie superiori avremo trenta classi in meno (in media, una per istituto);

* per quanto riguarda i docenti, si verificherà un esubero di circa cinquanta maestri elementari e di circa ottanta professori di ruolo (prendendo in considerazione soltanto le medie inferiori).

Il tutto è stato giustamente definito come un incubo, una crisi senza precedenti; vi è da aggiungere, in proposito, che questo dramma (di carattere nazionale e non soltanto locale) finirà per gravare sull’anello più debole della catena e cioè sui precari, considerando, in questa dizione, tutti i laureati ed abilitati non ancora immessi in ruolo; infatti per le supplenze (unico spazio vitale per i precari), verranno impiegati i docenti in esubero, i quali, a loro volta, si troveranno di fronte ad una drastica riduzione delle loro retribuzioni.


 

Le cause di un tale profondo sconvolgimento sono ufficialmente note e sono state individuate nel calo della popolazione infantile e giovanile (in cifra percentuale ed assoluta), nella necessità di sopprimere o limitare le cosiddette pluriclassi e nella tendenza di concentrare la popolazione scolastica in pochi e ben individuati complessi scolastici e di sopprimerne, progressivamente, altri.

Ma la causa più vera, più genuina ed autentica della grave situazione sopra evidenziata risiede nel fatto che l’Italia, all’interno della Comunità Economica Europea, risulta essere uno tra i Paesi che meno ha investito e meno investe nell’istruzione e nella formazione professionale; ciò non può stupire se si tiene conto del fatto che nessuno dei Governi, che si sono alternati. negli ultimi vent’anni, alla guida della Nazione, ha mai posto il problema della scuola come questione prioritaria nel proprio programma; ed, a conferma di questa mia asserzione, giungono le recenti dichiarazioni del Ministro della Pubblica Istruzione, Prof. Giancarlo Lombardi, il quale ha testualmente affermato: “oggi i fondi a disposizione della scuola sono essenzialmente risorse per spese di gestione; circa il 97% del bilancio ministeriale serve a pagare salari e stipendi; solo le briciole restano per finanziare la ricerca, la formazione dei docenti, l’innovazione didattica, la qualità del servizio; in tale situazione si comprende come l’attività del Ministero rischi di ridursi alla pura gestione dell’esistente, rinunciando a progettare riforme importanti, di cui la scuola ha, invece, urgentemente bisogno.”

Quali conseguenze derivano da questa situazione ormai cronicizzata?

I risultati concreti appaiono paradossali, se non addirittura grotteschi; sapevamo, da tempo, che il 21 % della popolazione italiana è, di fatto, analfabeta (una volta si diceva “senza titoli”), che il 42% possiede soltanto la licenza elementare e che i laureati rappresentano soltanto iI 5% della popolazione globale.


 

Ma, proprio in questi giorni, è giunto all’esame degli esperti, dei politici e dei pubblici amministratori il terzo RAPPORTO OCSE, avente per titolo: “Sguardo sull’educazione”; i dati di tale rapporto, riferiti al nostro Paese, appaiono estremamente contraddittori, ma, in ogni caso, sconfortanti e preoccupanti allo stesso tempo; vediamoli, sinteticamente, in dettaglio:

* L’Italia è dotata di un alto numero di insegnanti, inferiore soltanto al Belgio (in questa Nazione, tuttavia, vige l’obbligo scolastico sino al 18° anno di età); la percentuale di insegnanti in rapporto alla popolazione risulta essere del 4,2%, rispetto alla media Ocse, pari al 3, 1 %; la nostra popolazione scolastica è sostanzialmente identica a quella della Gran Bretagna, ma il numero dei nostri insegnanti rappresenta quasi il doppio rispetto a quello inglese;

* La situazione sopra evidenziata si ripercuote nel rapporto tra insegnanti ed alunni; evidenziamo a tal proposito, i seguenti dati:

11,8 alunni per insegnante nella scuola materna, 10,5 nella scuola elementare, 9 nella media inferiore e superiore (gli standards Ocse sono rispettivamente: 20,2 – 17,4  – 13,8).

Di fronte a questa situazione apparentemente positiva (anzi, ideale) troviamo altri dati che contrastano palesemente (o meglio paradossalmente) con essa; vediamo di analizzare, in dettaglio, questi ulteriori elementi;

* Assieme al Portogallo, l’Italia rappresenta l’unico Paese industrializzato, nel quale l’obbligo scolastico si arresta ai 14 anni (in tutti gli altri Paesi, tale limite si innalza oltre il 15° anno di età, sino a giungere ai 17 degli Stati Uniti ed ai 18 anni del Belgio);

* La popolazione italiana, compresa tra i 6 ed i 29 anni, è scolarizzata al 50% (una delle percentuali più basse d’Europa); in questo contesto, particolarmente preoccupante appare il fenomeno della cosiddetta “dispersione scolastica” (intendendo, con questa dizione, la crisi degli studenti che abbandonano la scuola, senza aver conseguito un titolo di studio);


 

* Il numero delle ore di insegnamento continua ad essere stranamente basso; infatti il numero di ore dei corsi dispensati dagli insegnanti in Italia è pari a 748 nella scuola elementare (contro una media Ocse di 858 ore), risulta essere di 612 ore nella media inferiore (rispetto ad una standard Ocse di 781 ore), continua ad essere di 612 ore nella secondaria superiore (dato Ocse: 745 ore);

 * Il numero dei diplomati in Italia è inferiore alla media europea (essi rappresentano, infatti, il 42% della popolazione compresa tra i 25 ed i 34 anni, (media Ocse: 65%);

* I nostri laureati difficilmente trovano una stabile occupazione (il 39% di essi, ad un anno dalla laurea, è ancora alla ricerca di un posto di lavoro, rispetto all’8% degli Stati Uniti ed al 12% della Francia).

* La spesa pro-capite per studente, mentre è sostanzialmente allineata alla media europea, per quanto concerne la scuola elementare e media, risulta essere invece della metà, se riferita agli studenti universitari (5.800 dollari l’anno rispetto ai 10.030 dollari degli standards europei)

La contradditoria situazione, or ora prospettata ed analiticamente fotografata dai dati statistici evidenziati dal terzo rapporto OCSE, mi induce a “chiudere” con alcune considerazioni che sottopongo alla cortese attenzione dei lettori de “Il Letimbro”:

1) La crisi della scuola italiana non è una crisi quantitativa, bensì qualitativa; ritengo, in altri termini, che gli insegnanti italiani siano male utilizzati e che la loro “scarsa produttività” non sia determinata dalla loro pigrizia o dalla loro insufficiente propensione al lavoro, bensì da un irrazionale utilizzo delle loro capacità e delle loro potenzialità; l’Italia ha uno straordinario bisogno di istruzione, di cultura, di formazione professionale, perchè senza questi presupposti, sarà impossibile creare le condizioni per lo sviluppo socio-economico del Paese e per risolvere gravi problemi, quali quelli della disoccupazione e del Mezzogiorno;

2) Non si risolvono i problemi della scuola e, più in generale. della finanza pubblica, chiudendo aule scolastiche o lasciando a casa i docenti; al contrario, vanno perseguite tutte le strade per migliorare il bagaglio culturale dei docenti, al fine di consentire il loro impiego non solo nella scuola tradizionale rinnovata (innalzando, in questo contesto, l’obbligo scolastico al 16° anno di età), ma anche in attività ora trascurate e marginali, quali la creazione di strutture di servizio e di sostegno allo studio per i giovani (tali da combattere e diminuire il fenomeno della “dispersione scolastica”) o quali l’attivazione di corsi di riqualificazione professionale per gli adulti (oggi richiesti imperiosamente dall’evoluzione tecnologica e scientifica della nostra società, ma, soprattutto, dal preoccupante aumento della disoccupazione);

3) Va superato, attraverso una seria riforma della media superiore e dell’Università, il profondo solco che divide, attualmente, il mondo della scuola dal mondo del lavoro, nel senso che dobbiamo formare non più dei laureati disoccupati, bensì validi professionisti, atti a fornire un decisivo contributo all’evoluzione tecnologica ed al miglioramento della qualità della vita della nostra società; in questo ambito appare fondamentale il ruolo che dovranno giocare, assieme alle autorità scolastiche, le Amministrazioni Locali, la Regione e le forze sociali.


Mi pare doveroso, quindi, concludere queste mie note con il richiamo al recentissimo documento della Conferenza Episcopale Italiana: “Il Pianeta Terra avrà un futuro solo se verrà riconosciuta la centralità della persona umana e se ci saranno uomini capaci di dominare e guidare i processi della vita personale e sociale, nella direzione dello sviluppo umano, pieno e solidale. Si tratta di pensare alla formazione di una umanità nuova. Si tratta di capire che il futuro è legato alla scelta della educazione.

Savona, 29 maggio 1995

COMMENTO FINALE

1) LA DISPERSIONE SCOLASTICA NON È UN FENOMENO A SE’ STANTE, MA È FIGLIA DELLA CRISI SCOLASTICA O, MEGLIO, DELLA CRISI EDUCATIVA IN SENSO LATO.

2) RICONFERMO GLI INDIRIZZI PROGRAMMATICI, EVIDENZIATI NELLA  PARTE FINALE DELL’ARTICOLO DEL 29 MAGGIO 1995, PER CREARE UNA “SCUOLA INNOVATIVA”.

IN ALTRI TERMINI, LA SCUOLA DOVRÀ DIVENTARE UNO STRUMENTO DECISIVO  PER AVVIARE UN GRANDE MOVIMENTO DI LIBERAZIONE, RIVOLTO A SUPERARE IL DELETERIO ANTAGONISMO TRA L’ UOMO E LA NATURA E PER SCONFIGGERE LE INGIUSTIZIE, TUTTORA ESISTENTI, TRA TUTTI GLI ESSERI UMANI.

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