IL PRINCIPIO LA PASSIONE Terza parte

IL PRINCIPIO PASSIONE
LOGOS + CAOS = PATHOS
TERZA  PARTE
 IL  LOGOS

IL PRINCIPIO LA PASSIONE

LOGOS + CAOS = PATHOS

 Prima parte   TERZA  PARTE     Seconda parte

 IL  LOGOS

     Proseguo queste mie annotazioni in margine  a Il principio passione di Vito Mancuso seguendo la traccia che egli stesso ci ha fornito, presentando il suo libro lunedì scorso a Savona, in una gremitissima Sala Rossa.

Secondo Mancuso le antiche narrazioni sull’origine del mondo, o cosmogonie, possono essere classificate secondo quattro “principi” filosofici generali:

       logos, ovvero progetto;

       caos, ovvero caso:

       colpa, ovvero catastrofe

       vita, ovvero vitalità.

Consideriamo ora uno per uno questi quattro principi.                       

Per definire il fondamentale, ma non univoco, concetto di “logos”, Mancuso cita il suo grande e caro maestro di spiritualità e di esegesi biblica, il cardinale Carlo Maria Martini, il quale, premesso che  “la parola logos è una parola disperante, perché forse è la parola greca che ha più significati: la mente, la ragione, il conto della spesa e molte altre cose ancora estremamente disparate”, ne indica uno più evidente  e come sovraordinato rispetto agli altri: “il logos delle cose, cioè la ragione ultima d’essere della realtà”.  In questo senso viene  inteso il concetto di logos  da Eraclito, che parla all’inizio della sua opera, nota tradizionalmente con il titolo di Perì physeos (Sulla natura delle cose), di un logos (o legge) universale, di cui però gli uomini rimangono inconsapevoli ”sia prima di averlo ascoltato sia dopo. Tutto infatti avviene secondo questo logos, ma essi somigliano a inesperti, pur sperimentando che le parole e i fatti avvengono così come io li rappresento, classificando ciascuna cosa secondo la sua propria natura e spiegando perché sono così e non altrimenti. Ma ai più rimane nascosto ciò che fanno da svegli e dimenticano ciò che fanno dormendo” (fr. 1).


Questo concetto di logos sarà fatto proprio  dagli Stoici, che lo consideravano, annota Mancuso “anzitutto come ‘fuoco artefice’, laddove il fuoco, diremmo oggi, è una rappresentazione dell’energia; di tale logos essi vedevano la valenza cosmologica  nella formazione del mondo e la valenza provvidenziale nel governo della natura e della storia (da qui i concetti di heimarmène, destino, e di prònoia, provvidenza)”. Dal logos degli Stoici Mancuso passa al panlogismo neoplatonico di Plotino, “per il quale tutto è logos: arché logos kai panta logos, ‘il logos è principio ed è tutto’ “ (Enneadi, III, 2, 15). Nella visione plotiniana il male e l’errore svaniscono se si considerano i fatti negativi, i gesti irrazionali, le cattiverie umane e persino i delitti  alla luce dell’insieme di tutte le cose e di tutti gli eventi passati, presenti e futuri, e fa esempi come i seguenti: “Chi ha ucciso la propria madre  rinascerà  donna per essere uccisa dal figlio, chi ha violentato una donna rinascerà donna per essere a sua volta violentata…” e questo accade perché  l’Universo, il Tutto, non può essere  ingiusto e assurdo, dal momento che è governato dal Logos inteso come Ragione, come “ordine dell’Universo che si estende a tutte le cose” dalle più grandi alle minime e infime.. . Il panlogismo plotiniano è il prototipo di tutti i panlogismi e i panteismi futuri, come quelli di Spinoza, di Leibniz e di Hegel, per i quali non c’è discrasia tra realtà e ragione, valga per tutte la formula hegeliana “ciò che è razionale è reale, e ciò che è reale è razionale”. Anche per il cristianesimo, il Logos è la ragione ultima d’essere della realtà? Non solo l’ ultima ma, secondo il famoso primo versetto del Vangelo di Giovanni,  anche la prima: En arché en ho logos “In principio era il Logos” (Gv 1, 1); naturalmente se si traduce Logos con ragione, anzi con “eterna Ragione”, come ha fatto, nel 1990, l’allora cardinale  Joseph Ratzinger, secondo il quale: “nell’alfabeto della fede, al posto d’onore è l’affermazione In principio era il Logos ; la fede ci attesta che fondamento di tutte le cose è l’eterna Ragione”. Secondo Ratzinger il fondamento, quindi il principio dell’Universo è il Logos-Ragione, come ci attesta non la ragione, attenzione, ma la fede (e qui si potrebbe riaprire l’intricata  questione del rapporto tra fede e ragione, ma su questa discuteremo, magari,  un’altra volta). 


 

Senonché il Logos del Prologo del Quarto Evangelo può essere tradotto, come avviene di solito, anche con Verbo (o Parola), e questa traduzione (e tradizione)  sembrerebbe  persino più corretta dal punto di vista della teologia giovannea, dato che per l’evangelista Giovanni, Cristo è il Verbo fatto carne, ma è anche lo stesso Verbo che,   in principio, “era presso Dio / e il Verbo era Dio. / Egli era in principio presso Dio: / tutto è stato fatto per mezzo di lui, / e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste…” (Gv 1, 1-4). Ora, se traduciamo il Logos di Giovanni solo con Ragione, è come se dicessimo che Cristo è solo Ragione fatta carne; ma la carne, così nel linguaggio comune come in quello biblico, non ha niente di “razionale” e fa piuttosto pensare alla debolezza, alla fragilità, al peccato, alla malattia, alla corruzione  e alla morte. E infatti Ratzinger ha spiegato, nel paragrafo intitolato Il primato del logos, nella sua opera Introduzione al cristianesimo. Lezioni sul simbolo apostolico, (1974) come va correttamente inteso il logos giovanneo:  “La fede cristiana in Dio comporta innanzitutto una decisione per la preminenza del logos sulla pura materia. L’affermare: ‘io credo che esiste un Dio’ include l’opzione in favore dell’idea che il logos, ossia il pensiero, la libertà, l’amore non si trovano soltanto al termine del tutto, ma anche al principio: si ammette senza esitazione che questo logos rappresenti la potenza originante e comprensiva di ogni essere”. Quindi il concetto cristiano di logos comprende il pensiero, la parola, la libertà e l’amore; in questo senso va inteso il primato del logos: è la fede “nella realtà del senso creativo che antecede e sostenta il mondo”.


 

Ma che cos’è questo senso creativo che antecede e sostenta il mondo si non il Verbo, cioè Cristo, cioè Dio? E potremmo concepire un Dio che non sia anche Ragione, oltre che bontà e amore infinito? Certamente no; eppure Ratzinger ritorna sulla questione del Logos-Ragione, ricorda Mancuso, in una lezione tenuta alla Sorbona il 27 novembre 1999: “Si tratta di sapere se la ragione, o il razionale, si trova o no al principio di tutte le cose e a loro fondamento. Si tratta di sapere se il reale è nato dal caso o dalla necessità, e quindi da ciò che è senza ragione; se, in altri termini, la ragione è un casuale prodotto secondario dell’irrazionale, insignificante, alla fine, nell’oceano dell’irrazionale, o se resta vera quella che è la convinzione fondamentale della fede cristiana e della sua filosofia: In principio erat Verbum…”. Ma se, come abbiamo visto sopra, nel logos è compreso anche l’amore, il primato del logos non coinciderà con il primato dell’amore? Difatti, prosegue Ratzinger “Il primato del Logos e il primato dell’amore, nel cristianesimo primitivo, si rivelavano identici, il logos non appariva più solo come ragione matematica alla base di tutte le cose ma come amore creatore”. Ecco quindi che con questa identità di Logos e Amore si risolve ll contrasto altrimenti inconciliabile tra Verbo e carne, tra ragione e passione, tra caso (o caos) e necessità, tra primato del logos e primato dell’amore: “la ragione vera è l’amore e l’amore è la ragione vera. Nella loro unità essi sono il vero fondamento e il fine di tutto il reale”. Il quale, oltre che razionale e palpitante d’amore è anche bello, come d’altronde è bella la verità. E tuttavia, in un breve discorso pronunciato il 23 febbraio 2013, alla fine di una settimana di esercizi spirituali “predicati dal cardinale Gianfranco Ravasi…Benedetto XVI giunse a sottolineare un elemento che differenzia il cristianesimo dallo stoicismo e dal neoplatonismo antichi e moderni. Dopo aver detto infatti che il ‘molto bello’ pronunciato dal Creatore al termine della creazione ‘è permanentemente contraddetto in questo mondo dal male, dalla sofferenza, dalla corruzione’, continuava: ‘sembra quasi che il maligno voglia permanentemente sporcare la creazione, per contraddire Dio e per rendere irriconoscibile la sua verità e la sua bellezza”. La presenza del male è come un tarlo che rode dall’interno l’ordine, la bellezza e la ragione su cui si regge la realtà creata da Dio. Ma come? Non è forse il Logos-Amore il principio, il fondamento e il fine di tutte le cose? Come è allora possibile che in questo mondo allignino tanti mali, tante disgrazie, ingiustizie, sofferenze, stragi, brutture e corruzioni? Non c’è qui qualcosa che non torna? “Il pricipio–logos , secondo la specifica comprensione cristiana, si scontra da subito con il problema del male, con quanto di più anti-logico ci possa essere, e assume su di sé il dolore e la sofferenza degli innocenti” E’ questo il motivo, anzi, il nodo centrale intorno a cui si arrovella la teologia di Vito Mancuso (e, prima di lui, si è arrovellata quella di Agostino, di Tommaso d’Aquino, di Leibniz, di Kierkegaard, di Simone Weil, per fare solo alcuni nomi). Il problema della presenza del male in un mondo creato dal Logos divino, “genera nella mente due questioni che non cessano di tormentare la coscienza cristiana:

1) Da dove vengono, nel mondo retto dal logos, il male, la sofferenza e la corruzione?

2) come si concilia l’onnipotenza divina con la presenza del male?”

Mancuso non è nichilista, crede professa  nelle bontà della della creazione e della vita, e propone una formula che tenga insieme il Logos, il Caos e l’evoluzione della vita del mondo e di ciascun essere umano verso il bene: Logos + Caos = Pathos.  Ma che cosa dobbiamo intendere con Caos? E che cos’è il Pathos? E’ quello che cercheremo di capire nella prossima, e ultima, puntata.

FULVIO SGUERSO

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