Il potere della stupidità (Parte prima)
IL POTERE DELLA STUPIDITA’
(Parte prima)
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IL POTERE DELLA STUPIDITA’ (Parte prima) |
E’ il titolo del secondo capitolo (il primo è dedicato alla gentilezza) del saggio, o trattatello che dir si voglia, Della gentilezza e del coraggio. Breviario di politica e altre cose, Feltrinelli, 2020, di Gianrico Carofiglio. In questo breviario laico, etico, linguistico e politico lo scrittore – che già aveva esaminato il fenomeno della Manomissione delle parole, Rizzoli, 2010 – mette sotto la sua lente di ex magistrato, più che le parole i concetti o, in termini desaussuriani, più che i significanti i significati di parole come, appunto, gentilezza, coraggio, paura, stupidità, umorismo, retrotopia, populismo, rapidità, fretta, senso… In questo capitolo prende in esame il fenomeno della stupidità in generale e di quella, non innocua, che affligge tanti politici (non solo contemporanei), sulla scorta di uno studio pubblicato nel 1999 da due psicologi statunitensi ricercatori della Cornell University (Ithaca, New York). In che cosa consiste questo fenomeno così diffuso e nefasto? Un preciso indicatore di stupidità è il cosiddetto “effetto Dunning-Kruger”, dal nome dei due ricercatori sopra citati, per il quale più si è incompetenti, più si è convinti di non esserlo. “Persone di questo tipo ‘non solo giungono a conclusioni erronee e compiono scelte infelici, ma la loro incompetenza le priva della capacità di rendersene conto ‘. In realtà tutti ci sopravvalutiamo, ma gli incompetenti si sopravvalutano di più perché sprovvisti di metacognizione , che è la capacità di osservare criticamente le proprie prestazioni”. Nello specifico ”L’assenza di metacognizione è tipica dell’ego mediocre e non controllato”. E’ però opportuno aggiungere subito che questa capacità spesso è discontinua e intermittente anche tra chi stupido non è, e Carofiglio non manca di precisarlo: “ Bene chiarire, per evitare equivoci, che il rischio della mediocrità riguarda tutti. La stupidità riguarda (può riguardare) ognuno di noi ed è utile tenerlo sempre presente”. Un altro indizio dell’assenza di metacognizione “è la diffusa tendenza (che corrisponde a un bisogno ansiolitico rispetto alla complessità che ci inquieta) a mettere etichette e ricorrere a schemi, a formulare precipitose semplificazioni”. Questo indizio è causato dal fenomeno studiato dalla neuroscienziata Maryanne Wolf, dell’Ucla (University of California. Los Angeles) definito come perdita della pazienza cognitiva, vale a dire “La riduzione della capacità di esaminare accuratamente le questioni, i temi, in un impegno autentico (e faticoso) di comprensione e diagnosi. La riduzione della capacità di astenersi dal giudizio in assenza dei necessari elementi, del necessario approfondimento”. Questa perdita della pazienza cognitiva svilisce e vanifica le dispute pubbliche intorno a questioni complesse come la pandemia, il cambiamento climatico, l’immigrazione, la crisi economica, la crisi della democrazia, le fonti energetiche, l’aumento esponenziale della popolazione in Africa, in Asia, in America Latina, le guerre di religione o per la supremazia economico-militare mondiale, i diritti umani… A ciò si aggiunga che la ricerca accelerata, nevrotica, ossessiva di atomi di informazione sconnessi dal quadro di un sapere è dominata dalla fretta, altra perniciosa categoria della modernità”. E qui Carofiglio, giustamente attento e scrupoloso riguardo al significato esatto delle parole usate (o abusate) nei media, in rete, nei social e nei talk show televisivi, distingue nettamente la fretta dalla rapidità: “Esiste infatti una differenza fondamentale tra fretta e rapidità… Maryanne Wolf La rapidità è il risultato della combinazione di competenza e padronanza. Si pensi ai gesti degli atleti professionali: sono composti, eleganti, rapidi – o rapidissimi – solo quando occorre e sempre in un quadro di controllo”. La fretta ha tutt’altro significato: “La fretta è uno dei sintomi dell’impreparazione inconsapevole e pericolosamente attiva. L’accelerazione fine a se stessa non consente il controllo degli eventi, delle dichiarazioni, della formulazione delle opinioni”. Come dice il proverbio: la gatta frettolosa fa i gattini ciechi; e anche: la fretta è una cattiva consigliera; oppure: chi va piano va sano e va lontano. Inoltre: “La fretta impedisce l’approfondimento, ostacola la comprensione e produce, nel migliore dei casi, delle mezze verità; nei peggiore e più frequente dei casi, un totale fraintendimento delle idee e dei fenomeni”. D’altronde è impossibile leggere in fretta, ad esempio, la preghiera di San Bernardo alla Vergine, nel Canto XXXIII del Paradiso o la canzone Spirto gentil del Petrarca o La ginestra del Leopardi e coglierne al tempo stesso il profondo significato etico ed estetico. La fretta danneggia anche la buona politica e la ben ordinata società civile: “L’assenza di pazienza cognitiva è a un tempo una delle cause e uno degli effetti dell’impazienza diffusa che caratterizza la gran parte dei comportamenti nella sfera della politica, del dibattito pubblico, della presunta riflessione su temi cruciali della vita civile”. Per questo motivo la mancanza di pazienza cognitiva “espone ai rischi della demagogia e della manipolazione: rende vulnerabili alle menzogne del potere”. Tra gli esempi di stupidità in un politico contemporaneo Carofiglio cita il caso di Donald Trump: “Un’indagine del ‘Washington Post’ pubblicata nell’aprile 2019 ha rivelato che Donald Trump ha formulato più di diecimila frasi inesatte, fuorvianti o semplicemente false nei primi mille giorni di mandato. Trump inoltre tenderebbe, secondo i fact checker del ‘Washington Post’, a ripetere molte volte le stesse falsità. Per lui è stata creata una nuova categoria, il Bottomless Pinocchio (Pinocchio senza fine); una sorta di riconoscimento per chi abbia per chi abbia ripetuto almeno venti volte la stessa affermazione falsa”. Seguono esempi di fake news, definite eufemisticamente dallo staff di Trump come “fatti alternativi”. Ma la preoccupazione più seria non riguarda solo le menzogne diffuse da opinion maker prezzolati che si rivolgono a un pubblico pronto a negare l’evidenza, “La preoccupazione più grave la suscitano quei casi, sempre più frequenti quando si esaminano i populismi dell’incompetenza, in cui chi diffonde informazioni e dati falsi a volte ridicoli, e conoscenze pseudoscientifiche, non ha solo un intento manipolatorio, ma basa le sue scelte – oltre che la sua propaganda – su questi dati falsi. In altri termini: ci crede davvero”. Come è possibile? Queste credenze in informazioni false o scorrette dipendono “da numerosi fattori, alcuni dei quali riconducibili alla miopia politica, altri alla stupidità e all’incompetenza, altri ancora alla patologia psichica”. E chi, oggi, può concentrare in sé tutti questi fattori se non una volta di più il presidente testé sconfitto che non vuole accettare la sconfitta? “Un uomo che per tutta la sua vita e, in particolare, per tutta la sua presidenza ha creato e via via manipolato una sua personale realtà, composta, come abbiamo visto, di tanti “fatti alternativi”. Come qualsiasi specialista di salute mentale potrebbe facilmente chiarire (e molti lo hanno fatto), i tratti caratteriali di Trump rivelano uno smisurato narcisismo, accompagnato da totale assenza di empatia, scarsa o nulla tolleranza alla frustrazione, bisogno continuo di lodi, fedeltà cieca, adorazione, bisogno di adattare la realtà alla visione grandiosa di sé”. Da notare il fatto che quando è uscito questo saggio di Carofiglio, nel settembre del corrente anno, le elezioni presidenziali negli Usa dovevano ancora svolgersi. Il comportamento paranoide di Trump dopo la sconfitta conferma punto per punto la diagnosi formulata dagli psichiatri statunitensi. Nella prossima puntata vedremo in che senso Carofiglio usa le parole “gentilezza” e “coraggio”. (Continua)
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