Il nuovo un libro di Alessandro Marenco

A Montenotte c’è qualcosa di nuovo

 Il nuovo un libro di Alessandro Marenco

A Montenotte c’è qualcosa di nuovo 
 Ho scritto un libro. Per la verità ne ho scritti già alcuni. Volevo dire che ho pubblicato un libro. Visto che “Trucioli savonesi” mi ospita gentilmente da un sacco di tempo, ho pensato che potrebbe essere il luogo adatto per promuoverlo. Ed eccomi qua, a scrivermi la recensione.

Ci vuole una buona dose di considerazione in sé stessi per parlare del proprio libro. In genere un autore demanda volentieri quest’onere a un amico, sperando e chiedendo che l’esegeta sia clemente nel valutare gli aspetti negativi, ed entusiasta nell’esaltare quelli positivi.

Comincerò con il parlare di Pentàgora.


 

Quando Massimo Angelini mi confidò in buona amicizia di voler avviare una casa editrice, lo sconsigliai calorosamente. Troppo duri i tempi per qualsiasi iniziativa commerciale. Nel settore della cultura, poi, un’impresa disperata. Sono in difficoltà le grandi case editrici, figurarsi le piccole. La gente non legge, tutt’al più scrive. Escono troppi titoli che vengono regolarmente destinati al macero. No, sinceramente una casa editrice era una iniziativa destinata a fallire.

Fortunatamente non mi ha dato retta e fortunatamente io ho un pessimo istinto imprenditoriale, insomma, Pentàgora È una casa editrice, esiste ormai da 3 anni, ed è splendidamente viva (dal punto di vista intellettuale) e sobriamente consolidata (dal punto di vista commerciale).

Credo che si tratti di una vera e propria rarità, una perla nell’oceano della piccola editoria, dove talvolta navigano pericolosi squali. E fra l’altro è una perla ligure, prevalentemente e intenzionalmente. Pentàgora ha ormai al suo attivo più di venti titoli in nove collane (si va dagli introvabili classici, come Dona Perfecta di Perez Galdos; a saggi scientifici di genetica e botanica come L’origine delle specie coltivate di Vavilov; a testi di antropologia come La paura di Giardelli; ma anche semplici manuali come Pietra su pietra di Murtas, o la riedizione della Vera cucina genovese curata dal cucinosofo Sergio Rossi, per finire con le raccolte di saggi sul sacro, sul simbolo e sulle mentalità rurali dello stesso Massimo Angelini). Merita visitare il catalogo, che si trova a questo indirizzo  http://www.pentagora.it/?page_id=18

Credo che la sua forza stia nella scelta. Pentagora non pubblica tutte le proposte che arrivano, ma dà alle stampe solo quello che può far parte del disegno pentagoresco, individuato da un comitato di redazione che legge, valuta e discute le edizioni, le ristampe, le collane. Un occhio particolare è rivolto al mondo rurale, alla terra, all’agricoltura. Nell’ambito scientifico, quanto in ambito antropologico, narrativo o trascendente.


Ma non divaghiamo. Il libro di cui vi parlo più diffusamente è quello che porta il mio nome in copertina e risponde al titolo di “Niente di nuovo a Montenotte” ed appare nella collana Giallo apparente, si tratta dunque di narrativa da diporto.

La trama: Elpidio Consapevoli è un maresciallo dei carabinieri nevrotico. Se ne sta quasi tranquillo nella sua caserma, in città, a fare un lavoro ripetitivo e rassicurante. Improvvisamente viene inviato a Montenotte, con l’incarico di comandante della locale stazione dei carabinieri. Nonostante sia stato lungamente rassicurato sul fatto che a Montenotte non succede mai nulla, in realtà gli toccherà misurarsi con un territorio difficile, con le sue paure, con la solitudine degli anziani, con una civiltà contadina distrutta da un mondo industriale ora in declino, con un delitto in particolare, di non facile soluzione. Fortunatamente sulla sua strada trova il vigile urbano del paese: l’Orlandi, un corpulento e solitario buongustaio, che lo accompagnerà nelle indagini, con varie digressioni di buona tavola e di buon sorso.


Volevo scrivere una storia che parlasse di queste colline, di questi boschi, di queste fabbriche, e della gente che ci vive in mezzo. Volevo evitare di essere un passatista, dedito alla celebrazione dei “bei tempi andati” e mi sarebbe piaciuto ragionare sui cambiamenti, sulle persone, sulle mentalità. Di due cose mi son convinto quasi da subito: prima di tutto doveva essere un giallo. Perché l’indagine è sempre un abito stuzzicante da far indossare a un racconto. Ci vuole qualcosa che attragga e incuriosisca, e ti faccia dire, a un certo punto: chissà come andrà a finire. E poi ero convinto che ci volesse un protagonista estraneo, un forestiero, uno che deve stare in questi paesi per dovere. E a questo punto gli serviva una guida, un vecchio saggio che potesse consigliare, indicare, spiegare tutto quello che c’era da sapere sui posti e sui boschi. O che perlomeno sapesse far venire in mente le domande giuste da fare.

Qualche tempo dopo aver scritto questa storia ho avuto modo di raccontarla, rabbiosamente abbreviata, ad un caro amico. Gli dissi che si trattava di un tizio di mezza età che si perdeva in un bosco, ma che fortunatamente spuntava una guida che l’avrebbe condotto fuori, in salvo dai vari pericoli.

― Bello ― mi disse l’amico ― sembra l’inferno di Dante.

Devo dire che era troppo tardi per cambiare trama. Ormai il racconto era scritto. E non ho creduto neppure che fosse possibile ipotizzare che sia stato questo Alighieri a copiare da me. Insomma, diedi alle stampe l’opera sperando che l’editore non sapesse nulla di questa “Commedia” e soprattutto non facesse paragoni di alcun tipo con la mia. Fino ad oggi tutto bene.

È importate ricordare ancora che Montenotte, nel libro, è un paese ipotetico, non esistente se non nella finzione letteraria, come del resto i personaggi e gli eventi narrati.

Montenotte, per chi volesse, è raggiungibile da Cairo, da Savona o da Pontinvrea. Si trova tra alti colli boscosi. Sono poche case in cui non c’è neppure la stazione dei carabinieri.

Il nome ha una certa rilevanza storica poiché in un giorno di più di due secoli fa, soldati francesi, austriaci e piemontesi si sbudellarono e si amputarono convenientemente, per il bene della nazione o della nobile casata o dell’ideale, non so. Di questo evento se ne trova traccia, pare, anche sull’arco di trionfo a Parigi. E questo è anche l’aspetto che meno mi interessa di questi boschi, attraendomi di più le storie di boscaioli, pastori, capraie o contadine.

Dove si trova questo libro? Qui:  http://www.pentagora.it/?page_id=379 e qui tutte le librerie pentagoresche: http://www.pentagora.it/?page_id=251

 

Alessandro Marenco

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.