IL NODO DI GORDIO TRA ORIENTE E OCCIDENTE

Nel Giardino Pubblico Muzio de Tommasini, a Trieste, è collocato un monumento ai caduti nella prima guerra mondiale, attribuito allo scultore Riccardo Ripamonti ( Milano, 1849 – Milano, 1930), che ha come titolo Finis Austriae. Allegoria della Patria che porta come trofeo l’aquila bicipite morente. A significare la vittoria dell’Italia contro l’Impero Austro-Ungarico. La statua in bronzo – non esattamente quello che si dice un capolavoro – rappresenta l’Italia come una giovane donna prosperosa, nuda dalla cintola in su, con corona e spada sguainata, che porta sulle spalle come trofeo l’aquila bicipite morente. Siamo nel 1921. Altri tempi. Ma fino a un certo punto: erano tempi in cui le arti, dalla musica al teatro, dalla pittura alla poesia e al romanzo parlavano più di morte che di vita. I primi a parlare, o meglio, a scrivere di Finis Austriae (ma anche di Finis Europae) sono stati scrittori austriaci come Joseph Roth, Robert Musil, Hugo von Hofmannsthal, Hermann Broch; prima di loro alcuni filosofi tedeschi come Schopenhauer, Nietsche, Husserl, Heidegger avevano, per così dire, dissodato il terreno alla tesi del Tramonto dell’Occidente di Oswald Spengler. Certo è che le due guerre mondiali che hanno insanguinato e seminato morte e distruzione soprattutto nella civile Europa, e ora la guerra russo-ucraina di cui non si vede la fine, le ricorrenti crisi economiche, finanziarie, energetiche, ambientali e pandemiche sembrano dar ragione ai vecchi e ai nuovi  profeti di sventura. Per di più in questa guerra alla quale volenti o nolenti partecipiamo anche noi inviando armi e  seguendone gli sviluppi tramite i mass media, i quali, come avviene in tutte le guerre, fungono da cassa di risonanza per le rispettive e contrapposte propagande, di modo che alla guerra combattuta sul terreno e in cui si spara e si muore sul serio, si aggiunge una guerra mediatica in cui si sparano pallottole di carta, vale a dire articoli di giornale favorevoli ai russi, contro altri articoli di giornale favorevoli agli ucraini e ai loro alleati (tra cui figuriamo, sia detto tra parentesi,  anche noi italiani).

E siccome siamo, fino a prova contraria, in un paese democratico, c’è chi ne approfitta per sparare le sue pallottole di carta contro l’Ucraina, contro l’Ue sua alleata e non parliamo nemmeno di quello che sparano, dalle loro postazioni ben protette dalle leggi vigenti nella  nostra Repubblica   democratica, contro lo zio Sam, contro la Nato e contro la nostra stessa debole e imperfetta democrazia (che infatti non vuole o non è in grado di espellere i suoi nemici interni). Quello che più mi stupisce quando leggo, per dovere di cronaca, uno di questi articoli filorussi, è come fanno i loro autori a non essere nemmeno sfiorati dall’idea che, qualora sparassero a parti invertite i loro articoli sui media russi o cinesi o turchi o iraniani o sauditi perderebbero ben presto la speranza di tornare a casa vivi e vegeti. Ad ogni modo, secondo le dichiarazioni di Vladimir Putin e del Patriarca moscovita kirill I, loro non combattono solo contro i ribelli ucraini ma anche contro il corrotto Occidente, cioè contro tutti noi, che la loro propaganda descrive  come debosciati, froci, imbelli, atei, gaudenti e drogati dal benessere, quindi facilmente battibili dalla gloriosa armata russa.

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E difatti, come scrive Massimo Giannini  su La Stampa del 31 dicembre 2022: “La strategia del Cremlino poggiava su una doppia scommessa. Il Gendarme Americano, uscito a pezzi dalla ritirata ingloriosa dall’Afghanistan, non avrebbe avuto la voglia di cacciarsi in una nuova cold war con l’Orso Russo; e il Vecchio Continente, esausto e diviso , non avrebbe avuto la forza di opporsi al disegno neo imperiale di Mosca. Quello che Babai Vladimir, nonno di tutti i russi, non aveva previsto è che dall’altra parte, sulla strada per Kiev si sarebbe ritrovato non un  premier-fantoccio, ma un presidente guerriero, Volodymyr Zelensky, sia pure con qualche intemperanza e qualche frizione con i suoi alleati, non ha solo difeso e chiamato alla resistenza il suo popolo. Ha anche svegliato le torpide coscienze euroatlantiche, spiegando ai capi di Stato o di governo dei nostri Paesi che la sua guerra era anche la nostra guerra, che i suoi diritti erano anche i nostri diritti e che proteggere la sovranità dell’Ucraina significava anche difendere la libertà dell’Occidente”.

Ed ecco dunque profilarsi, dietro il conflitto russo-ucraino lo storico conflitto tra Oriente e Occidente, che, secondo lo scrittore tedesco Ernst Junger, come spiega in apertura del  suo saggio Il nodo di Gordio del 1953 e appena ripubblicato molto opportunamente da Adelphi, insieme alla risposta di Carl Schmitt, “Fornisce il filo conduttore della storia. L’inclinazione dell’asse rispetto all’orbita solare. Balenando fin dagli albori, i suoi motivi si dipanano fino ai nostri giorni. Con tensione sempre rinnovata i popoli salgono sull’antico palcoscenico e recitano l’antico copione”. Cioè l’opposizione archetipica interna così all’umanità come in ogni singolo essere umano tra mythos (Oriente) ed logos (Occidente), potere tellurico e luce, dispotismo e libertà, arbitrio e diritto. Naturalmente una simile dicotomia e separazione netta tra dispotismo orientale e libertà occidentale (come il famoso nodo tagliato di netto dalla spada di Alessandro il Macedone in partenza per la spedizione in  Asia) presta il fianco a critiche e a correzioni. Per esempio viene corretta da Carl Schmitt, il giurista del Terzo Reich, dello Stato di eccezione e della dicotomia amico-nemico, il quale, alla polarità archetipica tra mithos e logos, sostituisce la contrapposizione tra Terra e Mare; da una parte il mondo continentale dell’Oriente (Russia e Asia) ovvero il nomos della terra; dall’altra parte il mondo marittimo occidentale (Inghilterra e Stati Uniti), ovvero la techne, Tra questi due mondi, la terra di mezzo, cioè il Vecchio Continente, conteso dal Mare occidentale e dalla Terra asiatica. Se non che a prevalere, secondo Schmitt, sarà il Mare, anche perché al suo principio mobile corrisponde la potenza sempre crescente della tecnica. Dunque il destino della Russia e della Cina è di diventare anch’esse occidentali. Prendete nota Putin e Xi jinping!

Fulvio Sguerso

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