IL “GIUDIZIO DEI MERCATI”

IL “GIUDIZIO DEI MERCATI”

IL “GIUDIZIO DEI MERCATI”

Qui c’è poca farina del mio sacco. Ritengo infatti illuminante, in questi giorni di convulse notizie dai TG e dalla stampa sui continui adattamenti della manovra ai requisiti dei mercati, riportare qui appresso un estratto dal capitolo avente per titolo proprio Il “giudizio dei mercati”, che riprendo da un chiarissimo libro di Luciano Gallino. *

Quasi ogni giorno, la TV o i quotidiani economici e non, menzionano con deferenza il “giudizio dei mercati”. […] Quando ricevono simili messaggi, l’immagine che molti si formano dei “mercati che giudicano” è quello di una folla sterminata di persone, decine o centinaia di milioni di signore o signori Smith, Bianchi, Dupont, Müller o Rodriguez, possessori ciascuno di alcune migliaia di euro di azioni o di quote di fondi comuni, che telefonano in banca o vi si precipitano, oppure si collegano a Internet, per comprare o vendere un po’ di azioni o quote di fondi. Se tale folla di risparmiatori pensa positivo […] compra tanti titoli e gli indizi azionari salgono; se pensa negativo, ossia teme che le quotazioni tendano al basso, vende i suoi titoli e gli indici crollano.

Ora, non soltanto tale immagine è lontana dalla realtà, ma anche se fosse parzialmente vera, sarebbe irrilevante al fine di comprendere perché i mercati dei titoli salgono o scendono, ovvero vanno alle stelle, come nel periodo 2003-2007, oppure crollano, come nel 2008. Gli scambi azionari imputabili a iniziative personali dei signori Smith e compagni rappresentano una frazione minima degli scambi giornalieri che si registrano nelle borse del mondo, presumibilmente meno del 5%. Troppo poco per far muovere tangibilmente i mercati. L’80% invece è imputabile agli investitori istituzionali [banche, assicurazioni, fondi pensione, fondi comuni di investimento]. Il restante 15% si ritiene sia dovuto a decine di migliaia di corporation, capitalisti privati e fondi speculativi […]

Quell’80%di scambi giornalieri attribuibile agli investitori istituzionali viene realizzato secondo tre diverse modalità [qui ci limitiamo ad una, per brevità]. Una quota assai rilevante di scambi, poco meno della metà del totale, nei periodi di normale andamento delle borse viene controllata automaticamente da batterie di computer (una delle maggiori voci di costo degli enti finanziari in genere) […] programmati da matematici finanziari ed esperti di informatica in relazione a numerosi fattori. […] Tutti i gestori dei fondi pensione e dei fondi comuni sono tenuti a conseguire un obiettivo primario: far sì che il loro fondo ricavi dalle azioni in portafoglio (e pure dalle obbligazioni) un guadagno superiore al guadagno medio delle borse [il “benchmark”]. Uno studente di terza media  potrebbe osservare che non si vede come tutti i fondi possano guadagnare più della media: se uno guadagna qualcun altro deve perdere, perché di questo son fatte le medie.[…]

Per comprare e vendere azioni ricavandone un guadagno bisogna anticipare le mosse degli altri attori che operano sul medesimo mercato; è cioè necessario cercar di capire cosa pensano gli altri, al fine di anticiparne le mosse. Oltre 70 anni fa John M. Keynes ha descritto in maniera oltremodo incisiva il comportamento degli investitori istituzionali, i suoi obiettivi e le sue cause. La maggioranza di essi

si occupa soprattutto non già di compiere migliori previsioni a lungo termine sul rendimento probabile di un investimento per tutta la sua durata, bensì di prevedere variazioni della base convenzionale di valutazione con un breve anticipo rispetto al grosso pubblico”. [Si tratta in sostanza di “giocare d’anticipo”].’

Luciano Gallino

Ne consegue che

‘L’investimento professionale può essere paragonato a quei concorsi dei giornali nei quali i concorrenti devono scegliere i sei volti più graziosi tra un centinaio di fotografie, e nei quali vince il premio il concorrente che più si è avvicinato, con la sua scelta, alla media di tutte le risposte; cosicché ciascun concorrente deve scegliere, non quei volti che egli ritenga più graziosi, ma quelli che ritiene più probabile attirino i gusti degli altri concorrenti, i quali a loro volta affrontano tutti quanti il problema dallo stesso punto di vista’.

Concludo con un altro estratto dallo stesso libro di Gallino:

 

Resta da vedere come operano […] i dirigenti dei fondi speculativi [hedge funds], i gestori di patrimonio dei ricchi e super-ricchi, i manager dei fondi di private equity […] che non partecipano ai concorsi in cui si vince se si riesce a immaginare cosa faranno gli altri: piuttosto ne decidono l’esito grazie ai mezzi di cui dispongono. [Tutti costoro] sono atti a influire potentemente sia sui corsi dei titoli bersaglio, sia sull’andamento generale della borsa o delle borse in cui hanno operato. In molti casi non hanno nemmeno bisogno di impegnare capitali: acquistano allo scoperto, che vuol dire sborsare i soldi soltanto quando l’affare è fatto e il guadagno già assicurato. In questo caso il giudizio dei mercati esprime semplicemente ciò che i maggiori investitori istituzionali, ivi compresa la decina di super-banche e assicurazioni cui gran parte di essi fanno capo, hanno deciso che debba accadere.

Credo che queste citazioni servano a “demitizzare” i segnali dei “mercati”, che condizionano le scelte dei governi, i quali  invece si sono docilmente, e criminosamente, adeguati ai loro dettami, lanciati attraverso le borse nonché le sollecitazioni di istituzioni del calibro della BCE, che in realtà è portatrice degli interessi delle varie banche centrali, private, che la possiedono e condizionano.

In conclusione, come vado predicando da anni, quando ce la prendiamo con i governi, miriamo a un bersaglio specchio, che ci rimanda a circoli più alti del mondo della finanza. È da lì che arrivano gli ordini, e i governi devono soltanto affannarsi a renderli un po’ più digeribili dai loro elettori. Il risultato di questa combutta sopra le nostre teste si è visto, in misura crescente, nell’ultimo quarto di secolo: il reddito è stato progressivamente risucchiato da quello dei lavoratori e pensionati verso la fascia più alta, dove risiedono tutti quei personaggi che chiamiamo genericamente “i mercati”; al cui servizio milita, a mo’ di paracolpi, la classe politica che miete il grosso dei voti (i c. d. voti “utili”), pagata in proporzione alla sua capacità di tamponare le montanti rivolte con molte parole e pochissimi fatti. Nonché coi manganelli della polizia e le sentenze giudiziarie contro “i violenti”, magari ex-lavoratori ora disoccupati, cassintegrati, precari o pensionati che anno dopo anno scivolano nella fascia di povertà. Il tutto mentre i politici non scalfiscono se non simbolicamente i loro scandalosi privilegi e quelli dei boiardi di Stato. 

Marco Giacinto Pellifroni                                                11 settembre 2011

 

* Luciano Gallino, “Con i soldi degli altri”, Einaudi 2009. Dello stesso autore consiglio vivamente anche “Finanzcapitalismo”, Einaudi 2011.

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