Il destino del dollaro (e dell’euro)

Il destino del dollaro (e dell’euro)

Il destino del dollaro (e dell’euro)

C’è una notizia che stampa e TV si sono “dimenticati” di riportare. Eppure è una notizia destinata a sconvolgere nei prossimi anni il corso di tutte le valute mondiali.*

Pochi giorni fa l’India decideva di rompere gli indugi, o meglio le sanzioni che gli USA, spinti da Israele, avevano decretato contro l’Iran, col pretesto della sua politica nucleare, vista come una minaccia potenziale per Israele (mentre sembra non preoccupare quella analoga di Corea del Nord e Pakistan).

La sanzione principale consisteva nel divieto al mondo intero di acquistare petrolio dall’Iran, pena il bando di ogni transazione commerciale e finanziaria con gli USA stessi. Alla sanzione si era subito accodata la fedele ancella degli USA, l’Unione Europea. In questo modo, dopo anni di minacce, si era pensato di isolare l’Iran dal resto del mondo, tramite un vero e proprio assedio economico, tagliando all’Iran i proventi petroliferi da due grossi clienti. Sanzioni simili erano state fatte a suo tempo all’Iraq, con le note conseguenze.

In realtà, la motivazione sottaciuta è sempre la stessa: evitare che il legame di ferro tra petrolio e dollari possa sciogliersi.

Nel numero scorso ho parlato di signoraggi, ponendo l’accento sul lungo signoraggio internazionale americano seguito allo sganciamento del dollaro dall’oro nel 1971. Nei successivi 40 anni gli USA, dopo l’accordo tra Nixon e l’Arabia Saudita, seguito nel 1973 dalle nazioni aderenti al cartello petrolifero OPEC, gli USA legarono di fatto il dollaro non più all’oro, come era stato sino allora sin dagli accordi di Bretton Woods del 1944, bensì al petrolio, dando l’avvio alla moltiplicazione a loro piacimento dei c. d. petrodollari.

In questi 40 anni tutti erano obbligati a tenere una riserva di dollari per potere acquistare il petrolio: No dollars, no oil. Le nazioni OPEC trattenevano una parte della loro montagna di petrodollari per darsi a spese faraoniche a casa propria, convogliandone il resto verso gli USA, con l’acquisto dei loro BOT: i Treasuries. Con questo accordo il resto del mondo finanziava le follie consumistiche sia degli USA che dei Paesi petroliferi.

Oro e petrolio di nuovo amici

Va da sé che un simile bengodi andava difeso con le unghie e coi denti. E infatti, quando Saddam osò accettare valute diverse, euro in particolare, in cambio di petrolio, la macchina bellica americana fece scempio di lui e della sua nazione, sulla base di menzogne, poi venute vergognosamente alla luce.

Nessuno osò più ribellarsi al cappio dei petrodollari, finché un’altra rogue country (nazione canaglia) di vecchia data tentò di coalizzare le nazioni africane in un rigetto del dollaro, con la nascita di una valuta continentale. I suoi sforzi non ebbero successo, ma il capo di quella nazione era tornato ad essere una mina vagante, avendo accettato euro contro petrolio: meglio farlo fuori. Non essendo andati a segno i tentativi di eliminarlo col solito sistema dell’attentato personale, non si esitò a scatenare una guerra contro di lui. È storia recente: si tratta della Libia di Gheddafi, oggi tornata nell’alveo delle nazioni ossequienti al predominio del dollaro.

E torniamo alla notizia di pochi giorni fa, con l’India che decide di infischiarsene dell’embargo e stipula un accordo con l’Iran per il pagamento del petrolio in oro! La transazione sarà resa possibile passando, anziché attraverso le solite grandi banche internazionali private, che sarebbero state penalizzate dall’embargo, per il tramite di due banche pubbliche: una filiale della banca centrale indiana ed un’altra della banca centrale turca. La decisione è di quelle epocali, perché significa dare uno schiaffo non solo al dollaro e agli USA, ma anche all’euro e all’Unione Europea.

 Ahmadinejad e Nixon nemici a distanza

Solo pochi anni fa, un simile atto di sfida alle due maggiori potenze economiche mondiali sarebbe stato impensabile.

L’accordo India-Iran ha funto da rompighiaccio. E Cina e Giappone, grandi importatori di petrolio dall’Iran, e persino la Russia, hanno dato segnali di voler seguire a ruota. 

Il risultato, per gli USA soprattutto, è che, per voler accontentare il loro eterno alleato, Israele, fronteggiano ora uno scenario sconsolante: è chiaro che non possono fare in India, Giappone, Cina o Russia, ciò che avevano fatto in Iraq e poi, a fianco dell’UE, in Libia. Quindi l’embargo si ritorcerà a loro danno –e ahinoi nostro, visto che il 20% delle importazioni di petrolio dell’UE viene dall’Iran-, in quanto il venir meno di questa importante fonte di approvvigionamento farà ulteriormente lievitare il nostro prezzo del greggio. Insomma l’accoppiata USA-UE ha fatto autogol!

L’opzione, ventilata da anni, di bombardare l’Iran resta naturalmente in piedi, se non direttamente da parte USA, indubbiamente da parte di Israele, come confermato dallo stesso ministro della difesa USA, Leon Panetta, in questi giorni. Col rischio di interventi a catena e l’uso di ordigni nucleari.

In conclusione, per limitarci al solo profilo monetario, tutta la vicenda sta a sottolineare, se ancora ve ne fosse bisogno, la dilagante sfiducia verso la moneta creata dal nulla, fiat money, da parte non solo degli investitori, ma addirittura delle nazioni, specie asiatiche, e il riemergere di quello che ancora di recente si definiva “un relitto del passato”: l’oro.

Dopo un lungo letargo, le principali nazioni asiatiche si sono chieste che senso aveva continuare a tenere di riserva una valuta, come il dollaro, emesso a suo arbitrio dalla nazione più indebitata del mondo. E hanno finito col convenire che l’unica entità che può accomunare valute diverse, senza il timore di default, è pur sempre il metallo giallo.

C’è quindi da attendersi una prossima, ulteriore rivalutazione dell’oro, sulla scia del petrolio. In tal modo, un bene che i banchieri non si stancano di ripetere che “non serve”, sarà indissolubilmente legato ad un bene “che serve”: il petrolio. Mentre finiranno col servire a poco, in termini di mantenimento del potere d’acquisto, le divise soggette a continuo deprezzamento, come il dollaro e l’euro, specie se in forma elettronica anziché cartacea, che almeno mantiene un residuo di fisicità: tutto il contrario della politica pro-bancomat e anti-contanti messa in atto dall’attuale governo delle banche, con la scusa della tracciabilità,che sono loro stesse le prime ad eludere.

  

* Vedi: http://www.presstv.ir/detail/222857.html  

 

Marco Giacinto Pellifroni                                                            5 febbraio 2012

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