Ideologie e Pragmatismo

 È da quando il M5S entrò in Parlamento che è iniziata una campagna mediatica di denigrazione dei suoi principi fondativi come frutti di un’ideologia staccata dalla realtà e improntata a privilegiare l’invadenza dello Stato nell’economia, nella politica, nella società. In particolare, si è presa di mira la sua vena ambientalista ogniqualvolta si sono dovute prendere decisioni sulla realizzazione di infrastrutture di rilevante impatto sul territorio. 

  

Due titoli de La Stampa dell’11 giugno molto indicativi: a) della ripresa di produzione e consumi più che nell’ante-Covid; b) della decisa svolta pragmatica del M5S, che segue la via di minor resistenza, pur di aggrapparsi al Palazzo 

Le critiche arrivavano a bollare come fondamentalismo ecologista ogni opposizione a grandi opere che, proprio in quanto grandi, richiedevano valutazioni parimenti approfondite sui loro risvolti negativi. Gli attacchi, provenienti da ogni fronte, a prescindere dall’etichetta partitica, colpirono al cuore la schiera dei nuovi eletti, provocandone uno sbandamento, sotto la costante minaccia di tornare al voto, mandando così in fumo l’improvviso quanto inaspettato raggiungimento di quelle che vengono eufemisticamente definite “rendite di posizione”, cioè lo status di parlamentare, con tutti i privilegi ad esso connessi. Terrorizzati da questa prospettiva, i pentastellati non esitarono a rinnegare ogni principio fondante del Movimento, aderendo alle richieste del “partito del fare”, ossia della totalità dei partiti (Verdi esclusi, ma di scarso impatto), squalificandosi agli occhi del loro stesso elettorato.

 

Di Maio e Di Battista: le due opposte anime del M5S, pragmatica e idealista

L’attaccamento alla poltrona finì col gettare nel discredito anche i loro ideali di partenza, considerati come inattuabili da parte del pragmatismo imperante. Certo, non tutti i “grillini”, “Dibba” in testa, passarono armi e bagagli dall’altra parte della barricata, ma la parte preponderante, impersonata da Di Maio, calpestò i propri principi, alleandosi con chiunque pur di non dover tornare nello squallido anonimato, alle prese, come singoli, con i guai giornalieri che affliggono la maggioranza dei normali cittadini. Del resto chi, raggiunta faticosamente l’isola, osa rituffarsi, motu proprio, nel mare in burrasca?

Eppure, i partiti che hanno goduto, o godono, di un più delineato profilo identitario, sono proprio quelli che hanno sventolato negli anni le bandiere più smaccatamente ideologiche. Un partito senza un’ideologia ispiratrice alle spalle non è un partito, ma una pragmatica congrega d’affari. 

Così fu per il partito più ideologizzato di tutti: il Partico Comunista, sia nella nazione madre, l’URSS, sia in un’Italia dove voleva replicarne il sistema, sul modello esteuropeo. Un’ideologia che tuttavia, portata ai suoi estremi, crollò su se stessa, trascinando nella polvere anche il PCI, al quale venne ex abrupto a mancare “la spinta propulsiva”, spingendolo negli anni ad applicare un trasformismo, anche nel nome, che lo condusse a far propria l’ideologia opposta, quella capitalista, mantenendo i propri valori soltanto in campi che esulano da soldi e finanza: i diritti civili. 

 

Cristianesimo e comunismo, lo spirito e la carne: due “scuole di pensiero” con parabole temporali molto diverse. La prima, venendo a patti col mondo dopo i furori iniziali, ha resistito per due millenni (anche se oggi, per eccesso di secolarismo, sta firmando la sua estinzione). La seconda, per non aver rinnegato una formula perdente, s’è spenta dopo neppure un secolo 

Per farsi perdonare il tradimento sul fronte suo proprio, quello dei lavoratori dipendenti, gli ex compagni hanno riversato i perduti ardori sulle pari opportunità, sulla galassia LGBTQ, compresi i matrimoni omosessuali e relative adozioni, sull’apertura indiscriminata dei confini a schiere di afro-asiatici, sullo ius soli, incuranti di ingrassare, con questo zelo “umanitario”, bande di criminali dediti alla tratta dei neo-schiavi.  

Essere di sinistra oggi significa sostanzialmente propugnare le suddette posizioni, dimenticando la tutela delle due classi lavoratrici: dipendenti, in contrazione, e autonomi, in forzata espansione, tradizionalmente corteggiati da sinistra e da destra, rispettivamente. Con l’inaudito risultato che anche i lavoratori dipendenti oggi votano per la destra, dalla quale si sentono più rappresentati.

Le accuse che oggi vengono mosse ai pentastellati vertono sulle loro preferenze per lo Stato anziché per il privato: una preferenza tradizionalmente attribuita alla sinistra. In effetti, com’è possibile considerare più efficiente l’iniziativa privata laddove non è il profitto a giustificarne l’esistenza, ma il soddisfacimento delle esigenze basilari dei cittadini, come nella sanità, nei trasporti, nella tutela del patrimonio nazionale, nella difesa, non tanto da improbabili attacchi armati, ma più banalmente dei confini, anziché lasciarli in balìa delle varie ONG? 

Tutt’altro tenore hanno le accuse alla loro propensione all’assistenzialismo: una forma mentis secondo cui vengono esaltati i diritti e trascurati i doveri. Eppure, il principio di sostenere i meno validi, senza sospingerli nella categoria dei “falliti”, è stata una delle maggiori conquiste sociali, considerando anche la rarefazione dei posti di lavoro che non richiedano particolari attitudini.

 

La “terza via”: né carne né spirito, solo soldi. È la scuola totalmente appiattita sul pragmatismo dei mercati. Accoppiata ad una tecnologia de-eticizzata, sta dimostrando la sua potenza distruttrice, sia dell’ambiente che della società, con differenze di reddito inimmaginabili anche solo 2 o 3 decenni fa. La moneta, anziché mezzo di scambio, è diventata il solo, ambito fine

Scorrendo la stampa mainstream, il M5S è sottoposto ad attacchi continui e impietosi, accomunando nel biasimo anche le loro idee fondanti, come la solidarietà per i più fragili e il rispetto dell’ambiente, ossia qualità che le sinistre hanno messo in subordine alle esigenze del “giorno per giorno”, aderendo di fatto al pragmatismo di Draghi, dimentiche del suo ventennale curriculum di uomo di punta della finanza internazionale, che tanto è costato all’Italia. 

Sto spezzando qualche lancia a difesa, non tanto di un movimento che ha perso i suoi connotati originali, quanto di quella parte della sua ideologia che ne determinò la nascita e il successo elettorale. I suoi propositi di rinnovare una classe politica di opportunisti e faccendieri, collusi spesso con la parte peggiore della nazione, formata da mafie grandi e piccole, non vanno buttati a mare soltanto perché coloro che se ne sono fatti promotori non sono stati all’altezza del compito. Gli ideali che hanno visto sorgere il M5S, motivandone la discesa nell’arena politica, vanno comunque difesi, anche perché l’Italia ne ha più bisogno che mai, in un mondo “del fare” che ha dimostrato tutti i suoi limiti, in particolare proprio la sua intolleranza dei limiti.

 

“M5S: la carica degli onorevoli nessuno: umiliati, vessati e campioni di gaffe.” Così li definisce L’Espresso. Forse sarebbe il momento di andare oltre le facili critiche di questi “volti senza volto” e guardare senza pregiudizi se non sia da ricercare proprio in loro l’espressione del malessere che avvilisce i più mentre incensa i pochi che da quel malessere hanno saputo, pragmaticamente, estrarre ricchezza pro domo sua. Eleggo Jeff Bezos a simbolo dell’imperante mors tua, vita mea  

Vedremo se la moltitudine dei seguaci di un comico voltagabbana riuscirà a filtrare e partorire una minoranza ancorata all’ideologia di partenza, che dubito possa ravvisarsi nei seguaci del sedicente “avvocato del popolo”, buono per tutte le ideologie, quindi per nessuna. Del resto, è ormai chiaro che i partiti, più seguito hanno, più sono proni ai compromessi, o meglio ai patteggiamenti al ribasso. Guardiamo al troppo lungo cammino del cristianesimo, per rendercene pienamente conto. D’altro canto, partiti troppo minuscoli (i “cespugli”) sono spesso portati ad un sentimento di puristica superiorità. La sfida è trovare il giusto equilibrio dimensionale e quindi ideologico.

 

P. S. Ieri, 10 giugno, cielo azzurro; oggi, 11 giugno, un reticolato di scie chimiche ha gradualmente trasformata una giornata di cielo azzurro in una con cielo caliginoso. Quindi, se sono scie di aerei di linea, come i benpensanti continuano a sostenere contro ogni evidenza, quegli stessi aerei che oggi ammorbano il cielo, ieri erano invece tutti a terra, e nessuno volava? Complottismo, il mio? 

Qualcuno sa darmi una risposta, che non sia il solito “complottismo”? 

  Marco Giacinto Pellifroni         13 giugno 2021

 

 

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