I PECCATI DELLE DONNE E L’ORIGINE DEL FEMMINICIDIO

I PECCATI DELLE DONNE
E L’ORIGINE DEL FEMMINICIDIO

 I PECCATI DELLE DONNE E L’ORIGINE DEL FEMMINICIDIO

Le conseguenze dell’ormai famoso gesto provocatorio del povero ( non proprio in senso evangelico) parroco di S.Terenzo, don Piero Corsi, sono andate ben oltre le sue intenzioni – come egli stesso ha dichiarato, tra lo stupito e l’infastidito, dopo “il lungo e fraterno colloquio” intercorso con il vescovo di La Spezia monsignor Palletti – tanto che ha sentito (o gli hanno fatto sentire) il bisogno di scusarsi “con tutti per quella che voleva essere soltanto una imprudente provocazione.
In particolare mi voglio scusare con tutte quelle donne che si siano sentite offese in qualche modo dalle mie parole”. Dalle sue parole? Ma quelle parole offensive della dignità delle donne, che evidentemente al povero don Corsi erano così piaciute da indurlo ad affiggerle nella bacheca parrocchiale, non erano farina del suo sacco: don Corsi le ha “scaricate” dal sito integralista Pontifex. Roma.it, sito che già si è segnalato per editoriali che fustigavano la decadenza dei costumi interpretando persino le alluvioni e  i terremoti come “avvertimenti” del Cielo contro la condotta sregolata di uomini e donne senza timor di Dio, e per certe sue posizioni  tradizionaliste e antisemite. L’editoriale firmato dal responsabile del sito, Bruno Volpe, che è all’origine di questa vicenda evidentemente sfuggita di mano all’imprudente parroco di S.Terenzo, denuncia già nel titolo la sua tesi accusatoria: “Le donne e il femminicidio. Facciano sana autocritica. Quante volte provocano?”. Dopo un titolo del genere diventano inefficaci le attenuazioni, i distinguo, le precisazioni e le correzioni subito messe innanzi dai redattori di Pontifex, anche perché la lettura completa dell’articolo conferma l’atteggiamento misogino, sessuofobico e colpevolizzante del suo intransigente autore, che contesta persino la correttezza del termine usato dai “soliti tromboni di giornali e tv” per designare il dilagante fenomeno della violenza sulle e contro le donne, che è, appunto,  “femminicidio”. Per quanto numerosi siano i cosiddetti femminicidi, argomenta Bruno Volpe, sono pur sempre meno degli aborti, e si sa che “l’aborto lo decide la donna in combutta con il marito e sono molti di più. Una stampa fanatica (da che pulpito!) e deviata, attribuisce all’uomo che non accetterebbe la separazione questa spinta alla violenza”. Ecco come si diffondono i pregiudizi contro poveri mariti esasperati dai comportamenti “autosufficienti” delle donne da parte dei mezzi di informazione: secondo l’editorialista di Pontifex, anche se in alcuni casi la non accettazione della perdita di ruolo è la diagnosi giusta, non sempre è così, e “non è serio che qualche psichiatra esprima giudizi, a priori e dalla Tv, senza aver esaminato personalmente i soggetti interessati.
Non sarebbe il caso di analizzare episodio per episodio, senza generalizzare e seriamente (cioè mettendosi nei panni dei mariti umiliati e offesi) anche per evitare l’odio nei confronti dei mariti e degli uomini?”. E questa è una giusta preoccupazione, o meglio, lo sarebbe se tutti i soggetti interessati potessero essere esaminati da vivi, perché le mogli o le fidanzate uccise non possono più rendere testimonianza!
Don Piero Corsi

La tesi accusatoria dell’editoriale si delinea a tutto tondo quando l’autore si domanda retoricamente: “Possibile che in un sol colpo gli uomini siano impazziti e che il cervello sia partito?” . Certo che no: non si impazzisce d’un tratto! Se un pover’uomo viene ripetutamente insultato, provocato, tradito, vilipeso, oltraggiato è comprensibile che, a un certo momento, perda la testa!

Ecco il punto: “Il nodo sta nel fatto che le donne sempre più spesso provocano, cadono nell’arroganza, si credono autosufficienti e finiscono con esasperare le tensioni esistenti…” e quindi, a ben guardare, su chi ricade la responsabilità dei raptus assassini degli uomini, dato  che queste donne “autosufficienti” lasciano i figli piccoli abbandonati a loro stessi, la casa in disordine, la biancheria da lavare, la tavola da apparecchiare, magari con piatti “freddi e da fast food” e, come se questo già non bastasse, se ne vanno in giro in abiti succinti, incuranti del decoro, del pudore, dell’età, e degli sguardi impuri di uomini che Dante avrebbe collocato tra gli incontinenti? Abbiamo idea di “quanti tradimenti si consumano sui luoghi di lavoro (?), nelle palestre (?), nei cinema (?), eccetera? “. Quindi perché stupirsi se aumentano quelli che i soliti tromboni che orientano l’opinione pubblica chiamano “femminicidi”? Già, ma questo stupore è reversibile: perché stupirsi per la reazione indignata di tante donne  così ottusamente indicate come almeno corresponsabili delle violenze subite? Hanno qualche nozione i redattori assatanati (nel senso che scorgono lo zampino e le corna di Satana  anche dove non c’è che una sana  ricerca di autonomia e di autorealizzazione) di Pontifex di quanto il genere femminile ha dovuto subire nei secoli e ancora subisce da parte del dominio fallico? E se il povero don Corsi non immaginava di innescare con la sua “imprudente provocazione” una simile reazione a catena, che cosa dobbiamo pensare della sua attitudine alla cura delle anime? Tanto più che oggi, tramite i social network, l’editoriale di Pontifex è stato diffuso con la velocità del lampo su Facebook e su Tweetter, alla mercé dei commenti di ogni tipo e tenore, dai più volgari ai più raffinati, contro don Corsi la maggior parte, ma anche qualcuno a difesa del “povero parroco che voleva soltanto aiutare” le donne un po’ troppo scostumate a riflettere e a farsi un sano esame di coscienza. Sì, l’intenzione sarà anche stata buona, ma il metodo si è rivelato decisamente nefasto! Che non ci sia qualcosa da rivedere anche riguardo ai percorsi formativi per chi dovrà svolgere la difficile e delicata funzione di pastore  nell’ovile (sempre meno al riparo dai venti della secolarizzazione e dalle insidie sataniche del potere tecnologico e finanziario) di Santa Romana Chiesa?

 

FULVIO SGUERSO

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