I comuni mortali

I comuni mortali
Per una volta lasciamo perdere, per favore, le etichette tanto care ai media. Le etichette che delimitano, stigmatizzano, confinano.

I comuni mortali

 Per una volta lasciamo perdere, per favore, le etichette tanto care ai media. Le etichette che delimitano, stigmatizzano, confinano.

Per cui non parliamo di “ambientalisti” per definire coloro che si oppongono a progetti devastanti, antieconomici e scriteriati.  Per esempio.  O di mugugnoni a prescindere o di scettici o di immobilisti, o di quelli del no.

Parliamo di comuni cittadini, di comuni mortali col portafoglio leggero leggero, il lavoro precario, sfruttato o inesistente e le tasse da pagare.  A questi tapini, guardandosi intorno, sfugge proprio il senso di tanti proclami e di tanti progetti che si pongono esattamente nel solco di quelli che li hanno preceduti, e che in generale così pessima prova hanno dato.

 

 Il tutto, tra l’altro, prima che la crisi peggiorasse vertiginosamente, andando a compromettere ancora di più la situazione, mettendo quindi la ciliegina sulla torta dell’inutile.

Quando ne sentono parlare, questi tapini, non possono che chiedersi: i proponenti sanno qualcosa che noi non sappiamo? Hanno altri interessi da perseguire, che noi non capiamo? Sono in malafede o pervasi da ostinazione ottusa o diabolica? Soprattutto, perché?

Sì perché al comune mortale, ripeto, all’inclito non addentro alle segrete cose, sfugge proprio il senso.

Case di lusso: abbiamo palazzi semivuoti, problemi persino a gestire le terribili spese condominiali e la manutenzione, vedi torre Bofill. Tutte queste case sono finite magari come “bene merce”, beni puramente speculativi ad appesantire bilanci e gonfiare situazioni bancarie. E va bene. Ma le banche sono sempre più in crisi, questa sorta di bolla prima o poi andrà a scoppiare, nel frattempo questa economia costruita sulla finzione scenica della finanza ha distrutto le aziende, ha devastato l’economia reale, ha mandato a spasso tanta gente.


Complesso Bofill

Resiste lo zoccolo duro dei pensionati che ancora ricevono un reddito decente, lo zoccolo duro di chi vegeta tra nicchie privilegiate e raccomandazioni varie, e difatti sono rimasti fra i più solerti difensori dello status quo, ma la massa è fatta di giovani precari e sfruttati, lavoratori di mezza età che perdono l’impiego e restano nel limbo, persone sempre più confuse e depresse e sempre più distanti da una qualsivoglia stabilità esistenziale.  

Chi opera nei servizi e nel commercio si vede tartassato da tasse e burocrazia allo sfinimento, contemplando la concorrenza sleale di centri commerciali e di imprese di vario tipo e natura che per qualche motivo godono di finanziamenti e corsie preferenziali.

Come si può pensare di proporre a tutte queste persone che annaspano, beni e consumi oltre ogni capacità, oltre ogni equilibrio?

I prezzi delle case sono in picchiata, il vuoto e lo sfitto regnano sovrani, non ci sono soldi per le manutenzioni di case popolari, il mercato immobiliare, nonostante le dichiarazioni promozionali degli operatori del settore, è asfittico e stagnante.  Allora, cui prodest?

 

Vediamo vetrine vuote, serrande abbassate, le dichiarazioni di uscita dalla crisi sono pura propaganda, come possiamo parlare di nuovi centri commerciali e nuove case?

Si suppone che anche tutta l’economia perversa che si basa su: investimenti per ottenere finanziamenti e agevolazioni fiscali, affitti, tasse e condizioni di comodo, capitali di dubbia provenienza, beni di scarsissimo valore provenienti da mercati emergenti, sfruttamento di risorse e persone a basso costo, dopo aver strozzato una economia più virtuosa e sostenibile, dopo aver fatto il deserto intorno, cominci a patire la carestia essa stessa. Nulla può crescere in eterno, specie quello che si nutre di terra bruciata.

Altra domanda delle cento pistole: se davvero questa che si continua ostinatamente a perseguire fosse l’unica via possibile, la migliore, il progresso, com’è che tutti i contendenti, in campagna elettorale, la rinnegano, la sconfessano, parlano di alternative sostenibili (dunque, almeno a parole, le conoscono), allettando i cittadini, per poi rimangiarsele nei fatti una vota eletti, a favore di ulteriori nefandezze, tacciando gli stessi cittadini di essere retrogradi e sfidandoli a proporre alternative?

Questa non mi pare esattamente una dimostrazione di buona fede e buone intenzioni.

Resiste un pochino il mercato delle seconde case.  Ma a parte che, lo sappiamo, alla lunga si rivela devastante per l’economia delle località turistiche, la sostenibilità, l’ambiente, i trasporti, i servizi, il settore alberghiero che dà lavoro, anche questo prima o poi scemerà, per forza di cose. Già ora è significativo che siano in voga gli orridi miniappartamenti a pianterreno, ottenuti da negozi e magazzeni con varianti edilizie, brutti a vedersi e tristi ad abitarsi, loculi da vacanza o da abitazione provvisoria, ma evidentemente, i soli gestibili economicamente per un turismo sempre più squattrinato.

Parliamo della follia del momento, la recrudescenza di progetti edilizi in collina.

Ci sta che, dato che nelle pieghe della crisi qualcuno riesce ancora a passarsela decentemente, qualche villetta e qualche permesso edilizio di troppo possa capitare.

 
Villette a Madonna del Monte e alla Romana

 Ma le villette a schiera? I nuovi complessi? Case a costi sicuramente proibitivi, perché giustificate magari come cascine per recupero agricolo ma dotate di accessori di lusso, piscine e quant’altro.  Come pensare che trovino mercato?

I servizi decentrati, inutile dirlo, scarseggiano, vengono dati come conseguenza dubbia di nuovi insediamenti mentre ne dovrebbero essere, semmai, la premessa, ma sono comunque difficilmente ipotizzabili in un momento in cui si fatica a mantenere l’essenziale.  I conti sono presto fatti. I giovani, le famiglie a cui piacerebbe abitare fuori città, che hanno lo spirito e le condizioni per affrontare il decentramento e un faticoso pendolarismo, fuggono e si arrendono di fronte ai costi proibitivi.

Viceversa, chi disporrebbe del capitale adeguato non va di sicuro a imbriccarsi in una sorta di periferia suburbana e umida campagna, con tutti i disagi dei condomini e quelli del decentramento insieme, vuole semmai la villetta vista mare.

Perciò domanda e offerta viaggiano su binari paralleli.

A meno che (e sono agghiacciata all’idea, non vorrei dare suggerimenti) anche qui, per contenere i costi, non si aumenti il numero di unità abitative diminuendone le superfici.

Il loculo collinare è servito. Alla giapponese.

Intanto contempliamo le rovine rugginose di Savona 2, speculazione per ora fallita a Cadibona, sentiamo parlare di disastri e complessi finiti a metà dove nessuno vuol abitare, nel retroterra albisolese, di case nuove che presentano già problemi di manutenzione, umido o materiali non all’altezza… ma andiamo avanti così.

 
Margonara ed ex cantieri Solimano

A Margonara ci stiamo disperatamente dando da fare per togliere le castagne dal fuoco al privato, Gambardella, che si trova ad aver ragione per legge e non vuol mollare, ma obiettivamente che se ne farebbe di un porticciolo, adesso?  Ci agitiamo nell’equivoco che per forza una speculazione che non sta in piedi DEBBA essere resa appetibile agevolando il privato.

Ma perché? Quale medico l’avrebbe ordinato, ai pubblici amministratori, che al contrario dovrebbero avere il diritto e il dovere di preservare i beni pubblici e i diritti di tutti i cittadini, non i privilegi di qualcuno? Dovrebbero semmai profittare di ogni appiglio per tenere duro e ottenere qualcosa di più, non per sbracarsi del tutto. In questo caso, ci si dica disponibili a rispettare alla lettera il dettato della sentenza, per evitare risarcimenti, e nulla più. Basterebbe quello.

Ai Solimano il costruttore avrebbe comprato a troppo caro prezzo i cantieri dismessi, e ora, senza variante, non realizzerebbe abbastanza profitto.

Deve essere un problema nostro, di tutti noi? Fargli fare un orrido grattacielo se no non guadagna? Appiccicarci una passeggiata a pezzetti per infiocchettare?

Perché certe opere pubbliche o migliorie, che potrebbero anche vivere di vita propria e ottenere fondi di per sé, devono per forza essere abbinate a speculazioni private o altre devastazioni, come pupazzetti sull’uovo di Pasqua? Usate come pretesto al guadagno di pochi.

Perché il recupero del famoso “degrado” deve per forza passare per stravolgimento, deturpazione, asfissia da cemento, invece che per una conservazione ragionata e fruibile?

Perché, a ogni nefandezza indigeribile proposta, si sfidano i contrari a proporre alternative? In teoria non dovrebbe essere compito dei cittadini, che di solito, lo ricordo ancora una volta, hanno dato il loro voto proprio in nome di alternative promesse. In teoria sono gli amministratori che a fronte di pretese eccessive e speculazioni nefaste devono porre un freno, non avallarle. Che vengono eletti per proporre modelli migliori di sviluppo, non per fare da passivi (anzi, incoraggianti) passacarte dei progetti privati.  Con la democrazia partecipata nominata solo come orpello posticcio, come alibi a posteriori per fingere ascolto e non prendersi responsabilità su ciò che è già stabilito.

È talmente palese, evidente, la perfetta continuità di progetti e intenti col passato, da essere imbarazzante.

La Lega, che ha vinto le elezioni in nome e per conto del centrodestra facendo da traino, è emarginata senza neppure salvare la facciata: concessi solo un po’ di folclore su alcuni temi tipici, ma per favore, sui grandi progetti, lasciate lavorare i grandi senza disturbare, gli stessi di sempre, con la regia di Autorità Portuale.

 

Sono così contenti, gli elettori leghisti? Sono contenti quelli che pensavano a un cambiamento?

Il sistema non solo prosegue imperterrito con le idee devastanti del passato, anche quelle rimaste in un cassetto, ma rilancia, ne propone di nuove e sempre peggiori. Ogni giorno ne scopriamo una.

Talmente incredibili per la quantità di danno, di beffa, di disagio comune che portano con sé, da essere da psicanalisi.

Una persona normale, anche per oscuri interessi, non riuscirebbe mai ad arrivare a tanto.

Questi gareggiano con i cattivi dei fumetti, sono animati da odio furente per l’umanità e desiderio di devastare, imbruttire, annichilire.

Il comune mortale si chiede, giustamente: ma allora, che ci fate votare a fare? Facciamo nominare direttamente gli amministratori e le varie funzioni partecipate dai poteri forti di cui sopra, risparmiamo almeno i soldi delle elezioni, i soldi delle sedute consiliari, le dispute di facciata che riempiono le pagine dei giornali, e magari avanza qualche spicciolo per elemosine sociali.

Il comune mortale si immagina che questo sistema crollerà, e farà un bel botto. Il comune mortale aspetta e aspetta, confuso, depresso e ansioso, e si rende conto che l’agonia sarà lunga e difficile, e nulla verrà risparmiato nel frattempo, e le deturpazioni fuori tempo massimo andranno avanti.  Il comune mortale sa anche troppo bene che sotto le macerie ci rimarrà lui, non tutti questi cantori del retroprogresso che se la cavano sempre e hanno ottimi paracadute.

Il comune mortale fa bene a essere preoccupato. E farebbe ancora meglio a darsi da fare e combattere per cambiare, nel suo stesso interesse. Suo, e dei suoi figli e generazioni che verranno. 

 Milena Debenedetti  Consigliera del Movimento 5 stelle

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