HIKIKOMORI? Non grazie, preferisco la cucina nostrana
HIKIKOMORI?
No grazie, preferisco la cucina nostrana.
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HIKIKOMORI? No grazie, preferisco la cucina nostrana. Tempo di lettura: 7 min. Questa settimana mi è sembrato doveroso accogliere la confidenza di una famiglia disperata che da diversi anni sta lottando con le strutture pubbliche locali, lente, con poche risorse, ma soprattutto presuntuose. Con la certezza che qui in giro ci sono altre famiglie che vivono lo stesso disagio. L’Hkikomori è un fenomeno che ha origine in Giappone, da qui nasce il termine.. Una patologia non psichiatrica bensì psicologica che colpisce gli adolescenti. Il termine tradotto significa “stare in disparte”. Male che colpisce da anni la società Giapponese dove i figli risentono della mancanza di un padre spesso impegnato nel lavoro, mentre è forte invece quella materna che adotta un sistema di iperprotezione per sopperire a questa carenza. La reclusione volontaria di un bambino, dai nostri servizi di salute mentale nostrani viene spesso imputata a un esagerato consumo di internet o video games o ancora del fenomeno bullismo subito a scuola, sovente non conoscono nemmeno il termine Hikikomori e comunque, per partito preso, il disagio di un minore è sempre da imputare alla “genitorialità inadeguata”. E’ pur vero che i bambini di oggi hanno poco tempo per giocare. Vanno a scuola al mattino con i rientri pomeridiani, fanno attività sportiva due volte a settimana, al sabato c’è il catechismo a cui non si può rinunciare se si vuole prendere la comunione, la domenica c’è la partita. Addirittura per qualche tempo a Loano, molti genitori hanno scelto di far restare a scuola i propri figli sino alle 14.00 per avere a disposizione l’intero pomeriggio. Con la conseguenza che, come affermava il grande economista Keynes, “un operaio che fa lo straordinario viene pagato il doppio ma rende la metà perché dopo un certo numero di ore lavorative è stanco”, quindi c’è da immaginarsi come un bambino arrivi alla sesta ora di scuola con la fame che gli attanaglia lo stomaco, se poi vogliamo rincarare la dose, il tempo che arriva a casa e mangia sono le tre del pomeriggio. Ma si può? Poi ci sono le valanghe di compiti a casa che molti insegnanti, non essendo in grado di svolgere il loro lavoro in classe, caricano i bambini delegando la famiglia, spesso impegnata nel lavoro per far fronte ad un ‘esistenza dignitosa. Lo sport, che dovrebbe servire al solo scopo di aggregazione e crescita diventa invece una sfida perenne, a volte più per i genitori che ripongono i loro sogni frustrati sui figli. I bambini che fin da subito non dimostrano d’esser “fuoriclasse” vengono lasciati in panchina seppur anche le loro famiglie paghino la retta alla società sportiva come gli altri. Molti padri sono assenti e i tribunali sono ricolmi di pratiche di separazioni e richieste di alimenti. Ci sono padri che lottano per vedere i figli, ci sono quelli che pagano gli alimenti e vedono regolarmente i figli, ci sono quelli che ritengono sufficiente adempiere al loro dovere pecuniario, per cui il loro compito termina in uno squallido assegno mensile giustificando la loro assenza. Ci sono genitori che vivono sotto lo stesso tetto ma ognuno ha la sua tv privata. Le problematiche sono le più diverse ma non voglio dilungarmi perché il problema è un altro, l’Hikikomori appunto, il disagio sociale della generazione futura. Come fenomeno che attacca la nuova società, è, in primis compito delle strutture pubbliche documentarsi e fare qualcosa perché ciò venga riconosciuto, studiato e divulgato. Il ragazzo in Hkikomori si reclude volontariamente, il suo mondo è in una stanza, dove mangia, dorme e guarda nel vuoto cullandosi in sogni ad occhi aperti con l’incapacità di trovare una ragione e la forza per realizzarli, spesso esce da quella stanza solo di notte mentre il resto della famiglia dorme e nessuno lo può vedere . Nella maggior parte dei casi internet diventa uno strumento di ricerca e distrazione e non quello più classico della creazione di un mondo virtuale, perché l’”Hikikomores” rifiuta ogni tipo di socializzazione, non ha amici, spesso abbandona la scuola e rifiuta il contatto col mondo esterno, rifiutandosi di uscire di casa. In Liguria, per certi versi siamo rimasti agli anni ’70, è curioso l’atteggiamento di molti psicologi, specialmente delle strutture pubbliche, che non vogliono riconoscere questo male moderno negli adolescenti “nostrani”.La loro presuntuosa risposta è rimandata al solo fenomeno nipponico in quanto la società lì è diversa da quella occidentale. Mah….Esiste la varicella in Giappone? Forse nelle vescicole della varicella che colpisce i bambini giapponesi non vi è acqua ma “sake”? Tutto il mondo è paese, i nostri figli e nipoti dovrebbero essere una risorsa del domani, invece genitori e nonni si ritrovano ad accudirli fino a che hanno energie. A Loano abbiamo un porto che fa invidia alla regione, si sono spesi miliardi per un lungo mare che diventerà presto una “sputacchiera”, ogni comune della provincia fa a gara per avere un nuovo porto o un nuovo lungomare. Porto di Loano
Si pensa a costruire residence a 5 stelle, ma, possibile che a nessuna amministrazione venga in mente di investire sui giovani? In tutta la Liguria non esiste una struttura dedicata agli adolescenti, a parte le solite comunità educative il cui sistema ECONOMICO è scandaloso, e qui mi riprometto di aprire un capitolo più avanti. Per chi volesse approfondire l’argomento può rivolgersi alla redazione di Trucioli Savonesi dove verranno lasciati alcuni recapiti di famiglie interessate direttamente a questo fenomeno che ogni giorno lottano con l’ottusità delle strutture pubbliche locali. |