GAVARRY: UN PRECEDENTE DISASTROSO?

GAVARRY:
UN PRECEDENTE DISASTROSO?

GAVARRY: UN PRECEDENTE DISASTROSO?

 

 

 

La Liguria, una regione meravigliosa, è da tempo malata.
Ricca di storia, arte, cultura e di straordinari paesaggi, al pari di molte altre regioni italiane, soffre di una malattia molto grave: il consumo di territorio.  Si dice, con fatti alla mano, che questo cancro dal 1950 a oggi, in Italia, abbia seppellito sotto il cemento, un’area grande quanto tutto il nord dell’Italia.

La Liguria, inoltre, è una regione con ampi territori oggetto di dissesto idrogeologico, con un patrimonio paesaggistico in parte irreversibilmente compromesso, inghiottito dalla bramosia del costruire, a tutti i costi.

Ci si accorge dei danni, quelli tragici, quando le conseguenze di questo ignobile comportamento procurano tragici eventi, quando i Sindaci chiedono risarcimenti per lo stato di calamità. In caso contrario, tutto continua nell’inesorabile indifferenza verso la vera calamità: l’inettitudine di chi amministra. Ancora troppo poco incisiva e ininfluente è stata l’opposizione dei cittadini a tutto questo.


Località Pian del Melo

La scarsa consapevolezza che il territorio sia patrimonio di tutti e la sua difesa come obbligo, la mancanza di responsabilità di noi tutti verso l’ambiente fondamento della qualità della vita, sono stati spesso buoni alibi per chi ha amministrato e continua a farlo, nella completa indifferenza, col proposito più abbietto: quello dello sfruttamento del territorio delle nostre città. Una volta mascherato da occasione di posti di lavoro, una volta da indispensabile riqualificazione, si è rivelato spesso inutile e dannoso, se non per quei pochi che ne traggono vero profitto.

Il termine “riqualificare” viene, all’occasione, opportunamente distorto al punto da giustificare l’impossibilità di sradicare l’idea, ormai insita nella mentalità di costruttori e politici, di dover obbligatoriamente EDIFICARE.
Esiste un terreno, grande o piccolo che sia, esiste una fabbrica che per una ragione o per un’altra chiude, fallisce o è dislocata altrove: quale occasione  provvidenziale  per fare nuove edificazioni residenziali, nuovo cemento, altre costruzioni e operazioni immobiliari?

Riqualificazione dell’area Gavarry di Albisola

Ad Albisola sembrava fatta.

 

 

La Alfa Costruzioni del gruppo  Barbano, che riqualifica l’area ex-industriale di Via Nizza a Savona, che riqualifica gli Orti Folconi, che realizzerà il Binario blu, quella cui è stata assegnata una gigantesca area boschiva al Pian del Melo, 51 mila metri quadrati, vicino al Parco dell’Adelasia, che provvidenzialmente cambia destinazione d’uso per diventare discarica di migliaia di tonnellate di inerti e materiale di scavo.

La Alfa Costruzioni, che compra un bosco e ricava un profitto per ricoprirlo e farlo ricoprire da 370 mila metri cubi  di rifiuti prodotti proprio dalla cementificazione: un’ulteriore consumo di territorio, in questo caso boschivo, che si perderà per sempre.

Proprio la Alfa Costruzioni  che aveva acquistato i volumi dell’ex fabbrica Gavarry di Albisola, portando avanti una grossa operazione immobiliare con  un iter che sembrava ormai avviato, ha ricevuto lo stop della Regione Liguria.

 

Nel Comune si era concluso tutto ormai da tempo, con il benestare della Provincia che pensava non fosse necessario il parere di altri per poter concludere l’affare. E invece no.

L’operazione – che consiste in una serie di sei palazzine e due torri da una decina di piani, al posto dello stabilimento di corso Ferrari, di circa 70mila metri cubi, era già stato rallentato un anno fa  proprio perché non assoggettato  alla procedura di verifica di impatto ambientale da parte del dipartimento Ambiente della Regione, che rappresenta una condizione irrinunciabile per il rilascio della concessione edilizia.

Riqualificazione dell’area Gavarry di Albisola

Particolare sfuggito al Sindaco Orsi e al Presidente Vaccarezza, troppo intenti a difendere gli accordi fatti con  Alfa Costruzioni che avrebbe dovuto pagare l’acquisto delle aree a Vittorio Sguerso, proprietario della Gavarry, trasferita nel nuovo impianto di Valleggia, con il rilascio del permesso di costruire e aprire immediatamente  i cantieri.

Ma è accaduto quello che il Sindaco Orsi definisce, con ragione, “un precedente disastroso !”.

Il Tar della Liguria accoglie il ricorso presentato da duecento cittadini abitanti nei palazzi circostanti, contro il Piano Urbanistico Operativo, bloccando una delle più grandi operazioni edilizie del savonese.

Un precedente pericoloso, ad Albisola, dove i cittadini, spesso, si sono limitati a proteste e polemiche, senza, di fatto, andare a fondo nelle loro perplessità sulle operazioni urbanistiche.

Un precedente pericoloso, che potrebbe fare scuola.

I cittadini si riprendono la parola sul territorio, ne rivendicano i diritto di tutela e non si limitano a sterili discussioni. Certi che queste possano lasciare il tempo che trovano, utilizzano a loro spese gli strumenti legislativi in loro possesso.

Gli abitanti dei condomini di Borgo al Pozzo, di via Giovanni XXIII, piazza Santa Caterina e corso Ferrari, sollevano  perplessità per l’equilibrio idrogeologico della zona in relazione allo scavo di due piani di box interrati compresi nel progetto e date le dimensioni dei palazzi, il timore è che lascino in ombra le abitazioni circostanti. La Regione, a tale proposito aveva già chiesto ai costruttori una verifica sull’influenza del cantiere sulle falde acquifere, paventando la possibilità che la modifica degli equilibri idrogeologici possa favorire l’ingresso dell’acqua di mare che filtra dalla spiaggia.

Un precedente pericoloso: il Tar boccia il PUO  e questo vorrebbe poter dire rivedere  il progetto e bloccare sul nascere il cantiere, lasciando un altro stabilimento dismesso proprio nel centro di Albisola che come molti altri attendono di “riqualificarsi” in altre operazioni immobiliari e altra cementificazione.

Altre costruzioni che il territorio non solo non può sostenere ma di cui tra l’altro non necessita.

Le condizioni di degrado in cui giacciono anche le aree industriali abbandonate e dismesse di Via Casarino fanno parte dello stesso disegno e quest’aspetto è forse quello che preoccupa maggiormente il Sindaco e il Presidente della Provincia, che temono di vedere vanificare anche gli altri futuri progetti.

Per questo il Comune, insieme alla Provincia e all’attuale proprietà, la Alfa Costruzioni, ha deciso di impugnare la sentenza  davanti al Consiglio di Stato, opponendosi ai cittadini albissolesi.

Per chi continua a fare scelte di consumo del territorio a favore del cemento, è quasi un obbligo. Il rischio di “contagio” è troppo grosso, non solo ad Albisola ma anche nei Comuni vicini come Savona, Celle, Varazze, dove i cittadini potrebbero prendere coscienza e voler dire la loro.

« E’ un precedente disastroso per l’effetto che potrebbe avere a cascata anche su altre operazioni». Sostiene a tale proposito il Sindaco di Albisola, pensando anche alla FAC, altra fabbrica, portata al fallimento, per trasformarne i volumi in residenziale.

Schema” viene definito dal Sindaco, l’operazione che vede il cambio di destinazione d’uso di una zona industriale dismessa, in immobiliare con la promessa di garantire occupazione, uno schema studiato dai politici e dai costruttori  per recuperare le aziende fallite.

Il TAR ha bocciato il grande lavoro degli ultimi due anni che prevede la riqualificazione dell’intera area, con un’indubbia ricaduta occupazionale.” Dichiara il Presidente della Provincia e decide di impugnare la sentenza, solo per non compromettere sviluppo e occupazione in un momento così tragico. Con la cementificazione dichiara che la nostra provincia possa diventare terra di opportunità!

 

Ricorreremo!” dichiara il Sindaco che ritiene la sentenza incomprensibile e che paradossalmente userà denari dei cittadini per opporsi agli stessi cittadini che, a spese loro, difendono il territorio e la loro qualità della vita.

E’ comprensibile il suo sgomento, quando continua in modo anacronistico, a parlare ancora di” accordi, tra enti e parti sociali, che non possono saltare, quando un’azienda fa investimenti sullo sfruttamento immobiliare del suo terreno, accordi mai contestati da nessuno”, che oggi sono i cittadini a contestare, quelli da sempre estromessi dai tavoli di quegli accordi.

 

Antonia Briuglia

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