FUTURO TECNOLOGICO (Parte quarta)

Ed eccomi tornato dopo lungo tempo, alla quarta parte di questa riflessione su tecnologia e futuro.
Come sapete, molti miei articoli sono intercorrelati, quindi vi consiglio di cercarli, non solo quelli precedenti a questo argomento, ma se leggete anche gli altri troverete le connessioni e le citazioni, su futuro e tecnologia.
In questi ultimi cinquant’anni abbiamo assistito all’avvento della cibernetica, della bionica, della robotica, delle reti neurali.
Nel futuro Robotica e cybertecnica per prima, saranno precipue per migliorare punti critici come mancanza di arti o organi vitali, questo migliorerà anche nell’aspetto sociale per chi naturalmente se lo potrà permettere.
Ci sono molte applicazioni nel futuro della robotica, un termine che deriva dal ceco “robota”, termine che, a sua volta, rimanda al significato di “lavoro pesante“, di “lavoro forzato“.
Espressioni, queste, che, di primo acchito, la mente associa all’immagine di qualcosa di fisso, di rigido, di sempre uguale.
Sono innumerevoli le nazioni ed università che puntano su questo, e sono sicuro che nel futuro saremo affiancati da cyber robot, come teorizzato da Isac Asimov nei suoi racconti.
E delle Tre Leggi della Robotica, enunciate nel 1942 dallo scrittore e biochimico sovietico Isaac Asimov all’interno di un racconto apparso su una rivista scientifica, a distanza di settantanove anni, resta inciso l’indirizzo della robotica quale scienza “positiva” per l’essere umano, che non gli reca danno ma che, al contrario, è in grado di essergli di aiuto:

Jsaac Asimov

“Un robot non può recar danno a un essere umano, né può permettere che, a causa del proprio mancato intervento, un essere umano riceva danno“
“Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non contravvengano alla prima legge“
“Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché questa autodifesa non contrasti con la prima e con la seconda legge“
Esiste anche una quarta legge, presentata sempre da Asimov all’interno del libro “Io Robot”: “Un robot non può recar danno all’umanità e non può permettere che, a causa di un suo mancato intervento, l’umanità riceva danno“.
Sulla scia dello scrittore, vediamo qual è il futuro della robotica, come “si muove” ed evolve e in che modo è sempre più di aiuto all’uomo, nell’ambito di pratiche e di utilizzi che ne segneranno il futuro.
Nel futuro della robotica c’è anche l’ingegneria, segmento della meccatronica che si occupa della progettazione, costruzione e implementazione di robot, macchine, congegni e loro sistemi di controllo, attingendo alle discipline classiche dell’ingegneria meccanica, dell’ingegneria elettronica e dell’ingegneria informatica.

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Ingloba, oltre alla creazione di robot dai molteplici utilizzi (industriali, medico-chirurgici, educativi, assistenziali, ludici), anche l’automazione di macchine industriali, la messa a punto di particolari dispositivi elettrodomestici e di componentistica per autoveicoli.
È l’interdisciplinarietà a connotare l’ambito di studi dell’ingegneria robotica, che rimanda a conoscenze scientifiche e tecnologiche sull’automazione, la robotica industriale e la robotica mobile.
La pratica chirurgica che si serve di mezzi robotici manovrati a distanza e di tecnologie computerizzate, in grado di riprodurre i movimenti delle mani del chirurgo all’interno del corpo del paziente, è conosciuta come “chirurgia robotica”o Robotic Assisted Surgery.
La differenze, rispetto alle tradizionali operazioni “a cielo aperto”, alla video-chirurgia e agli interventi chirurgici eseguiti con il semplice ausilio di bracci Robotici come, ad esempio, accade nella chirurgia ortopedica è sostanziale: il chirurgo è fisicamente distante dal paziente e dal campo operatorio, seduto a una console dotata di monitor, dalla quale comanda il movimento dei bracci robotici, come se questi fossero amplificatori delle sue mani.
Non è quindi solo un’invenzione della letteratura e della cinematografia fantascientifica: la tecnologia cyborg potrebbe presto rappresentare il futuro della razza umana, in grado di fondersi con l’elettronica per monitorare la salute e unire in modo sicuro dispositivi tecnologici e tessuti umani.
Questo è quanto emerge da uno studio, presentato durante l’incontro virtuale dell’American Chemical Society Fall 2020, condotto dagli esperti dell’Università del Delaware, che hanno trovato un modo per integrare i dispositivi all’interno dell’organismo in modo più efficiente dal punto di vista energetico. “Il collegamento dell’elettronica al tessuto umano”, ha spiegato David Martin, dell’Università del Delaware, “rappresenta una sfida enorme, perché i materiali utilizzati nella tecnologia, come l’oro o il silicio, possono inficiare il flusso di dati a causa delle cicatrici che provocano”.
Il team ha sviluppato nuovi rivestimenti per dispositivi “uomo-macchina” che contrastano tali difficoltà.
“Stavamo cercando di interfacciare microelettrodi rigidi e inorganici con il cervello, ma l’organo cerebrale è composto di materiale organico e vivo, per cui abbiamo dovuto cercare alternative. In un polimero coniugato noto come poli (3,4-etilendiossitiofene), o PEDOT, abbiamo trovato un esempio chimicamente stabile”.
Lo scienziato spiega che questi polimeri sono elettricamente e ionicamente attivi, o carichi, per cui possono migliorare le prestazioni degli impianti medici.

“Il sistema, migliora la qualità del segnale e la durata della batteria. I polimeri PEDOT sono stati utilizzati spesso anche in tecnologie in grado di immagazzinare energia, come batterie. Aggiungendo un acido carbossilico abbiamo ottenuto la versatilità adatta a creare polimeri con una varietà di funzioni, basta modificare la composizione per un risultato differente e specifico”.
Gli autori suggeriscono che gli esseri umani potrebbero non essere gli unici a ricevere impianti informatici: un lavoro non correlato ha portato ad esempio alla sperimentazione di locuste in grado di fiutare gli esplosivi.
Tra le applicazioni pratiche dello studio, il polimero sviluppato dal team dell’Università di Delaware potrebbe rivelarsi utile per stimolare la crescita dei vasi sanguigni dopo una lesione, o per rilevare le prime fasi di crescita di un tumore, mentre altri polimeri con neurotrasmettitori potrebbero rappresentare una metodologia innovativa per il trattamento di disturbi del cervello o del sistema nervoso.
“Abbiamo già realizzato un polimero con dopamina, destinato a terapie per la dipendenza.

Questi materiali ibridi biologico-sintetici potrebbero un giorno essere utili per fondere l’intelligenza artificiale con il cervello umano.
La capacità di polimerizzare in modo controllato un organismo vivente sarebbe affascinante”.
I robot sono pronti a sostituire milioni di esseri umani in vari settori in grande espansione, ed oggi investire in robot può diventare un grande affare per il futuro.
L’industria della robotica in tutto il mondo continua a innovare, combinando intelligenza artificiale e visione e altre tecnologie sensoriali, secondo la rivista Analytics Insight, settore della robotica industriale, che ha come scenario i siti produttivi e le catene di montaggio, dove un sistema di automazione, oggi, è in grado di sostituirsi all’uomo, compiendo, al posto suo, azioni ripetitive, spesso in un ambiente potenzialmente pericoloso per l’essere umano, a un ritmo costante, preciso, inarrestabile.
Rientrano nella definizione di robotica industriale tutti quegli strumenti meccanici progettati per compiere tali azioni in completa autonomia.
E non solo per incrementare i livelli di produzione, ma anche per raggiungere determinati standard qualitativi nella produzione.
È la norma ISO TR/8373-2.3 a definire il robot industriale come “Un manipolatore con più gradi di libertà, governato automaticamente, riprogrammabile, multiscopo, che può essere fisso sul posto o mobile, per utilizzo in applicazioni di automazioni industriali“.
I robot libereranno i lavoratori umani per compiti più complessi, ma elimineranno anche posti di lavoro per circa 120 milioni di lavoratori a livello globale, 11,5 milioni solo negli Stati Uniti.
Nel futuro della robotica anche i prossimi traguardi della robotica industriale, che vedono interazioni sempre più forti tra uomo-macchina e machine-to-machine, in cui intelligenza artificiale e robot costituiscono il mix ideale per svolgere mansioni ancora oggi delegate alla mano dell’uomo.
Rientrano nel primo gruppo (interazioni uomo-macchina) le architetture robotiche (wearable robot), speciali strutture concepite per consentire ai lavoratori di sollevare e trasportare grosse quantità di materiali senza rischi per l’apparto scheletrico.

Fanno sempre parte di questo gruppo anche i robot collaborativi, detti cobot o co-robot (ovvero “collaborative robot”), sviluppati per collaborare e interagire fisicamente con l’uomo e l’ambiente circostante in uno spazio di lavoro definito.
Nel primo caso, sono in grado di rilevare i cambiamenti all’interno dell’area di lavoro e, in base a questi, di gestirne il funzionamento.
Grazie, poi, alla possibilità di connessione fra più macchine e all’analisi di un’ampia base dati, simulano scenari per l’ottimizzazione dei processi produttivi e fanno previsioni sulle possibili condizioni di malfunzionamento, col fine di migliorare le prestazioni.
Tra i traguardi della robotica industriale del futuro, anche i robot mobili sempre più in grado di mappare l’ambiente circostante mentre lavorano, attraverso una localizzazione di tipo laser che mette a confronto più volte e ogni secondo la mappa con l’ambiente stesso.
Si tratta di un settore in forte crescita, soprattutto in relazione ad ambiti come quello automobilistico, dell’automazione dei magazzini (con l’evasione degli ordini di e-commerce, ad esempio) e del food&beverage, col trasferimento di cibi dal forno al magazzino oppure con la movimentazione di scatole di cartone per il confezionamento.

Per quanto concerne, invece, le interazioni machine-to-machine, la robotica industriale punta all’integrazione tra cobot e robot mobili, resa più accessibile grazie al peso ridotto dei robot più recenti e alla possibilità di costruire piattaforme mobili su robot mobili.
I robot collaborativi installati su robot mobili possono diventare, ad esempio, elementi di soluzioni logistiche innovative, oppure garantire sottoassiemi per stazioni di assemblaggio da collocare in magazzino o nelle stazioni di controllo della qualità.
I droni commerciali, un altro tipo di robot, potrebbero essere utilizzati per il trasporto medico, la consegna di pacchi, ma un cielo pieno di droni presenta possibili problemi di sicurezza informatica e privacy, ma ne parlerò più precisamente in un nuovo articolo.

I robot umanoidi vedranno l’uso nell’intrattenimento (pensa a “Westworld”) e nella comunicazione, ma non saliranno al livello dell’attività umana poiché nulla (ancora) replica i muscoli umani.
La migliore visione per un mondo che combina robot e umani è la molteplicità, dove i due lavorano in tandem.
Andando avanti, ha detto Hannaford, i robot “liberano il cervello delle persone” per eseguire altri compiti più complessi.
Ma proprio come la rivoluzione industriale ha soppiantato innumerevoli esseri umani che hanno svolto il lavoro manuale, la rivoluzione robotica non avverrà e non sta accadendo “senza dolore, paura e interruzione”.
“Ci saranno molte persone che cadranno nel dimenticatoio”, ha detto degli innumerevoli lavori che saranno automatizzati o scompariranno del tutto.
Secondo un recente studio dell’IBM Institute for Business Values, più di 120 milioni di lavoratori in tutto il mondo (11,5 milioni negli Stati Uniti nel 2020) avranno bisogno di una riqualificazione solo nei prossimi anni a causa degli spostamenti causati dall’intelligenza artificiale e dai robot .
Non tutti riceveranno quella riqualificazione, ovviamente, ma quelli che lo faranno saranno più propensi a ottenere nuovi tipi di lavoro inaugurati dalla rivoluzione dei robot.

Vince Martinelli

Vince Martinelli, responsabile del prodotto e del marketing di RightHand Robotics fuori Boston, è fiducioso che lavori semplici ma prevalenti come il prelievo degli ordini in magazzino saranno in gran parte svolti dai robot tra 10 e 20 anni.
In questo momento, però, la tecnologia semplicemente non c’è, anche se le nuove iterazioni di robot sono più facili da configurare e programmare rispetto ai loro predecessori.
Lo sviluppo di tecnologie che facilitino nuovi compiti, per i quali gli esseri umani sono più adatti, potrebbe potenzialmente portare a un futuro molto migliore per i lavoratori, molte categorie lavorative nel futuro saranno alleviate dalla fatica e dalla ripetitività dei propri compiti, grazie alla Robotica, interrompendo anche quel senso di alienazione che ha delineato il progresso industriale, dove l’essere umano si ritrovava a lavorare in maniera ciclica e costante, generando disagi ed avvilimento fisico e psicologico.
Mentre l’introduzione diffusa dei computer negli uffici ha certamente spostato milioni di segretari e dattilografi, i nuovi compiti nelle industrie associate hanno significato nuove occupazioni, inclusi tecnici informatici, sviluppatori di software e consulenti.
I robot di oggi sono piuttosto ottusi, relegati ad azioni preconfigurate, sia a livello industriale che per scopi medici o sociali.
I robot di domani saranno meno ottusi grazie ai progressi nell’intelligenza artificiale, in particolare machine e deep learning.
Gli esseri umani saranno sostituiti da robot in alcuni lavori e da essi integrati in molti altri.

Saranno creati nuovi posti di lavoro, fornendo opportunità di lavoro ai lavoratori riqualificati e ad altri che hanno le competenze richieste.
Per Hannaford, investire nell’istruzione è il modo migliore per temperare e sfruttare l’impatto che i robot avranno e stanno avendo sempre più.
Specializzarsi è il segreto per mantenere l’essere umano attivo.
Per essere al passo dei tempi, per evolversi ed emanciparsi.
Per essere utili alla società.
Tuttavia, la società fa troppo poco per adesso per incominciare la specializzazione, soprattutto in Italia e quindi è tristemente impreparata non solo per ciò che sta arrivando, ma anche per ciò che ci sta accadendo attorno in questo momento.
Tra le nazioni industrializzate, ha affermato, gli Stati Uniti sono particolarmente vulnerabili.
Questo è il mio pensiero…
Volevo ringraziare particolarmente mia nipote, Noemi Costabile per aver ispirato questo articolo, grazie alla sua tesi di laurea.
Ci rivediamo ai prossimi articoli e ad un eventuale parte quinta.

Paolo Bongiovanni
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