FURBETTI & FURBACCHIONI

Due definizioni, non saprei quanto azzeccate, per italiani e tedeschi. Se per gli italiani l’epiteto è ormai collaudato, per i teutonici è una sorpresa, almeno in apparenza, visto che dietro la loro immagine di eccellenza e precisione in campo tecnico, sono ben diversi quando si tratta di economia, come abbiamo purtroppo appreso durante la nostra “convivenza” nella stessa moneta unica, denominata euro, ma in realtà marco, sotto mentite spoglie.

Il Cancelliere tedesco Olaf Scholz e il nostro precedente premier Mario Draghi. La vicenda delle declinanti forniture energetiche russe li vedrà impegnati in una rincorsa verso fonti alternative nella quale ognuno cercherà di primeggiare, a qualsiasi prezzo

Torniamo in pieno 2022, quando i prezzi delle materie prime energetiche (e non solo quelle) impazzavano sulla remota piazza di Amsterdam, di cui l’italiano medio neanche sapeva l’esistenza, conoscendola solo per essere la “Venezia del Nord”.
In quei mesi era una rincorsa, anzi una gara, a chi più riusciva a trovare luoghi di approvvigionamento di gas e petrolio, per rintuzzare i rubinetti russi in graduale chiusura, in segno di solidarietà senza se e senza ma all’Ucraina, candida vittima di un’aggressione militare da parte dell’Orso Russo.
I nostri eroi del governo precedente si erano spinti fino in Congo per raccattare quanto più combustibile possibile, senza badare al prezzo.

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A proposito di prezzo, anche un bambino sa che, al crescere della domanda, o alla diminuita disponibilità, si innesca un gioco al rialzo finché offerta e domanda collimino.
A capo del governo avevamo nientepopodimenoche l’ex presidente della BCE, quindi un super esperto di economia. Il quale tuttavia si lasciò contaminare dalla caccia frenetica, anche per rispettare le direttive UE di colmare i serbatoi fino almeno all’80% della loro capienza. Draghi volle essere il primo della classe anche da premier e spronò gli acquisti così da raggiungere il 90% entro l’autunno 2022. Egli fu anche il più insistente nel chiedere, a livello europeo, un tetto al prezzo del gas. Tale obiettivo, fortemente ostacolato dai tedeschi, lo si è raggiunto solo recentemente, ad € 180/mwh, con la Meloni ormai al posto di Draghi a palazzo Chigi. Obiettivo raggiunto, con il gas nel frattempo sceso ad € 60/mwh.  
Draghi fu così solerte nel voler riempire i serbatoi nazionali che, oltre a sguinzagliare i suoi ministri in giro per il mondo alla ricerca di nuove fonti di approvvigionamento, incoraggiò gli enti privati e il GSE (Gestore Servizi Energetici, di proprietà del MEF, quindi pubblico) ad accaparrarsi quanto più materiale possibile, pur a prezzi da capogiro: sino a € 350/mwh. Il ricorso al GSE fu dovuto al fatto che i privati erano sempre più restii a pagare simili importi per poi rivenderlo mesi dopo a prezzi incogniti. E così furono acquistati con soldi pubblici ben € 4 miliardi di gas a € 350/mwh.

Alla parete un ritratto di Warren Buffett, il più grande investitore vivente, stramiliardario. Il suo fiuto per acquistare e vendere titoli in Borsa è ormai leggendario. Se avessimo avuto lui come premier durante la “corsa al gas” dell’estate scorsa, Giorgia Meloni avrebbe molti più soldi per altre esigenze nazionali

Oggi, complice un tardo autunno e primo inverno particolarmente miti, il prezzo è crollato e c’è da aspettarsi che chi in Italia aveva immagazzinato gas a prezzi folli tenterà di scaricare su (indovinate!) noi comuni cittadini, quegli improvvidi acquisti, facendosene un baffo delle quotazioni di Amsterdam: tanto, le conoscono solo gli addetti ai lavori, mica le famiglie e le piccole imprese. Del resto, non fanno così anche le compagnie petrolifere coi prezzi alla pompa, quando il prezzo del petrolio scende?

A destra il grafico della continua ascesa del petrolio negli ultimi mesi. Normale, se l’offerta cala. Non è normale invece che i governi non abbiano varato nessuna limitazione alla circolazione delle auto, come fa per l’inquinamento. Lasciando la domanda intatta, come se l’offerta fosse rimasta invariata, gli aumenti alla pompa ne erano, e tuttora sono, la normale conseguenza

A Draghi non voglio imputare torbidi interessi di alcun genere, solo un cattivo uso delle sue sopraffine conoscenze in campo economico. Credo che abbia giocato, nel fargliele dimenticare, il timore primario di lasciare il Paese al freddo, prevedendo un continuo aumento dei prezzi anche sul lungo periodo; pur sapendo bene che non bisogna mai comprare quando lo fanno tutti (né vendere lasciandosi guidare dall’emotività). Insomma, il politico ha prevalso sull’economista. La patata bollente è stata così passata alla povera Meloni, che ha dovuto giostrarsi con le riserve monetarie al lumicino proprio a causa degli ingenui acquisti del grande economista, dedicando il grosso dei fondi in arrivo col PNRR a tamponare i prezzi di benzina e gas in maniera insufficiente: tanto insufficiente che dei “ristori bollette” finora nessuno ha visto sinora traccia; solo proclami.
Adesso abbiamo i serbatoi centrali pieni di gas pagato € 350/mwh, che oggi vale quasi un decimo! Ci sarebbe da dare a Draghi un’altra laurea honoris causa (per tacere dei Soloni di Bruxelles). Tanto, in Italia siamo generosi con questo genere di lauree, se solo pensiamo che fu conferita personalmente dall’altro economista, vanto dei nostri atenei: Romano Prodi (Università di Bologna e poi London School of Economics) ad uno speculatore senza scrupoli e oggi grande armatore di vascelli ONG, sui quali qui sorvolo, avendone già scritto a più riprese: George Soros.

A George Soros non applicherei il titolo di “investitore”, ma di speculatore, con ciò intendendo chi, come anche gli hedge funds,usa strumenti borsistici, purtroppo consentiti, come lo shorting (puntare al ribasso), infierendo spesso anche su fondi e valute sovrani, come egli fece con lira, sterlina e altre divise nel 1992. Altrettanto discutibile l’uso che ha fatto e sta facendo di tali guadagni, finanziando vascelli ONG alla ricerca di naufraghi volontari, per trasformarli in immigrati clandestini, a danno soprattutto della stessa Italia che egli danneggiò 40 anni fa 

Quanto alla Germania, anche loro credevano di essere i grandi furbacchioni, ostacolando il tetto comune europeo al tetto del gas, avendone già fatta ampia incetta. Anche i germanici, però, si ritrovano con grandi depositi di gas a prezzi assai superiori a quelli attuali; e se l’inverno non dovesse presentare troppe sorprese (ma l’effetto serra è pur sempre una sinistra garanzia di inverni meno rigidi della norma antecedente), quei serbatoi rimarranno semipieni di merce deprezzata. Verrebbe da dire: chi la fa l’aspetti!

Romano Prodi, altro economista prestato alla politica, con relativi danni durante la presidenza IRI. Al pari di Draghi che, quando era Direttore del Tesoro, non curò affatto bene gli interessi dell’Italia. E neppure lo fecero i dirigenti del MEF quando firmarono contratti derivati di cui stiamo ancora pagando le nefaste conseguenze.

Questa vicenda, tuttavia, brucia assai più all’Italia, gravata da un enorme debito pubblico e senza strade alternative per superare l’handicap, a differenza della Germania, che si è dotata di istituzioni pubbliche o para-pubbliche, in grado di approvvigionarsi di soldi sui mercati finanziari e prestarli alle imprese nazionali senza gravare sul debito pubblico: KfW (banca di sviluppo statale), Sparkassen (Casse di Risparmio) e Landesbanken (Banche Regionali) [VEDI e VEDI]. Potrebbe fare lo stesso la nostra CDP, ma ha uno statuto assai più limitato, anche grazie al torpore generalizzato dei nostri governanti, che sono sin qui sembrati più preoccupati di piacere ai banchieri privati e di assicurarsi una poltrona nella prossima legislatura, che ingegnarsi per il bene dell’Italia, nonostante i ripetuti proclami in tal senso. Al Ministero del Tesoro abbiamo sempre messo economisti, che con un occhio si occupavano dell’Italia, e con l’altro della poltrona dirigenziale in qualche banca, meglio se internazionale, a mandato concluso, forti delle conoscenze acquisite durante il periodo al servizio dell’Italia, diventata controparte.
Di come si potrebbe uscire dalle secche in cui ci costringe la moneta unica così com’è oggi strutturata, facendo un raffronto con l’attuale situazione americana, che proprio in questi giorni arranca per non superare il limite legale di debito pubblico, mi riservo di parlare nel prossimo numero.Marco Giacinto Pellifroni   22 gennaio 2023

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