Fra propaganda e tentativi di circonvenzione …

Fra propaganda e tentativi di circonvenzione
del popolo bue
La resurrezione della sinistra nel paese mediatico delle meraviglie

Fra propaganda e tentativi
di circonvenzione del popolo bue

La resurrezione della sinistra nel paese mediatico delle meraviglie

 La pubblicità, si sa, è l’anima del commercio. Forse la propaganda è l’anima della democrazia, quanto meno se si spoglia il termine dal suo significato connotativo e lo si riporta alla sua veste originale, quella religiosa della propaganda fides, finalizzata a contrastare le falsità messe in circolazione dai protestanti sulla Chiesa e la dottrina.


Ohibò, sbotterà qualcuno: luterani e calvinisti attaccavano a buon diritto la corruzione del clero e sui sacramenti, testi sacri alla mano, avevano ragione loro. Chapeau. In realtà ragione torto erano equamente distribuiti. Fatto si è che pretendere che un’informazione neutra venga fornita da chi è parte in casa ed è convinto della bontà delle proprie tesi è assurdo ma a patto che si tenga distinta la volontà di affermare la propria verità dall’intenzione di circonvenire, vale a dire di agire sull’altro per orientarne il comportamento a proprio vantaggio. Dirò di più: una persona che ha delle convinzioni può essere naturalmente portato ad esternarle e a difenderle con tutta la forza della sua intelligenza come hanno fatto i grandi filosofi del passato ma il suo interesse prima che al consenso è rivolto alle sue idee, alla sua verità, che non dipende dall’approvazione o dall’accoglienza dell’altro; il suo intento non è quello di convincere ma di testimoniare.

Così dovrebbe essere l’uomo politico: uno che ha delle idee intorno al bene dei suoi concittadini, è convinto di avere la soluzione per i problemi che li affliggono e vorrebbe che non lui ma quelle idee e quelle soluzioni venissero messe alla prova dei fatti. Pertanto farà di tutto per imporle e il suo obbiettivo pratico sarà quello di convincere il maggior numero di persone della loro bontà. Ma in tutto questo non c’è inganno, c’è il senso della democrazia, che è confronto, non necessariamente pacato, su idee, soluzioni, programmi.


La pubblicità ha come scopo quello di far acquistare un prodotto. Le tecniche di cui si avvale non riguardano le idee e sono estranee ai concetti di vero-falso. Si ricorre a suggestioni, a spinte subliminali, ad associazioni e accostamenti che niente hanno a che fare con la natura del prodotto, si può alludere a sostanze inesistenti, come accadeva con i “biscotti al plasmon”, si ingaggiano testimonial. Tutto lecito, almeno fino al punto che si attenti alla salute delle persone; un’azienda per sopravvivere deve produrre e deve vendere i propri prodotti. Ma  quando la propaganda politica scade al livello della pubblicità e ne usa i procedimenti la democrazia è malata, si riduce ad una guerra per il potere, ricorre alla violenza sulle coscienze perché i tempi non consentono, almeno per ora, il ricorso ai carri armati. Ed è quello che stanno spudoratamente facendo giornali e televisioni nel disperato tentativo di impedire che il vento del cambiamento continui a soffiare spazzando via quel che resta della sinistra o, meglio, della dicotomia centrodestra-centosinistra, le due facce del regime che ha affossato il Paese.

L’obbiettivo non sono le idee, i programmi, le soluzioni ai problemi. L’obbiettivo è la difesa di interessi e di posizioni di potere consolidati  e  di proseguire nel disegno criminale elaborato ad un livello sovranazionale, quello in cui si muovono la finanza globale, l’industria culturale, il mondo dello spettacolo. L’aspetto essenziale di quel disegno è la distruzione delle culture nazionali, della identità dei popoli, dell’autonomia degli Stati, del libero mercato e della sovranità monetaria.  È ovvio che per imporsi quel disegno deve occultarsi, non può esprimersi per quello che è ma si deve servire di strumenti mistificatori programmaticamente tesi a ingannare e camuffare.

Chi lo dirige ha le sue frequentazioni all’interno delle organizzazioni internazionali, delle grandi banche d’affari, degli apparati degli Stati ed è fisicamente rappresentato da personaggi che operano dietro le quinte dell’informazione e della politica.  Reticenze, contraddizioni, falsità clamorose e comportamenti inspiegabili di opinionisti, politici, giudici a quel livello si compongono in un quadro coerente.


Insomma, da Watson in poi, la persuasione occulta e il condizionamento di massa hanno soppiantato l’informazione diretta e la libera scelta. La psicologia dopo aver fatto irruzione nel commercio  ed essersi messa al servizio dei regimi totalitari dove ha dato il meglio (o il peggio) di sé, ora ha trasferito il suo armamentario dalla pubblicità alla propaganda politica, quella, s’intende,  che si avvale dei grandi giornali e delle televisioni: la sinistra e il suo corollario berlusconiano.

Non c’è da stupirsi se dalle parti della sinistra, dove regna un sovrano disprezzo per il popolo minuto, e le idee, se mai ce ne sono state, sono una variabile indipendente come la verità, ci si affidi a squadre di psicologi sociali, di esperti della comunicazione e della manipolazione dei fatti per riprendersi quel consenso che le azioni politiche hanno polverizzato.


La sinistra, braccio politico nazionale di quel potere sovranazionale che si presenta come globalizzazione, ha perso  sul terreno della dialettica politica ogni credibilità. Per tentare di rianimare quel braccio inerte e afflosciato si deve imporre come vera una notizia priva del minimo fondamento fattuale: il Pd recupera la sua base elettorale, si volta pagina, il Pd riparte. Riparte dall’Abruzzo, dove in realtà ha subito una batosta memorabile. Riparte con Zedda, che di fronte ai risultati veri che smentivano exit poll taroccati pareva un pugile suonato; ma i fatti sono irrilevanti.

Cronisti e opinionisti hanno continuato per giorni a raccontare la favola di una ripresa della sinistra, che in realtà era riuscita a far peggio delle politiche e molto peggio dei sondaggi che pure ne segnalavano il tracollo. Ma se si continua a parlare di ripresa, se si accredita l’idea che anche Forza Italia sta recuperando (non è vero), che il centrodestra è più forte che mai e può riprendere il balletto col centrosinistra, dai dai la gente finisce per crederci, anche perché non è che tiene continuamente sott’occhio i risultati elettorali. Ma gli psicologi del partito hanno un’altra carta da giocare: l’effetto gregge; se si fa passare il messaggio che un sacco di gente è tornata a credere nel partito qualcuno di  quelli che gli avevano voltato le spalle, che avevano aperto gli occhi, che si erano rivolto verso la Lega o verso i Cinquestelle  si sentirà isolato, avrà dei ripensamenti, tornerà a casa  a scaldarsi nel calore del branco.

Ed ecco all’opera un migliaio di micro e macro organizzazioni, dai sindacati alle bocciofile per spedire a Milano qualche decina di migliaia di pensionati, di militanti, di africani più o meno clandestini, di bambini frastornati, per farli diventare grazie ai media 250,000, anzi, molti di più, un numero incommensurabile, per dire no a questo governo, alle “politiche sull’immigrazione”, e, ovviamente, al fascismo, al razzismo, al nazismo e a Belzebù. E allora, di nuovo, è da quella piazza che riparte la sinistra e per giorni e giorni sui telegiornali e negli editoriali non si parla d’altro. 


 Nella realtà delle cose quella di Milano è stata solo un’inutile, assurda, insensata manifestazione a favore dell’immigrazione durante la quale si è agitato il fantasma di un razzismo inesistente; una manifestazione assolutamente estranea alla “pancia” e alla “testa” del Paese.  Tant’è che lo stesso staff di psicologi ha consigliato di smorzare, di lasciar perdere, perché di questi tempi una piazza per i diritti dei clandestini rischia di approfondire il fossato fra chi l’ha organizzata e il Paese reale. Bisogna puntare sul rinnovamento del Pd. Intendiamoci: non c’e nessun rinnovamento nel Pd ma se si comincia ad annunciarlo e i media ci danno una mano finisce che qualcuno ci crede.  Intanto, di nuovo, si riparte, questa volta dalle primarie; una partecipazione incredibile, meravigliosa. Peccato che qualcuno abbia votato undici volte e che anche così si rimanga lontani dai numeri delle primarie precedenti. Non importa: il Pd è risorto e queste primarie ne sono la dimostrazione. Ed è un Pd rinnovato, gente nuova, idee nuove, uno slancio rinnovato.


Sarebbe bello se ci fosse un vero leder, se nel partito si respirasse aria più fresca, se si fosse capaci di accreditarsi come il partito dei lavoratori, degli italiani che nelle fabbriche, negli uffici, nelle scuole, nei laboratori di ricerca, negli ospedali  si adoperano per mantenere in vita un Paese stretto  nella morsa di un regime che con le regole della democrazia non si riesce a sconfiggere.  Sarebbe bello ma non è così.  Non è così ma non importa. Ed ecco che Zingaretti è il nuovo, Zingaretti, proprio lui, il dalemiano (ma anche veltroniano o forse prodiano), Zingaretti uscito dalle segrete ammuffite di un partito decrepito è il nuovo, il futuro, la sinistra ringiovanita e rinvigorita, la sinistra che ha una linea e un programma, non è solo il braccio secolare della finanza globale.  E la prima uscita del nuovo leader carismatico (forse, come di fa con certi attori, andrebbe doppiato) è stata una perentoria difesa della linea ad alta velocità, il mitico Tav tanto per contrastare la Lega sul suo terreno. Ma chi ha buona memoria ricorda che gli sponsor dei no-Tav, assai prima che scendesse in campo Grillo, quelli che sguinzagliavano i centro sociali, erano proprio i compagni, che, tanto per non smentirsi, tenevano i piedi in due staffe.

 Pier Franco Lisorini  docente di filosofia in pensione

 

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.