FINCHE’ LA CASTA VIVE, L’ITALIA MARCISCE

 
FINCHE’ LA CASTA VIVE,
L’ITALIA MARCISCE

FINCHE’ LA CASTA VIVE, L’ITALIA MARCISCE

Il Mose di Venezia, la ricostruzione dell’Aquila, l’Expo di Milano, il villaggio della Maddalena, il sistema Sesto (San Giovanni), gli scandali della protezione civile, le mangerie sulla sanità e sui rifiuti nel meridione e nel Lazio, le ruberie sulla TAV e le porcate nei consigli regionali di mezza Italia (tutti quelli su cui si indaga), gli sprechi osceni nei palazzi delle istituzioni siciliane, tutto questo mostra che gli apparati dei partiti politici e della burocrazia sono strutturalmente dediti a queste cose, che la politica e l’amministrazione vivono di questo, che la spesa pubblica viene progettata allo scopo di arrivare a questo tipo di profitti in associazione all’imprenditoria privata.


La partitocrazia equivale alla mafia: controllo di territorio, lavoro, istituzioni, spesa pubblica. L’apparato di un grande partito, nelle sue zone di dominio, prende il controllo dei poteri pubblici (enti locali, uffici territoriali dell’amministrazione centrale, organi di controllo), degli appalti, dei concorsi, delle assunzioni, delle licenze, dei media, della scuola… non lascia spazio alla concorrenza economica, politica, culturale. Per questo può mangiare tanto e, perlopiù, impunemente, senza contrasto. Si comporta esattamente come la mafia. O come certe erbe coprenti per giardino, ad esempio la dicondra repens, che ho seminato nel mio: strisciando, forma un tessuto di radici molto compatto, che soffoca e scaccia le altre erbe, e ti dà un bel prato uniforme. Non occorre tosarlo, però devi innaffiarlo frequentemente.

Inevitabile quindi che le medesime opere pubbliche costino in Italia il doppio o il triplo di altrove in termini sia di denaro che di tempo. E che le opere e i servizi pubblici siano molto più scadenti e inefficaci e mal concepiti. E che non ci sia concorrenza estera negli appalti. E che non ci sia alcun miglioramento in tutto ciò, nemmeno dopo la gonfiata epopea di Mani Pulite.


È parimenti assurdo, irrazionale, infantile credere che questo o quell’uomo politico possa risanare e voglia salvare il Paese: qualsiasi premier, qualsiasi statista politico poggia per il potere e per la fiducia in Parlamento su quegli apparati di partito e di burocrazia, che non lo appoggerebbero se egli impedisse i loro traffici. E un’organizzazione politica che non si adeguasse alla affarismo generalizzato, non riuscirebbe ad affermarsi nell’agone politico.

Irrazionale è anche pensare che la magistratura di un cosiffatto paese possa risanare il sistema:

Primo, il potere giudiziario per sua natura agisce sui casi e sulle colpe singoli, non sul sistema.

Secondo: come andavano le cose si sapeva anche prima di Tangentopoli; si sapeva anche prima degli ultimi scandali, e complessivamente la giustizia non si muoveva; si è mossa solo nel ’92 a seguito del Britannia Party, quando si trattò di arrivare ad altri scopi, soprattutto coprire operazioni di svendita del Paese.


Terzo: se un sistema-paese ha determinate caratteristiche nel complesso, il suo apparato giudiziario non può essere molto diverso. Infatti, nell’affare Mose emergono coperture di magistrati corrotti, e Massimo Cacciari, all’indomani degli arresti di Venezia, ha narrato pubblicamente di aver a suo tempo presentato un dossier su questo scandalo del Mose in una pubblica seduta della Corte dei Conti, senza raccogliere interesse. E un giudice di questa Corte ha denunciato di aver redatto un rapporto sulle mangerie del Mose già nel 2009, ma di essere stato semi-silenziato da un superiore e dalla stessa struttura istituzionale.

Chi presenta lo Stato-apparato come custode o garante o, peggio, fonte della legalità, è un ciarlatano. Lo Stato-apparato è il contrario, è la buro-partitocrazia.

D’altronde, si vede continuamente che anche i condannati per reati amministrativi dopo un poco e escono e ricominciano. Gli uomini della casta si riciclano sempre tra di loro, e smettono solo se muoiono, questa è la verità constatabile nei fatti. I compagni G non li fermi con l’interdizione dalle attività pubbliche, ma solo rinchiudendoli a vita o uccidendoli, perché agiscono sott’acqua e non hanno bisogno di assumere cariche pubbliche. Finché vivranno questi uomini, circa 400.000 secondo il libro La Casta, circa 1.000.000 secondo altri, l’Italia continuerà a declinare e non inizierà alcun risanamento. Siccome è impossibile e improponibile eliminarli fisicamente, come fecero i francesi nella loro rivoluzione per liberarsi della loro casta parassitaria, non resta che emigrare, oppure rassegnarsi e adattarsi. I moralizzatori senza spada sono controproducenti, fan perdere tempo, finiscono per rafforzare l’esistente – mi sentite, Grillini?


Torniamo al Mose di Venezia. Adesso è stato scoperto il sistema delle tangenti nell’esecuzione dei lavori. Ma questo, l’esecuzione, è solo il livello più superficiale.

I livelli sottostanti sono molto più interessanti.

Perché non andare a indagare anche la controversa scelta del tipo di soluzione da dare al problema dell’acqua alta? Si sa che la soluzione scelta col Mose fu e resta molto controversa sia in quanto alla idoneità, sia in quanto ai suoi scopi.

Mio padre Gabriele, ingegnere idraulico, uno dei massimi esperti in materia, al tempo delle fatidiche decisioni mi descriveva queste perplessità. Purtroppo sono passati decenni e non ricordo dettagliatamente le sue spiegazioni tecniche. Si sapeva che la stessa analisi del problema era viziata da una impostazione arbitraria, strumentale, che nasconde le vere cause dell’acqua alta, cioè l’ampliamento delle bocche di porto e il restringimento del bacino lagunare. Le analisi e la soluzione, cioè il Mose, si sapeva che erano sbagliate, ma venivano portate avanti legittimate per affarismo. A scopo di spartizione. Così mi spiegava. L’apparato dello Stato lo sapeva, ma andava bene che si continuasse a questo modo. L’opera pubblica era un modo per arricchirsi privatamente, non per servire la cosa pubblica. Il consenso politico, il potere politico, si basavano su questo e si basano ancora su questo… Altra gente quindi dovrebbe finire agli arresti, altri livelli, anche tecnici e sedicenti scienziati.

Cose analoghe erano avvenute col Vajont, dove si sapeva che il Monte Toc sarebbe franato nell’invaso e avrebbe causato quel che poi avvenne, ma si decise di continuare per affarismo. E con Stava. E ora avvengono con la Tav, opera superata, inutile e nociva anche ai fini commerciali che dovrebbe servire, ma insuperata per gli affari – dunque anche per la partitocrazia.


Ma perché fermarsi al Mose? Perché non indagare tutte le scellerate scelte in materia di tutela del territorio? Le scelte di cementificazione ed edificazione basate sul falso assunto che le precipitazioni sarebbero scemate negli anni e che quindi non vi sarebbero più state inondazioni e allagamenti? Quelle scelte, i cui autori hanno nomi e cognomi e mio padre li conosceva, hanno causato e causeranno, oltre a decine di morti, miliardi di danni collettivi e profitti privati. Non rivederle, non correggerle, quando è apparso palese che le precipitazioni calavano sì, su base annua, ma si concentravano nel tempo, quindi divenivano più pericolose, è stato ed è un crimine. Dr. Nordio, di grazia, indaghi anche questo. Glielo chiede il sangue delle vittime e quello dei contribuenti.

E perché limitarsi al settore idrogeologico, perché non indagare penalmente la scelta di non avvalersi dell’articolo 123 del Trattato sull’Unione Europea che consente agli Stati di finanziarsi attraverso una banca pubblica direttamente alla banca centrale europea, così che l’Italia pagherebbe interessi dello 0,25 o 0,15 % anziché del 5% sul debito pubblico, risparmiando 80 miliardi l’anno? Non è anche questa una scelta meritevole di indagine penale? E altre scelte, parimenti distruttive per il paese, non sono altrettanto meritevoli di attenzione investigativa? Mi riferisco alla scelta di prelevare 57 miliardi con le tasse dagli italiani già colpiti dalla recessione solo per darle ai banchieri predoni francesi e tedeschi onde assicurare i loro profitti nei prestiti fraudolentemente da loro concessi a Grecia Spagna e Portogallo? Perché non indagare i cancellieri europei che hanno premuto in tal senso, forse ricattando e limitando nella loro libertà le nostre istituzioni, appoggiati dai banchieri e dalle società di rating?

Perché non aprire un fascicolo sull’imposizione all’Italia dell’Euro, che si sapeva, tecnicamente, che avrebbe causato ciò che ha poi causato, perché si era già visto con lo SME, perché molti economisti di vaglia l’avevano predetto e perché gli effetti del blocco dei cambi erano descritti nei libri di testo?


Dott. Carlo Nordio

Perché non indagare ed eventualmente perseguire come reato scelte quali quella di dare l’indipendenza dallo Stato alla Banca d’Italia, scelta che ha raddoppiato in pochi mesi il rapporto tra debito pubblico e Pil? La politica italiana degli ultimi decenni è piena di simili scelte distruttive per il paese e lucrative per determinati soggetti finanziari, lucrative in termini sia di denaro che di potere. Perché non indagare se costituiscano crimini contro gli interessi nazionali? Alto tradimento? Attentato alla sovranità e indipendenza nazionali mediante violenza economico-finanziaria sulla popolazione e l’economia del Paese?

Perché non indagare, rovistando innanzitutto nei circuiti di compensazione bancaria semi- segreti (Clearstream, Euroclear e Swift) se i nostri politici, ministri, altri statisti, oltre a prendere soldi dalle grandi imprese per i grandi appalti, hanno preso soldi o altre utilità da finanzieri o statisti stranieri per fare quelle operazioni disastrose e che si poteva prevedere che avrebbero causato disastri per l’Italia e vantaggi per quei determinati soggetti?

Forse agli italiani non interessa nulla di ciò che riguarda la sfera della legalità e della moralità, e accettano che i loro governanti siano sleali e traditori.

Oggi riscuote successo e riscuote consenso un personaggio che ha pugnalato alle spalle il suo compagno di partito allora premier dicendoli di stare tranquillo, che non gli avrebbe tolto Palazzo Chigi. Un personaggio che ha violato la promessa fatta pochi giorni prima alla nazione dicendo che non avrebbe accettato il premierato se non passando per le urne. In altri paesi un uomo così non sarebbe stato proponibile in politica. Davvero buone credenziali, per un moralizzatore! Con che coraggio si è presentato, dopo di questo, agli elettori, e con che faccia si presenta ora a presiedere l’Unione Europea? Ma forse proprio quelle caratteristiche del novello statista sono ciò in cui moltissimi italiani si identificano, si riconoscono, ciò in cui vedono grandi capacità, il contrassegno dell’uomo del destino italiano.

I poteri che lo hanno scelto, che lo hanno elevato da una condizione di sindaco di una città di medie dimensioni a candidato premier, che gli hanno dato tutto il possibile appoggio tv pubblico, hanno quindi scelto in modo molto oculato, ben conoscendo la psicologia nazionale, sapendo che gli italiani non avrebbero rifiutato un così fatto profilo ma anzi ne sarebbero stati entusiasti. Al punto di non andare a vedere se la mancia degli € 80 sarebbe loro costata molto di più in termini di maggiori tasse e tagli di servizi. Di non badare al fatto che il novello premier non ha una strategia macroeconomica per rimediare alla situazione complessiva. Che la disoccupazione, la domanda interna, gli investimenti, il debito pubblico continuano a peggiorare senza indicazioni di miglioramento. Che tutto ciò che il governo fa è autofinanziarsi prendendo i soldi del risparmio degli italiani per ridistribuirli senza creare nuove fonti di reddito al paese. Che l’apparato del partito pigliatutto ha una storia analoga a quella degli altri partiti di potere e spesa pubblica, e che non ha chiarito come i suoi uomini hanno gestito o lasciato gestire il Monte dei Paschi di Siena, saccheggiato di oltre 10 miliardi.

Tutto ciò non impedisce al novello statista di dichiarare, con la massima e più virginale serietà di espressione, che, se fosse per lui, condannerebbe per alto tradimento tutti i pubblici funzionari e amministratori che si lascino corrompere.

Davvero il personaggio giusto, per ridare la moralità alla Repubblica!

Il titolare delle indagini sul Mose, dr Carlo Nordio, Procuratore Capo della Repubblica presso il Tribunale di Venezia, pubblicò nel 1997 un importante saggio,Giustizia, che io citai nel mioLe chiavi del Potere(2003), scrivendo: “dalle famose indagini sulla corruzione politica e amministrativa in Italia è affiorato – dice il dr. Nordio – che le tangenti si distribuivano secondo una proporzione costante tra i partiti politici: 40% – 40% – 20%. La Dc e il Psi (40% e 20% rispettivamente) si sono sciolti sotto i colpi degli scandali, delle indagini, delle inchieste. Il Pci, ora Pds, beneficiario dell’altro 40%, secondo l’illustre Autore, è invece andato al governo dopo 50 anni di opposizione. L’Associazione Nazionale Magistrati, dopo l’uscita del libroGiustizia, in cui il dr. Nordio si permetteva alcune benevole e mitigatissime critiche alle lobbies dei suoi colleghi, e ai parteggiamenti filocomunisti di certuni, attaccò il dr. Nordio con toni e contenuti molto preoccupanti, che io trovai esagerati e sorprendentemente minacciosi per un Paese in cui vige libertà di espressione.”

06.06.14 Marco Della Luna

 

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