Fede

Non sono più i tempi in cui i fedeli cattolici seguivano in tutto e per tutto le catechesi e le indicazioni morali e politiche della Chiesa
A CHI DEVE CREDERE UN POVERO CRISTIANO?

Non sono più i tempi in cui i fedeli cattolici seguivano in tutto e per tutto le catechesi e le indicazioni morali e politiche della Chiesa
A CHI DEVE CREDERE UN POVERO CRISTIANO?
Non sono più i tempi in cui i fedeli cattolici, per lo più umili contadini analfabeti o buoni borghesi benestanti e praticanti, seguivano in tutto e per tutto le catechesi e le indicazioni morali e politiche del loro parroco, che a sua volta obbediva al suo vescovo, al quale non passava  neanche per un attimo e da lontano per la mente la possibilità di dubitare della bontà e dell’infallibilità dell’ insegnamento e delle indicazioni pastorali del successore di Pietro.
Già, ma questo valeva solo per quei cristiani di confessione cattolica e romana, non certo per i luterani o i calvinisti o gli anglicani. L’unità dei cristiani, o meglio, della Chiesa d’Occidente andò in crisi per i forti e, almeno all’epoca del Concilio di Trento e nei secoli successivi, insanabili contrasti teologici e politici tra il Papa, difeso dall’imperatore Carlo V,  e Lutero, sostenuto da Federico di Sassonia e da altri principi tedeschi refrattari alle imposizioni dei vescovi e dei banchieri cattolici

Oggi, per merito (o per colpa, secondo i punti di vista) della secolarizzazione di origine illuministica che ha contagiato anche alcuni teologi contemporanei, molti credenti e praticanti non sono più tanto disposti a seguire tutti i precetti della Chiesa, soprattutto in ordine alla morale sessuale e alle questioni bioetiche emerse in seguito al continuo progresso tecnico- scientifico in campo medico e biologico. Tra i teologi più aperti al “mondo” e più critici nei confronti della dogmatica e del magistero ecclesiastico tradizionale figura senza dubbio il cattolico Hans Kung, uno dei due più giovani teologi del Concilio Vaticano II (l’altro era Joseph Ratzinger). “Avevo apprezzato molto a suo tempo – scrive Kung nella sua lettera ai vescovi pubblicata sulla Repubblica del 15/04/10 – l’invito di papa Benedetto, che malgrado la mia posizione critica nei suoi riguardi mi accordò, poco dopo l’inizio del suo pontificato, un colloquio di quattro ore, che si svolse in modo amichevole.
 Ne avevo tratto la speranza che Joseph Ratzinger, già mio collega all’università di Tubingen, avrebbe trovato comunque la via verso un ulteriore rinnovamento della Chiesa e un’intesa ecumenica, nello spirito del Concilio. Purtroppo le mie speranze, così come quelle di tante e tanti credenti che vivono con impegno la fede cattolica, non si sono avverate…….”
Quali speranze? Si potrebbe dire quelle che  tradizionalisti e anticonciliaristi combattono come altrettante paventate sciagure che, se realizzate, minerebbero  l’autorità del Pontefice e, di conseguenza, la coesione di Santa Romana Chiesa e la perenne validità del suo magistero. E perché mai? Che cosa c’è da temere, per esempio,  da un riavvicinamento alle chiese evangeliche e dalla celebrazione comune dell’eucaristia? E quali motivazioni pastorali hanno persuaso Benedetto XVI a reintrodurre l’uso preconciliare della preghiera per l’illuminazione degli ebrei e a riaccogliere in seno alla Chiesa alcuni vescovi notoriamente scismatici e dichiaratamente antisemiti? E’ questa la via più indicata per continuare e approfondire il dialogo con i “fratelli ebrei”?
E quali recondite ragioni ecumeniche hanno ispirato al Papa la famosa (o famigerata) lectio magistralis di Ratisbona in cui ha dato dell’islam, scrive Kung “un’immagine caricaturale, rappresentandolo come una religione disumana e violenta e alimentando così la diffidenza tra i musulmani”? Inoltre, è forse per propiziare la riconciliazione con gli indios latinoamericani che il Papa ha creduto opportuno dichiarare che quei popoli coloniali anelavano a convertirsi alla religione dei conquistatori europei? E ha significato aiutare le popolazioni africane e la lotta contro l’Aids pronunciarsi contro la contraccezione e l’uso del preservativo? E perché insistere nel misconoscimento della teoria dell’evoluzione e nel ripudio delle nuove prospettive aperte, per esempio, dalla ricerca sulle cellule staminali, perpetuando lo storico dissidio tra Chiesa e ricerca scientifica?
E su quali solide basi scritturali si basa l’obbligo del celibato ecclesiastico e l’esclusione delle donne dal sacerdozio? Sono questi alcuni dei principali dubbi e alcune delle domande che Kung, insieme a tanti cristiani e cattolici “adulti”,  pone ai vescovi. Ma la critica  più grave che il teologo di Tubinga muove a Benedetto XVI concerne la mancata adozione, all’interno stesso del Vaticano, dello spirito del Concilio: “Quest’ultimo punto, stimatissimi vescovi, riveste un’importanza cruciale. Questo Papa non ha mai smesso di relativizzare i testi del Concilio, interpretandoli in senso regressivo e contrario allo spirito dei Padri conciliari, e giungendo addirittura ad opporsi espressamente al Concilio ecumenico, il quale rappresenta, in base al diritto canonico, l’autorità suprema della Chiesa cattolica”. Sembra quindi di capire che, per Kung, il disobbediente è il Papa, non chi gli chiede  di adottare lo spirito del Concilio Vaticano II. Ma a chi devono, o dovrebbero obbedire, tanto Kung quanto Benedetto XVI quanto tutti i poveri, umili e semplici cristiani? “Il Figlio di Dio, Gesù Cristo, che abbiamo predicato tra voi, io, Silvano e Timòteo, non fu ‘sì’ e ‘no’, ma in lui c’è stato solo il ‘sì’.
E in realtà tutte le promesse di Dio in lui sono divenute ‘sì’. Per questo sempre attraverso lui sale a Dio il nostro Amen per la sua gloria. E’ Dio stesso che ci conferma, insieme a voi, in Cristo, e ci ha conferito l’unzione, ci ha impresso il sigillo e ci ha dato la caparra dello Spirito nei nostri cuori. “(2 Cor 1, 18-22) E, fino a prova contraria, lo Spirito spira liberamente dentro e fuori i confini delle Chiese, ed è Spirito che dà la vita non la morte dell’anima (e del pensiero).

 Fulvio Sguerso

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