Falsari e banchieri
FALSARI E BANCHIERI |
FALSARI E BANCHIERI
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La differenza tra loro è venuta via via sfumando. In origine, almeno nelle regole, quando ancora computer e denaro elettronico erano di là da venire, tutto il denaro cartaceo veniva stampato dalla zecca di Stato e le banche erano semplici intermediarie del credito, ossia prestavano solo quanto avevano in deposito dai risparmiatori; quindi non avevano il potere di creare nuovo denaro, a differenza dei falsari: fuorilegge che invece contraffanno la moneta legale, aggiungendola a quella dello Stato, diluendola e rubando così potere d’acquisto ai cittadini. Col passare degli anni, l’operatività dei banchieri è venuta sempre più somigliando, nel metodo, a quella dei falsari. Infatti, i depositi dei clienti (di fatto neppure questi) hanno finito col fungere soltanto come base moltiplicativa dei prestiti ammissibili, grazie alla c. d. riserva frazionaria. Quasi tutto il denaro circolante, perciò, è diventato virtuale, creato ex nihilo, fiat money. Non più dallo Stato, ma da privati. Dalla zecca partenopea
Si è così verificata una progressiva confusione tra la figura del banchiere e quella del falsario, entrambi creatori di moneta dal nulla a proprio arbitrio e tornaconto. Il primo, tuttavia, avendo raggiunto questa invidiabile posizione in virtù di leggi appositamente emanate dai suoi fiancheggiatori politici, gode di totale “impunità, irresponsabilità e non indagabilità”*, mentre il secondo rischia costantemente la galera. I sonni del banchiere non sono turbati né da questo spettro né dal pensiero delle “sofferenze” per la mancata resa dei prestiti, che, parafrasando la Bibbia, “fumo erano e fumo ritorneranno”. Al limite, per gli apparenti salvataggi, interverranno lo Stato (bail out) o i depositanti (bail in). Lo sbilancio sociale è ancor più pesante sul lato del banchiere in quanto questi non si limita a chiedere garanzie concrete, perlopiù immobili, a fronte di un prestito per il quale egli stesso non fornisce garanzia alcuna, ma pretende inoltre un interesse. Chiede cioè qualcosa che non c’è, perché è lui il monopolista dell’emissione di nuovo denaro, e quindi chiede qualcosa che la società sarà poi costretta a tornare a chiedere a lui di creare, dilatando il monte debiti, in una spirale senza fine. È in questo modo che si è formato il mostruoso debito pubblico italiano, per interessi saldati grazie a nuovi prestiti. Del resto, l’interesse viene chiesto dalla banca centrale privata in quanto il capitale che essa “presta” agli Stati non viene mai restituito, poiché i titoli di Stato vengono sempre rinnovati alla scadenza. Che guadagno ne ricaverebbe allora il privato? Proprio per questo la banca centrale deve essere pubblica: perché potrebbe fare a meno dell’interesse, che non avrebbe più alcun senso, essendo prestatore e creditore lo stesso soggetto. Prestereste dei soldi a voi stessi chiedendovi un interesse? banconota illegale banconota legalizzata
Interessi e tasse: armi di povertà di massa “Se, in una situazione di siccità io dessi da bere acqua di mare a pagamento, gli assetati berrebbero per placare la sete nell’immediato; ma più bevono e più cresce la sete a causa del sale. L’acqua sta per il mezzo di pagamento, il sale per il tasso di interesse. Questo è il meccanismo profondo e politico dell’usura, che crea una sorta di tossicodipendenza dell’intera società dal sistema bancario”. * Eppure chi oggi piange sulla deflazione, sostiene che, essendo l’interesse la causa principale dell’inflazione, esso sarebbe, in modica misura, salutare per l’economia, al contrario della deflazione, che crea un’aspettativa di prezzi in discesa, e quindi il rinvio degli acquisti (solo la consuetudine dei regali natalizi evita che tutti rinviino gli acquisti ai saldi successivi). Questo è lo stesso discorso che si fa in tempi di nuove, aggressive tecnologie, che spingono la gente a non spendere, in attesa di nuovi mirabolanti prodotti e/o tagli dei prezzi di quelli esistenti. Come sappiamo, ad es. nel campo dell’informatica e dei cellulari, è andato esattamente al contrario, con la continua, spesso demenziale, sostituzione dei prodotti “superati” con altri “rampanti”. E analogo discorso vale per gli interessi. Con l’aggravante che la perdita pianificata di valore del denaro potrà pure spingere ad una maggior propensione agli acquisti e alla più rapida sostituzione dei prodotti, ma a spese delle risorse naturali, ossia al consumismo fine a se stesso. Marco Saba suggerisce a papa Francesco la creazione di una banca onesta vaticana a fianco o al posto dell’IOR. Una banca cioè, che non pratichi alcun interesse sui prestiti. “Si accontentino del capitale –esclama Saba- che a loro costa solo la fatica di pigiare dei tasti su un computer. E ci risparmino almeno l’interesse!”. Interesse che, a ragion veduta, era considerato usura dalla Chiesa medioevale, e lo è tuttora dalla religione islamica. Torrione di Niccolò V, sede dell’IOR
Se solo consideriamo che il bilancio dello Stato italiano è non solo in pareggio, ma in avanzo, se non ci fossero gli interessi da pagare, appare lampante che sono proprio gli interessi che affondano la nostra economia, e che le tasse servono in buona misura per pagarli a coloro ai quali lo Stato ha concesso il vergognoso privilegio di battere moneta in sua vece, e cioè banca centrale e banche commerciali, tutte private. Curiosamente, vengono da destra, e non da sinistra, le richieste di abolire questa paradossale concessione. Anche se il primo che potrebbe passare dalle parole ai fatti è un governo di sinistra schietta: quello greco, se la troyka insisterà nel suo braccio di ferro, costringendolo a passare dal FMI alla banca dei Brics, che lo accoglierebbe a braccia aperte. Non si dimentichi che il XIX secolo americano è stato teatro, con alterne vicende, anche tragiche, di un continuo braccio di ferro tra i presidenti USA e i banchieri privati proprio per questo fondamentale privilegio. Una battaglia conclusa con la vittoria dei banchieri nel 1913, quando, in un Senato semideserto per le feste natalizie, fu approvata l’istituzione della Federal Reserve (Fed), banca centrale privata, pilotata da J. P. Morgan, il cui nome ancor oggi troneggia nell’insegna di grandi banche d’affari, sanzionate proprio in questi giorni, assieme ad altre pari loro, per un totale di $ 5,6 miliardi, per l’attività truffaldina nel business dei cambi e del Libor (Obama, senza più l’assillo della rielezione, s’è finalmente tolto un grosso sassolino dalla scarpa!). Il banchiere J. P. Morgan, Ron Paul: non rubate, il governo odia la concorrenza,
il repubblicano Ron Paul che mostra una T shirt nera
e la copertina del suo libro “Rottamate la Fed”
Non si dimentichi, peraltro, che, guarda caso, la income tax (la tassa sui redditi) è nata negli USA proprio in concomitanza della nascita della Fed. Un modello cui s’è ispirata, con qualche pecca in più, la nostra BCE, tra brindisi e fanfare dei politici che fortissimamente la vollero, e furono per questo elevati per acclamazione ai massimi gradi delle istituzioni. Le considerazioni di cui sopra, pur cruciali per l’economia di intere nazioni, Italia in testa, vista la mole del suo debito pubblico, non sono mai all’ordine del giorno dei nostri governi, passati e presente (e neppure fanno parte di ciò che si insegna nelle Facoltà di Economia). Perché non si dibatte mai sul ruolo chiave degli interessi nel continuo inasprimento delle tasse e nell’allargamento della fascia di povertà? Perché la BCE presta alle banche allo 0% e poi queste prestano, pure col contagocce, alle PMI a partire dal 6%? Come si può affermare che si vuole creare nuova occupazione con un carico fiscale usurario e interessi che, qualunque ne sia il tasso, strangolano famiglie e imprese? Perché la discesa dell’Euribor è stata vanificata da un contestuale innalzamento dello spread, mentre lo Stato finge di non vedere e sa solo accanirsi sui cittadini tramite nuove esotiche tasse, riscosse da pubbliche esattorie e poi devolute a greppie private? L’attivismo di Renzi s’infrange su questi temi come onde contro gli scogli. Strategia di sopravvivenza? * Marco Della Luna, “€uroschiavi”, Arianna Ed. Marco Giacinto Pellifroni 24 maggio 2015 |