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#Essere #volontaria #in #Africa
#quando #non #si #è #medico
Si espande vorticosamente sui social il post di una giovane architetta finalese, Viola Dressino, che, per rispondere alle dichiarazioni ingiuriose di Silvana De Mari, diventate virali, a carico delle volontarie in Africa, ne racconta l’attività e la giornata tipo.

Si espande vorticosamente sui social il post di una giovane architetta finalese, Viola Dressino, che, per rispondere alle dichiarazioni ingiuriose di Silvana De Mari, diventate virali, a carico delle volontarie in Africa, ne racconta l’attività e la giornata tipo. 

 

#Essere #volontaria #in #Africa

#quando #non #si #è #medico

 

 

 

Premessa: Io sono una volontaria in Africa, non sono un medico né un ingegnere, ma un ‘inopportuno’ architetto. E non sono nemmeno una cooperante come Silvia, ma una semplice volontaria.

Da circa 4 anni vado una volta all’anno per 15 giorni in Africa. 

In un piccolissimo paese del Benin di nome Sokponta. 

Il Benin è una lingua di terra tra il Togo e la Nigeria, ex Colonia Francese, punto di partenza della tratta degli schiavi nell’epoca coloniale e capitale del voodoo, ancora oggi venerato e praticato.

Di fatto solo i bambini parlano francese, perchè vanno a scuola, tutti gli altri parlano Dacha, dialetto di alcuni villaggi del posto.

Ripeto non sono un medico, e nelle missioni, almeno le prime volte, non sono scesa nemmeno come architetto, ma come semplice volontario.

Certo se non si è mai stati volontari e non si è medici, è difficile capire cosa si vada in Africa a fare. 

Vi potrei dire solo per arrivare e vedere gli stessi bambini, o meglio IANDUNDUN (uomo nero in Dacha), che ti corrono incontro chiamandoti per nome, il tuo nome… Ma non è vero, ovviamente.

Uno dei progetti piu’ importanti che la mia associazione segue è proprio un progetto medico sanitario, perchè andiamo nei villaggi  a fare vere e proprie visite. Visite mediche intendo. 

I villaggi spesso e volentieri sono popolati da persone che non hanno mai visto un medico in vita loro. 

Non avete idea di cosa questo possa voler dire. 

Non avete idea di cosa, per questo motivo, si possa incontrare. 

Ma mentre i medici, e solo loro, fanno visite a code infinite di persone, che vedono nelle visite gratuite un’opportunità imperdibile, pur non capendo essattamente di cosa si tratti, i volontari cosa fanno?

Vi dico io, cosa faccio. E userò la prima persona singolare non per egocentrismo ma per avvalorare la testimonianza diretta.

Prima di ogni visita medica nei villagi, io divido e schedo ogni singola medicina lasciata dalla missione precedente, e vi aggiungo quelle appena arrivate con noi. 

Schedare vuol dire contare ogni singola pillola o bustina, dividerla per data di scadenza, studiarne il principio attivo e suddividerle in pacchi uguali per il numero di visite che si andranno a fare durante la missione.

Quando partono le visite mediche i volontari fanno diverse cose: giocano con i bambini per ore sotto il sole cocente (40 gradi all’ombra), gestiscono file interminabili di persone, misurano la pressione prima della visita medica per compilare la scheda con i dati del paziente e/o portano con una ambulanza in ospedale i casi piu’ gravi, che necessitano di cure serie. 

E inizialmente era quello che facevo anche io.

Poi ho trovato un mio settore fisso: LA FARMACIA. 

Una volta finita la visita medica, nel peggiore dei casi non ci sono cure per situazioni pregresse e non si può fare molto, in altri casi si porta il paziente in ospedale ed in altri casi ancora, praticamente tutti, si passa dalla farmacia per prelevare i medicinali prescritti dai medici e solo dai medici.

Distribuire i medicinali non è esattamente come pensiamo noi quando andiamo in farmacia a comprare una medicina. 

Dare i medicinali vuol dire che ogni paziente ha un dosaggio diverso ed un quantitativo diverso. A volte parliamo di numero di pillole, per intenderci. 

La maggior parte dei pazienti ha la malaria, ma non basta dare una confezione di antimalarico, ognuna ha la sua dose in base al peso e all’età. Immaginatevi, quando arriva una mamma con 5 figli, tutti con la malaria, tutti con dosaggi diversi e lei non parla francese. 

Io, per poter parlare con i pazienti, per lo piu’ anziani o genitori che non parlano francese, ho imparato le parole essenziali in Dacha per spiegare quando e come si prende un medicinale, perchè ovviamente a una persona che non ha mai preso un farmaco devi anche spiegare come si prende un antibiotico.

Sempre io, per aiutare i medici, e velocizzare le visite, spesso mi affianco al medico stesso e faccio i test della malaria ai pazienti. I pazienti per lo piu’ sono bambini.

Compito un pò ingrato e di un certo peso psicologico. 

Il test di per se non è difficile da fare… E’ simile al test sierologico del covid per intenderci, ma quando lo fai ad un bambino urlante o a una persona che non ha mai visto un ago non è cosa facile.

Il 90% delle volte è positivo!

Io ho anche dipinto e disegnato le pareti del nuovo centro giovani aperto l’anno scorso, dove incontriamo anche donne a cui isegnamo le pratiche anticoncezionali, le norme igenico sanitarie e come gestire corretamente una gravidanza ed un parto. Il centro giovani è gestito da uno psicologo del villaggio che organizza piccoli eventi per i ragazzi.

Io ho visto fare il pane nella panetteria che abbiamo fatto per le donne del villaggio. 

Ho aiutato a fare e a vendere le saponette dalla saponeria che abbiamo aperto sempre per le donne del villaggio.

Io, sono andata a visitare le scuole, perchè altro progetto importante che seguiamo è il contrasto alla descolarizzazione.

Poi io, come architetto (e non ingegnere), ho aiutato e seguito i lavori di ampliamento dell’ospedale aperto anni fa, che fortunatamente, ha bisogno di essere allargato, invece che chiuso, come spesso succede in altri paesi dell’Africa.

Io, ribadisco, non sono un medico, nemmeno una  sciacquina in vacanza, come dice la Dott. De Mari, ma una semplice volontaria. 

Ecco, quell’IO, non sono io, ma sono tutti i volontari.

Volontari che decidono di prendere e pagare le spese per andare in Africa. Decidono di sacrificare ferie e viaggi per andare a fare il volontario, e questo non lo potrà cambiare niente e nessuno. Decidono anche di sottoporsi a vaccinazioni e terapie antimalariche.

Rimanere umani e tendere sempre una mano è una cosa che si ha dentro, non si può evidentemente insegnare. Ma il volontario riceve più di quanto da, in termini di conoscenza di contesti e di persone, in termini di conoscenza del mondo nel suo tutto, di cui troppo si blatera e poco si sa.

Non so se è chiaro cosa fa un volontario, ma spero che tu ora abbia capito mio caro HOIBO (uomo bianco in Dacha).

 

Da facebook

 

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